Facebook: referendum per chiarire come gestire la privacy
Con i suoi 200 milioni di utenti, Facebook sarebbe il quinto paese del mondo per numero di abitanti. Eppure alla popolazione del social network la partecipazione democratica non sembra interessare troppo. Il primo referendum sull’introduzione dei nuovi termini di servizio, che regolano l’uso del sito, sta infatti per risolversi in un nulla di fatto a causa del mancato raggiungimento del quorum. Un fallimento che alimenta però numerosi sospetti.
Le regole. L’idea di coinvolgere gli utenti nelle decisioni degli amministratori del sito, fu lanciata dal fondatore Mark Zuckerberg in seguito alle proteste dello scorso febbraio. Le regole proposte da Facebook prevedevano infatti che i contenuti generati dagli utenti diventassero di esclusiva proprietà del social network, decisione che generò violente proteste da parte delle associazioni di consumatori. Per evitare nuove proteste, lo stesso Zuckerberg annunciò che le nuove condizioni di utilizzo e la redazione dei principi generali del sito sarebbero state realizzate in seguito ad un confronto con gli utenti, che potevano inviare commenti e proposte.
Il referendum. Una volta chiusa la fase dei commenti, i documenti devono essere approvati da tutti i Facebooker, nove milioni solo in Italia, attraverso una votazione. L’annuncio dell’inizio del referendum è stato dato il 16 aprile dallo stesso Zuckenberg che, attraverso il blog ufficiale, ha presentato la nuova sezione del sito dedicata alla governance. Proprio qui è possibile leggere i documenti, anche in lingua italiana, creati dalla collaborazione di pubblico e amministrazione e decidere, con un semplice click, se dare il proprio voto alle nuove regole, più sensibili e chiare nei confronti del problema della privacy, oppure tenere quelle vecchie.
Il quorum. L’iniziativa “democratica” del social network si scontra però contro la necessità di raggiungimento di un quorum. Per rendere valido il voto, gli amministratori hanno stabilito che almeno il 30% degli utenti attivi mensilmente dovesse partecipare alla consultazione. In poche parole una cifra tra i 48 e i 60 milioni di utenti, pari all’intera popolazione italiana. La votazione non ha inoltre goduto di alcuna pubblicità sul sito, motivo per il quale, a pochi giorni dalla chiusura delle “urne” hanno partecipato la miseria di 300mila persone, neppure l’1% dei voti richiesti. Una cifra che con scarsa probabilità potrà crescere sensibilmente, visto che le votazioni si chiuderanno il 23 aprile.
Le critiche. A seggi ancora aperti, stanno già comparendo le prime pesanti critiche al social network. L’associazione Privacy International ha definito il voto una “truffa” a causa del quorum richiesto e non mancano i blog di settore che appoggiano questo punto di vista. Il pericolo paventato è che, essendo quasi impossibile che una votazione raggiunga il quorum, l’amministrazione del sito dimentichi le buone intenzioni manifestate pochi mesi fa e continui a imporre le sue scelte senza ascoltare l’opinione degli utenti.