E’ forse in quella triste piattaforma di terriccio e cemento affacciata sul golfo, la «colmata a mare», che sono racchiuse tutte le contraddizioni di Bagnoli, quartiere napoletano sede dell’ex acciaieria Italsider, da anni costretto nel limbo tra ciò che è e ciò che dovrebbe (vorrebbe) diventare grazie ad un articolato progetto di riqualificazione urbana e ambientale del valore di quasi mezzo miliardo di euro.
Dopo la divisione in lotti delle zone da risanare, nel ’96 viene scelta la spiaggia di Coroglio come prima area su cui intervenire. Ebbene, oggi questa è ancora chiusa al pubblico, sommersa dai rifiuti, e resta irreparabilmente inquinata dai veleni che la fabbrica ha depositato nei decenni passati sul litorale e sui fondali. Cosa è accaduto, ci si chiede, in questi quindici anni? Di tutto: intoppi burocratici, contenziosi giuridici, riprogrammazioni finanziarie, infinite polemiche tra gli esperti sui metodi della bonifica («che farne della sabbia inquinata?»).
Le cause dei ritardi sono molteplici. Come per altro capita per l’esecuzione di altre opere nell’area. Anche se il motivo che più spesso ricorre nella cronaca degli interventi incompiuti, è la mancanza di fondi. Un problema che rischia di diventare cronico se i costi continueranno a lievitare, come una recente segnalazione della Corte dei conti ha messo in luce: solo tra il 2003 e il 2007 risulta infatti che le spese sono state «maggiorate» dell’86%, 131 milioni di euro in più di quanto preventivato. Se sul mare antistante Bagnoli l’unica realizzazione concreta fin ora è stata il restauro e l’apertura al pubblico, nel 2006, del pontile Nord dell’ex acciaieria (lungo oltre 900 metri e trasformato in un’area pedonale adibita al passeggio), l’area interna può almeno vantare la nascita del polo tecnologico della Città della Scienza e la parziale apertura della Porta del Parco e del grande Auditorium. Prosegue lo sgombero, sia pure lentissimo, di vaste zone un tempo occupate dai capannoni e dai forni. In ritardo sui programmi è rimasta soltanto l’area ex Eternit, circa 20 ettari, dove però c’è l’amianto. E ce ne è tanto. Più si scava e più se ne trova.
La rinascita di Bagnoli segue anche un suo percorso culturale, forse meno tortuoso di quello amministrativo, partendo dalla valorizzazione del suo patrimonio storico, come l’archivio dell’Ilva, la fabbrica che rappresenta una testimonianza significativa sull’industrializzazione italiana del XX secolo, dove sono conservati numerosi documenti e fotografie risalenti ai primi del novecento e all’Italia del neorealismo. Da qui, un filo rosso tra passato e futuro si dipana sullo spazio virtuale nel n
uovo portale web dedicato esclusivamente al quartiere flegreo: WikiBagnoli. Nato dall’esperienza di Wikipedia, l’enciclopedia on line più conosciuta al mondo, il portale è realizzato dal network delle biblioteche digitali campane (Codex) grazie ai contributi di tutti, istituzioni, associazioni e cittadini. Chi lo desidera collabora ad arricchire di contenuti il sito, con video, foto e testi. In attesa di crescere sul terreno, la nuova Bagnoli prende forma in rete.