Fallimento, contratto preliminare, scioglimento, promissario acquirente, credito
Il privilegio speciale sul bene immobile, che assiste i crediti del
promissario acquirente conseguenti alla mancata esecuzione del
contratto preliminare trascritto ai sensi dell’art. 2645 bis c.c.,
siccome subordinato ad una particolare forma di pubblicità costitutiva,
resta sottratto alla regola generale di prevalenza del privilegio
sull’ipoteca e soggiace agli ordinari principi in tema di pubblicità
degli atti.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Sentenza 7 luglio – 1 ottobre 2009, n. 21045
(Presidente Carbone – Relatore Spirito)
Svolgimento del processo
Nel
fallimento della Nu.Na. S.n.c. di F. C. P. & C., pendente dinanzi
al Tribunale di Forlì, la Cassa dei Risparmi di Forlì propose
opposizione ad un piano di riparto parziale dichiarato esecutivo dal
giudice delegato. Premesso che la somma distribuita costituiva il
ricavato della vendita di un appartamento sul quale risultava iscritta
ipoteca a garanzia del credito dalla Cassa stessa vantato in virtù di
un mutuo fondiario concesso alla società costruttrice dell’immobile,
l’opponente sosteneva che erroneamente tale credito era stato collocato
con grado inferiore a quello vantato dal B. per il rimborso della
caparra da questo versata contestualmente alla stipulazione di un
contratto preliminare di acquisto del medesimo appartamento, trascritto
in data successiva all’iscrizione dell’ipoteca e scioltosi ai sensi
dell’art. 72 della legge fall.
Ad avviso dell’opponente,
infatti, l’ipoteca concessa a garanzia del finanziamento di un
intervento edilizio ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. 1° settembre 1993,
n. 385, prevalendo sulla trascrizione anteriore del contratto
preliminare, a norma dell’art. 2825 bis c.c., doveva prevalere, a
maggior ragione, sulla trascrizione posteriore.
Il Tribunale
accolse la domanda, osservando, anzitutto, che la particolare causa di
prelazione accordata al promissario acquirente dall’art. 2775 bis c.c.,
comma 1, non si sottrae al principio generale enunciato dall’art. 2748
c.c., 2° comma, in forza del quale i crediti muniti di privilegio
speciale immobiliare prevalgono su quelli ipotecari, se la legge non
dispone diversamente. Ha, tuttavia, ravvisato una tale diversa
disposizione (idonea, appunto, ad invertire l’anzidetto criterio di
priorità) nel combinato disposto degli artt. 2775 bis e 2825 bis c.c.,
reputando che dette norme siano da interpretare nel senso della
prevalenza delle ipoteche iscritte a garanzia di mutui fondiari erogati
a norma del R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 38 e ss., T.U. bancario,
rispetto al privilegio immobiliare accordato al promissario acquirente,
indipendentemente dall’esservi stato o meno accollo del mutuo da parte
dell’acquirente. Così ragionando ha, dunque, ritenuto irrilevante nella
fattispecie la precedente affermazione resa sul tema da questa Corte
(Cass. 14 novembre 2003, n. 17197, della quale si dirà in seguito),
considerando che questa non decidesse riguardo ad un istituto di
credito garantito da ipoteca ai sensi degli artt. 38 e segg. D.Lgs. n.
385 del 1993, ovvero in altro modo garantito da ipoteca.
Avverso
il decreto del Tribunale di Forlì il B. ha proposto ricorso per
cassazione, affidato ad un unico motivo. Ha resistito con controricorso
la Cassa dei Risparmi, la quale ha depositato successivamente memoria.
Non ha svolto difese la curatela del fallimento.
Con ordinanza
interlocutoria del 20 ottobre 2008, la Prima Sezione Civile, ritenuta
la sussistenza di una questione di massima di particolare importanza,
avente ad oggetto la prevalenza del privilegio di cui all’art. 2775 bis
c.c. sulle ipoteche per mutui fondiari iscritte anteriormente alla
trascrizione del contratto preliminare, ha rimesso gli atti al Primo
Presidente, il quale ha disposto l’assegnazione della causa alle
Sezioni Unite.
Motivi della decisione
I. – PREMESSA – IL RICORSO E LA QUESTIONE SOTTOPOSTA ALL’ESAME DELLE SEZIONI UNITE.
Il
ricorrente, nel dedurre la violazione degli artt. 2645 bis, 2775 bis,
2748, 2° comma, e 2825 bis c.c., sostiene che il secondo comma
dell’art. 2775 bis individua due soli casi di ipoteche che non
soccombono al privilegio di cui al primo comma, e precisamente quelle
iscritte a garanzia del mutuo erogato al promissario acquirente per
l’acquisto dell’immobile e quelle iscritte a garanzia del credito
edilizio nei limiti della quota che il promissario stesso si sia
accollato; benché l’art. 2825 bis faccia riferimento esclusivamente
alle ipoteche iscritte successivamente alla trascrizione del
preliminare, è ovvia la prevalenza anche di quelle iscritte in epoca
anteriore, ma sempre nei limiti della quota di debito che il
promissario si sia accollato, non avendo egli altrimenti alcun ruolo
nel rapporto tra il finanziatore ed il costruttore.
Secondo il
ricorrente, il decreto impugnato contrasta, oltre che con
l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che subordina la
prevalenza dell’ipoteca all’accollo da parte del promissario del debito
contratto dal costruttore, anche con lo spirito della legge, che mira a
tutelare i promissari acquirenti di fabbricati in corso di costruzione
in caso di mancata esecuzione del preliminare o fallimento del
promittente venditore.
Nella specie, pertanto, non essendo
intervenuto l’accollo della quota di mutuo gravante sull’immobile
promesso in vendita, troverebbe applicazione il principio generale di
cui all’art. 2748, 2° comma, secondo cui il privilegio immobiliare
prevale sulle ipoteche iscritte anche anteriormente, non potendo
individuarsi nell’art. 2825 bis la diversa disposizione di legge che,
ai sensi dell’ultimo inciso dell’art. 2748, 2° comma, consente di
derogare a tale principio.
Preliminare rispetto al vaglio delle
doglianze prospettate nel ricorso è l’esame della premessa giuridica
dalla quale muove l’impugnato provvedimento, secondo cui il privilegio
del credito del promissario acquirente per mancata esecuzione del
contratto preliminare prevale, ai sensi dell’art. 2748 c.c., 2° comma,
sui crediti ipotecari, anche se l’ipoteca è stata iscritta prima della
trascrizione del preliminare, salvo soltanto che si tratti di ipoteche
relative a mutui erogati per l’acquisto del medesimo immobile promesso
in vendita o iscritte a favore dei creditori garantiti ai sensi
dell’art. 2825 bis c.c. Solo ove, infatti, tale premessa fosse da
condividere occorrerebbe valutare se reggono o meno alla critica le
conseguenti considerazioni in base alle quali il tribunale ha ravvisato
la prevalenza sul privilegio speciale spettante al promissario
acquirente dell’ipoteca iscritta a garanzia del mutuo fondiario erogato
dalla cassa di risparmio; qualora, viceversa, quella premessa fosse da
disattendere, s’imporrebbe la correzione della motivazione del
provvedimento impugnato, ma il ricorso dovrebbe essere rigettato.
La
suaccennata premessa, dalla quale il tribunale prende le mosse (e la
cui fondatezza è contestata dalla controricorrente), è in effetti
conforme a quanto affermato nel già menzionato precedente di questa
Corte (Cass. n. 17197 del 2003), secondo cui, appunto, in forza del
disposto dell’art. 2748, 2° comma, c.c. (per il quale i creditori che
hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori
ipotecali, se la legge non dispone diversamente), anche il privilegio
speciale immobiliare, previsto dal citato art. 2775 bis, prevale
rispetto alle ipoteche gravanti sullo stesso immobile, pur se
trascritte anteriormente alla trascrizione del contratto preliminare da
cui il privilegio scaturisce, non rilevando in contrario la natura
“iscrizionale” (o “trascrizionale”) di siffatto privilegio, giacché
questa non basta a rendere applicabile, in simili casi, il principio
della prevalenza dei diritti secondo l’ordine delle trascrizioni e
delle iscrizioni dal quale è regolata la pubblicità immobiliare.
L’ordinanza
che ha rimesso la soluzione della questione alle sezioni unite ritiene
che le conclusioni alle quali è pervenuta la citata sentenza n. 17197
del 2003 non abbiano placato il dibattito che già prima era insorto in
dottrina in ordine alla corretta interpretazione da dare alle
disposizioni dettate dal codice a tutela del promissario acquirente di
immobili (introdotte, com’è noto, con il D.L. 31 dicembre 1996, n. 669,
convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1997, n. 30).
Dibattito che, piuttosto, ne è stato rinfocolato. Viene, allora,
chiesto l’approfondimento dei seguenti punti:
a) il privilegio
accordato al promissario acquirente non si ricollega esclusivamente
alla causa del credito, ma presuppone necessariamente la trascrizione
del contratto preliminare, alla quale pare pertanto ragionevole
assegnare, in ragione della sua efficacia costitutiva, anche la
funzione, ad essa connaturata, di risolvere i possibili conflitti tra
titolari di diritti assoggettati al medesimo regime di pubblicità;
b)
poiché nella graduazione prevista dall’art. 2780 c.c. il privilegio in
questione è collocato dopo quelli che assistono i crediti per
concessione di acque e per tributi indiretti, i quali non possono
essere esercitati in pregiudizio dei diritti anteriormente acquisiti
dai terzi sui medesimi immobili, la prevalenza di tale privilegio sulle
ipoteche iscritte anteriormente renderebbe impossibile stabilire
l’ordine di collocazione dei crediti;
c) detta prevalenza
risulterebbe inoltre scarsamente razionale, dal momento che le ipoteche
iscritte anteriormente sono certamente opponibili all’acquirente, in
caso di perfezionamento del contratto definitivo di acquisto
dell’immobile;
d) l’art. 2825 bis c.c., prevedendo
eccezionalmente che, in caso di accollo del mutuo fondiario da parte
del promissario acquirente, l’ipoteca iscritta a garanzia dello stesso
prevalga sulla trascrizione anteriore del contratto preliminare, fa
supporre, a maggior ragione, l’operatività del medesimo criterio in
presenza di una trascrizione posteriore di tale contratto, trovando
applicazione, in tal caso, i principi generali in materia di pubblicità
immobiliare.
In conclusione, la questione sottoposta alle
Sezioni Unite consiste nello stabilire se, ai fini della distribuzione
del ricavato della vendita, disposta in sede fallimentare, di un
immobile già promesso in vendita dal fallito con contratto preliminare
trascritto, il privilegio che, a norma dell’art. 2775 bis c.c., assiste
il credito del promissario acquirente per la mancata esecuzione del
preliminare prevalga (o meno), ai sensi dell’art. 2748, 2° comma, c.c.,
sulle ipoteche iscritte sul medesimo immobile in data anteriore alla
trascrizione del contratto preliminare.
II. – LA TRASCRIVIBILITÀ DEL CONTRATTO PRELIMINARE ED IL PRIVILEGIO CHE ASSISTE I CREDITI DEL PROMISSARIO ACQUIRENTE.
La
trascrivibilità del preliminare, non prevista dal testo originario del
codice civile, in ragione della natura meramente obbligatoria di tale
contratto, è stata introdotta dall’art. 3 del d.l. 31 dicembre 1996, n.
669 (convertito con modificazioni dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30),
che ha modificato il titolo I del libro VI del codice, inserendo nel
capo I l’art. 2645 bis. Questo ammette la possibilità di procedere alla
trascrizione dei contratti preliminari, ancorché sottoposti a
condizione o relativi ad edifici da costruire o in corso di
costruzione, purché essi: a) abbiano ad oggetto la conclusione di
taluno dei contratti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 4 dell’art. 2643; b)
risultino da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione
autenticata o accertata giudizialmente.
La ratio della
disciplina consiste nel tutelare il promissario, che, all’atto della
stipulazione del preliminare o comunque nelle more della stipulazione
del contratto definitivo, abbia corrisposto in tutto o in parte il
corrispettivo dovuto, contro l’eventualità che il promittente si
sottragga all’adempimento dell’obbligazione assunta, ponendo in essere
atti di disposizione del bene promesso, tali da rendere impossibile il
successivo trasferimento dell’immobile.
Essa muove dalla presa
d’atto che, nella pratica commerciale, la stipulazione di un contratto
preliminare costituisce ormai una fase pressoché imprescindibile del
procedimento negoziale che conduce al trasferimento dei diritti reali
immobiliari, la quale trova per lo più giustificazione nell’esigenza
delle parti di consacrare provvisoriamente l’accordo raggiunto, al fine
di consentire, in vista della stipulazione del contratto definitivo, la
verifica dell’esatta consistenza dell’immobile, della sua conformità
alle norme urbanistiche e degli oneri tributari connessi al
trasferimento. A questa prassi fa riscontro, talvolta, la consegna
anticipata dell’immobile e, più spesso, il versamento di uno o più
acconti sul prezzo pattuito, il quale trova giustificazione, nel caso
di vendita di beni ancora da edificare o in corso di costruzione, nei
convergenti interessi del venditore ad autofinanziarsi mediante
l’anticipata riscossione del corrispettivo e dell’acquirente a spuntare
un prezzo più vantaggioso attraverso l’acquisto su progetto.
Nella
vigenza del testo originario del codice civile, l’impossibilità di
procedere alla trascrizione del preliminare, dovuta all’inidoneità di
tale contratto a determinare il trasferimento del diritto reale,
esponeva il promissario, che avesse in tutto o in parte adempiuto la
propria obbligazione, al rischio dell’inadempimento della controparte,
dovendo egli soccombere di fronte ad atti dispositivi eventualmente
posti in essere da quest’ultima, ovvero ad atti compiuti da terzi in
danno della medesima controparte; la trascrizione di questi atti, se
intervenuta anteriormente al contratto definitivo, ne rendeva infatti
impossibile la stipulazione, precludendo anche l’accoglimento di
un’eventuale domanda giudiziale ex art. 2932 c.c. A tale rischio,
riconducibile alla normale alea contrattuale, si aggiungeva, nel caso
in cui il promittente venditore fosse un imprenditore, quello proprio
dell’attività d’impresa, che aumenta notevolmente il pericolo
dell’aggressione dei beni da parte di terzi, fino all’ipotesi estrema
del fallimento, che, consentendo al curatore di sciogliersi dal vincolo
contrattuale (come è avvenuto nella fattispecie in trattazione),
costringe il promissario acquirente ad insinuarsi al passivo per
ottenere la restituzione delle somme versate e quindi ad assoggettarsi
alle regole del concorso, con scarse speranze di ottenere la
soddisfazione del proprio diritto, avuto riguardo alla natura
chirografaria del credito.
Per evitare questi inconvenienti (ai
quali, in passato, poteva ovviarsi esclusivamente attraverso la
tempestiva trascrizione di una domanda di esecuzione in forma
specifica) è ora riconosciuta la possibilità di tutelare il proprio
diritto all’acquisto direttamente mediante la trascrizione del
contratto preliminare.
L’efficacia di tale adempimento
pubblicitario è disciplinata dai commi secondo e terzo dell’art. 2645
bis, i quali prevedono che, ove entro un anno dalla data convenuta tra
le parti, e comunque entro tre anni dalla trascrizione del preliminare,
segua la trascrizione del contratto definitivo o di un altro atto che
costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare, ovvero della
domanda giudiziale di cui all’art. 2652, 1° comma, n. 2, gli effetti di
tale trascrizione o di quella della sentenza che accoglie la domanda
diretta ad ottenere l’esecuzione in forma specifica del contratto
preliminare retroagiscono fino alla data della trascrizione di
quest’ultimo, prevalendo sulle trascrizioni ed iscrizioni eseguite in
data successiva contro il promittente alienante. Tale efficacia è stata
definita di “prenotazione” degli effetti tipici della trascrizione del
contratto definitivo, e consiste nel fatto che, ove seguita da
quest’ultima, la trascrizione del preliminare rende inopponibili al
promissario acquirente tutte le iscrizioni o trascrizioni eseguite
medio tempore nei confronti del promittente.
È tuttavia
controverso se l’effetto prenotativo renda inopponibili al promissario
acquirente le sole formalità pubblicitarie eseguite successivamente nei
confronti del promittente alienante in virtù di titoli da lui voluti,
ovvero abbia portata generale, estendendosi anche alle trascrizioni di
pignoramenti o sequestri ed alle iscrizioni di ipoteche giudiziali.
In
riferimento all’ipotesi di fallimento del promittente, l’art. 72, terzo
comma, della legge fall., anch’esso introdotto dall’art. 3 del D.L. n.
669 del 1996, esclude infatti la prevalenza del preliminare,
confermando la facoltà del curatore di sciogliersi dal contratto, ai
sensi del 2° comma del medesimo articolo, e disponendo che in caso di
esercizio di tale facoltà l’acquirente ha diritto di far valere il
proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento
del danno, e gode del privilegio di cui all’art. 2775 bis c.c., a
condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare
non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di
fallimento.
Approssimandoci alla questione in esame, occorre
ricordare che, oltre all’efficacia prenotativa, l’art. 3 del D.L. n.
669 del 1996 ha attribuito alla trascrizione del contratto preliminare
una peculiare efficacia costitutiva, introducendo nel titolo III del
libro VI del codice civile, alla sezione III del capo II, l’art. 2775
bis, il quale, al fine di tutelare i crediti del promissario acquirente
derivanti dalla mancata esecuzione del contratto preliminare, dispone
al primo comma che essi “hanno privilegio speciale sul bene immobile
oggetto del contratto preliminare, sempre che gli effetti della
trascrizione non siano cessati al momento della risoluzione del
contratto risultante da atto avente data certa, ovvero al momento della
domanda giudiziale di risoluzione del contratto o di condanna al
pagamento, ovvero al momento della trascrizione del pignoramento o al
momento dell’intervento nella esecuzione promossa da terzi”.
La
trascrizione del preliminare fa sorgere pertanto, a favore dei crediti
del promissario, un privilegio speciale immobiliare, subordinato alla
condizione che gli effetti della trascrizione siano ancora in atto al
momento in cui si verificano gli eventi che costituiscono causa del
credito.
Tale privilegio è collocato al n. 5 dell’ordine
stabilito dall’art. 2780 c.c., in particolare dopo quelli che assistono
i crediti dello Stato per concessioni di acque (art. 2774) e per
tributi indiretti (art. 2772).
Il 2° comma dell’art. 2775 bis
prevede che esso “non è opponibile ai creditori garantiti da ipoteca
relativa a mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del
bene immobile nonché ai creditori garantiti da ipoteca ai sensi
dell’art. 2825 bis”; ossia, ai creditori che abbiano iscritto ipoteca
su un edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso
di costruzione, a garanzia di finanziamento dell’intervento edilizio ai
sensi degli articoli 38 e seguenti del d.lgs. 1° settembre 1993, n.
385: tale ipoteca, peraltro, prevale sulla trascrizione anteriore del
contratto preliminare “limitatamente alla quota di debito derivante dal
suddetto finanziamento che il promissario acquirente si sia accollata
con il contratto preliminare o con altro atto successivo eventualmente
adeguata ai sensi dell’articolo 39, comma 3, del citato decreto
legislativo n. 385 del 1993”, con l’ulteriore precisazione che “se
l’accollo risulta da atto successivo, questo è annotato in margine alla
trascrizione del contratto preliminare”.
Quest’ultima
disposizione mira a contemperare la tutela del terzo acquirente con
quella dei terzi che abbiano concesso finanziamenti per l’acquisto o la
costruzione dell’immobile promesso in vendita, in conformità con le
finalità perseguite dall’art. 3 del decreto legge n. 669 del 1996, che
consistono tra l’altro nel promuovere la realizzazione e l’acquisto
della prima casa di abitazione.
Nella prima parte, essa sembra
fare riferimento all’ipotesi (piuttosto marginale) in cui il
promittente venditore abbia prestato il proprio consenso, prima della
stipulazione del contratto definitivo, all’iscrizione di ipoteca
sull’immobile promesso in vendita, a garanzia del credito derivante da
un mutuo concesso al promissario acquirente: diversamente, infatti, non
si spiegherebbe come quest’ultimo possa concedere ipoteca su di un bene
del quale non è ancora divenuto proprietario.
Nella seconda
parte, invece, la norma si riferisce alle ipoteche concesse dal
promittente venditore a garanzia di crediti derivanti dai mutui
fondiari accordati da banche concedenti finanziamenti a medio e lungo
termine, garantiti da ipoteca di primo grado su immobili, ovvero da
ipoteche di grado ulteriore nei casi consentiti dalla Banca d’Italia;
in tal caso, la prevalenza dell’ipoteca è subordinata alla condizione
che il promissario acquirente si sia accollato il relativo debito,
nello stesso preliminare o con atto successivo annotato a margine della
trascrizione, ed opera limitatamente alla quota gravante sull’immobile
promesso in vendita. Tale condizione trova fondamento nella
considerazione che l’opponibilità al promissario dell’ipoteca iscritta
successivamente al preliminare è giustificata solo in caso di accollo
del mutuo, in quanto egli diviene parte del rapporto derivante dal
finanziamento, giovandosi della relativa rateazione ai fini del
pagamento del prezzo; qualora invece acquisti senza accollo, pagando il
prezzo direttamente al promittente, il promissario rimane estraneo al
rapporto tra finanziatore, e finanziato, con la conseguenza che
l’ipoteca, iscritta successivamente alla trascrizione del preliminare,
non gli è opponibile.
Il privilegio in esame prevale, pertanto,
ai sensi dell’art. 2645 bis, sulle ipoteche iscritte in data successiva
alla trascrizione del preliminare, escluse quelle previste dall’art.
2825 bis, in quanto tale disposizione stabilisce eccezionalmente la
prevalenza delle ipoteche relative a mutui erogati al promissario
acquirente, nonché di quelle relative a mutui fondiari erogati al
promittente venditore, che il promissario acquirente si sia accollato.
III. – GLI ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA DI MERITO E DELLA DOTTRINA.
L’orientamento
quasi unanime affermatosi nella giurisprudenza di merito sostiene che
le ipoteche delle quali s’è detto siano comunque destinate a cedere in
caso di concorso con il privilegio spettante al promissario acquirente.
Esso
muove dal rilievo secondo cui il concorso tra privilegi ed ipoteche
sarebbe regolato esclusivamente dall’art. 2748, 2° comma, non potendo
trovare applicazione l’art. 2644, il quale disciplinerebbe, invece, il
conflitto tra cause di prelazione e diritti reali di godimento; ciò
posto, esso afferma che al principio della prevalenza dei privilegi,
sancito dalla predetta disposizione, potrebbe derogarsi soltanto in
presenza di un dato normativo chiaro ed inequivocabile, non ravvisabile
né nell’art. 2775 bis (il quale, nella parte in cui subordina la
nascita del privilegio del promissario acquirente alla trascrizione del
preliminare, non introdurrebbe elementi di novità rispetto ad altre
fattispecie previste dalla normativa vigente), né nell’art. 2825 bis
(il quale, riferendosi alle sole ipoteche iscritte successivamente alla
trascrizione del preliminare, non sarebbe applicabile a quelle iscritte
in data anteriore).
L’indirizzo in esame riflette l’opinione
espressa dai primi commentatori del decreto-legge n. 669 del 1996, i
quali avevano ritenuto insuperabile il dato normativo emergente
dall’interpretazione letterale degli artt. 2748, 2° comma, e 2825 bis
c.c., escludendo così che le ipoteche iscritte in epoca anteriore alla
trascrizione del contratto preliminare potessero prevalere sul
privilegio che assiste il credito del promissario acquirente.
All’obiezione
secondo cui l’ipoteca prevale sui diritti dei terzi trascritti in epoca
successiva all’iscrizione, essi replicavano che ciò accade perché il
rapporto tra le cause di prelazione e i diritti reali di godimento è
regolato dal principio prior in tempore, potior in jure, esaltato, nel
caso di immobili, dalla priorità della relativa pubblicità; nella
fattispecie in esame, tuttavia, non vi è un conflitto tra il diritto
del promissario di ottenere l’esecuzione specifica del contratto e
l’ipoteca del terzo sullo stesso bene oggetto del preliminare, ma un
conflitto tra il privilegio speciale del promissario (conseguente alla
risoluzione o allo scioglimento del contratto preliminare) e l’ipoteca
iscritta sullo stesso bene: si tratterebbe di un conflitto tra cause di
prelazione, la cui prevalenza sarebbe disciplinata dalla legge in base
ad un principio diverso da quello della priorità cronologica. Ciò
spiegherebbe, tra l’altro, perché le ipoteche iscritte in data
anteriore alla trascrizione del preliminare siano opponibili
all’acquirente in caso di stipulazione del contratto definitivo, mentre
risultano inopponibili in caso di mancata esecuzione del preliminare.
Secondo
tale orientamento, la deroga al principio della prevalenza dei
privilegi, richiesta dall’art. 2748, 2° comma, ai fini
dell’opponibilità dell’ipoteca al creditore privilegiato, non può
essere desunta dall’art. 2825 bis: tale disposizione, infatti, non ha
nulla a che fare con il privilegio di cui all’art. 2775 bis, previsto
per il caso di mancata esecuzione del preliminare, in quanto si limita
a regolare gli effetti dell’ipoteca fondiaria edilizia sulla
trascrizione del preliminare che venga regolarmente eseguito; il 2°
comma dell’art. 2775 bis, inoltre, limitando la prevalenza delle
ipoteche iscritte successivamente alla trascrizione del preliminare a
quelle concesse a garanzia di mutui contratti per la costruzione o per
l’acquisto dell’immobile, presupporrebbe che, al di fuori di tali
ipotesi, dette ipoteche siano destinate a cedere nel concorso con il
privilegio, e sarebbe quindi applicabile, a maggior ragione, alle
ipoteche iscritte in data anteriore.
All’obiezione secondo cui
tale opinione, favorendo il promissario acquirente a scapito degli
interessi dei creditori ipotecari, si sarebbe ripercossa negativamente
sui rapporti tra le imprese costruttrici e le aziende di credito,
scoraggiando queste ultime dal concedere finanziamenti per la
costruzione di immobili, in contrasto con le finalità che la legge
intendeva perseguire, si replica che il senso della nuova disciplina
consisteva anche nel responsabilizzare il ceto bancario, dissuadendolo
da un’eccessiva disinvoltura nell’erogazione del credito fondiario.
Troppo spesso, intatti, le banche, nel concedere finanziamenti per la
costruzione di immobili, fanno affidamento, ai fini della restituzione,
più sul valore dei beni concessi in garanzia che sulla solidità
complessiva dell’impresa mutuataria, confidando di poter agevolmente
procedere al recupero del credito anche in caso di fallimento della
stessa, con evidente pregiudizio per le ragioni degli altri creditori.
La postergazione dei crediti ipotecari a quello del promissario
acquirente le costringerebbe invece a verificare preventivamente la
capacità dell’impresa di far fronte alle proprie obbligazioni,
avvalendosi di quegli strumenti di controllo di cui esse dispongono in
misura più ampia ed incisiva di ogni altro creditore.
Sotto un
diverso profilo, si riconosce che, una volta ovviatosi, mediante la
previsione della trascrivibilità del preliminare, al pericolo che il
diritto al trasferimento dell’immobile sia vanificato da atti
dispositivi compiuti dal promittente venditore o da atti di aggressione
del suo patrimonio posti in essere da terzi prima della stipulazione
del definitivo, l’attribuzione di un rango privilegiato ai crediti del
promissario nascenti dalla mancata esecuzione del contratto si traduce
in una tutela eccessiva, quanto meno in riferimento all’ipotesi in cui,
pur potendo ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di
contrarre, egli abbia optato per la tutela risarcitoria.
In ogni
caso, anche coloro i quali sono disposti ad ammettere che la prevalenza
del privilegio determina un’ingiustificata disparità di trattamento nei
confronti dei creditori che abbiano iscritto ipoteca in data anteriore
alla trascrizione del preliminare, ritengono che a tale inconveniente
possa ovviarsi esclusivamente attraverso una declaratoria di
incostituzionalità della norma in esame, o mediante un intervento
chiarificatore del legislatore.
La dottrina più recente ritiene
invece che la questione possa essere risolta anche in via
interpretativa, avvalendosi dei principi sui cui si fonda la pubblicità
immobiliare e di una pluralità di elementi emergenti dalla stessa
disciplina in materia. Essa sottolinea la natura “iscrizionale” o
“trascrizionale” del privilegio in questione, il cui concorso con le
ipoteche iscritte sull’immobile promesso in vendita deve considerarsi
disciplinato dall’art. 2644 c.c., non essendo il privilegio accordato
esclusivamente in ragione della causa del credito, ma essendo
condizionato alla trascrizione del contratto preliminare ed alla sua
perdurante efficacia. A sostegno di tale orientamento, sono state
sottolineate anche le anomalie che l’opposta tesi introdurrebbe nel
sistema delle cause di prelazione, osservandosi da un lato che in caso
di stipulazione del contratto definitivo le ipoteche iscritte
successivamente alla trascrizione del preliminare sono opponibili
all’acquirente, dall’altro che nell’ordine dei privilegi quello
previsto dall’art. 2775 bis è collocato successivamente a quelli di cui
agli artt. 2772 e 2774 c.c., i quali non sono esercitabili in
pregiudizio dei diritti precedentemente acquisiti dai terzi. Sono stati
infine evidenziati i gravi abusi cui potrebbe condurre una rigida
applicazione dell’art. 2748 cit., la quale consentirebbe al promittente
venditore di sottrarre l’immobile alla garanzia dei propri creditori
ipotecari, mediante la simulazione di un preliminare di compravendita
con un promissario compiacente, cui potrebbe far seguito la risoluzione
del contratto, con la conseguenza che, in sede di esecuzione forzata, i
crediti restitutori e risarcitori del promissario dovrebbero essere
soddisfatti con precedenza rispetto a quelli dei creditori ipotecari.
Alle
medesime conclusioni un’autorevolissima dottrina è pervenuta sulla base
di un diverso percorso argomentativo, che muove dalla qualificazione
del preliminare di compravendita come vendita ad effetti obbligatori,
dalla quale sorge a carico del promittente un’obbligazione di dare e
dall’affermazione dell’autonomia di tale contratto rispetto al
definitivo, ricollegando alla sua trascrizione l’efficacia tipica di
cui all’art. 2644 c.c., per sostenere che tale efficacia si estende
anche al privilegio che assiste i crediti del promissario acquirente,
il cui concorso con le ipoteche iscritte in data anteriore deve
pertanto ritenersi disciplinato dal principio della priorità
cronologica. L’aspetto più suggestivo di questa dottrina è rinvenibile
nell’attribuzione al promissario acquirente di un jus ad rem (non di un
mero jus in persona) e nella riconduzione del rapporto tra preliminare
e definitivo (non come rapporto tra due contratti distinti ed autonomi,
ciascuno dotato di una propria causa) al modello tedesco della
distinzione tra titulus e modus adquirendi, con la conseguenza che la
stipulazione del definitivo non comporta l’assorbimento del preliminare
né rende irrilevanti i vizi che lo inficiano, i quali risultano anzi
idonei ad incidere, attraverso la caducazione del contratto cui
afferiscono, sulla stessa trascrizione del contratto definitivo. La
riprova sarebbe costituita proprio dalla trascrivibilità del
preliminare, il cui effetto di opponibilità trova giustificazione nella
natura del diritto che da esso scaturisce per il promissario
acquirente, mentre la limitazione temporale di tale effetto si
giustificherebbe con l’efficacia obbligatoria del contratto.
IV. – LA SOLUZIONE DELLA QUESTIONE.
Sulla
scorta di tutto quanto premesso è ora possibile passare alla soluzione
del quesito, subito anticipando che le sezioni unite intendono
disattendere il precedente orientamento espresso dalla menzionata Cass.
n. 17197 del 2003, attraverso una trattazione concernente il generale
problema della regola di conflitto tra cause di prelazione, al di là
della specifica ipotesi (della quale pure si dirà) del credito
fondiario, disciplinata dagli artt. 2775 bis, 2° comma, e 2825 bis c.c.
Il
ragionamento parte dalla premessa che l’art. 2748 c.c., allorquando nel
secondo comma stabilisce che i creditori muniti di privilegio sui beni
immobili sono preferiti ai creditori ipotecari “se la legge non dispone
diversamente”, fa riferimento ad una deroga non necessariamente
contenuta in un esplicito precetto, ma che può e deve essere
individuata nell’ordinamento nel suo complesso, attraverso la lettura e
l’interpretazione normativa che tenda all’armonioso coordinamento dello
specifico istituto in trattazione con l’intero sistema; così da evitare
applicazioni ermeneutiche settoriali che, sebbene compatibili con il
microsistema nel quale le disposizioni sono inserite, finiscano con lo
stridere rispetto al complesso della materia nelle quali le norme
stesse esplicano il proprio effetto. Siffatto sforzo interpretativo si
impone con ancora maggior impegno quando (come nel caso di specie) le
norme esaminate non appartengono all’originaria impostazione
codicistica, ma sono frutto di una successiva interpolazione
legislativa, mossa da esigenze sociali ed economiche via via emerse
nella realtà giuridica dei commerci.
Espresse norme derogatrici
alla regola del secondo comma dell’art. 2748 c.c. sono rinvenibili nel
quarto comma dell’art. 2772 e nel secondo comma dell’art. 2774: il
privilegio che assiste i crediti dello Stato per tributi indiretti o
per canoni di concessione di acque non si può esercitare in pregiudizio
dei diritti che i terzi hanno anteriormente acquistato sugli immobili.
Deroga ispirata, dunque, alla diversa regola della prevalenza in base
alla data di trascrizione o di iscrizione.
Nel nostro caso una
espressa norma derogatoria al precetto stabilito dalla prima parte del
secondo comma dell’art. 2748 c.c. non esiste, ma, come si vedrà,
l’organica analisi dell’intero quadro normativo disciplinante la
materia consente di affermare che i creditori muniti dello speciale
privilegio del quale trattiamo non sono preferiti ai creditori muniti
di ipoteca iscritta precedentemente al sorgere del privilegio stesso,
secondo una ricostruzione che, come s’è detto, prescinde dalla
specifica ipotesi (disciplinata dal secondo comma dell’art. 2275 bis,
in relazione all’art. 2825 bis) del privilegio che assiste il credito
per il finanziamento dell’intervento edilizio.
Occorre
innanzitutto porre nel giusto rilievo che il privilegio che assiste il
credito del promissario acquirente, conseguente alla (eventuale)
mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto, non si
ricollega esclusivamente alla causa del credito (come prescrive la
prima parte dell’art. 2745 c.c.) ma la sua costituzione necessariamente
presuppone la trascrizione del contratto preliminare ai sensi dell’art.
2645 bis; rientrando, dunque, nella categoria dei privilegi la cui
costituzione, come consentito dalla seconda parte dell’art. 2745 c.c.,
è subordinata ad una particolare forma di pubblicità. Peraltro, esso
assiste il credito a condizione che gli effetti della menzionata
trascrizione non siano cessati a determinati momenti (quello della
risoluzione del contratto, oppure della domanda giudiziale della
risoluzione, oppure della trascrizione del pignoramento, oppure ancora
dell’intervento nell’esecuzione promossa da terzi).
Siffatto
privilegio (come molti altri introdotti nel tempo dal legislatore in
specifici settori) si aggiunge ai privilegi speciali immobiliari
previsti dal codice agli artt. da 2770 a 2775, ma se ne differenzia
perché non è posto, come questi, a tutela di interessi pubblici, bensì
a tutela dell’interesse meramente privato del promissario acquirente.
Occorre
a riguardo ricordare che gli originari privilegi speciali codicistici
costituiscono il retaggio delle antiche ipoteche privilegiate, le quali
venivano preferite alle ipoteche normali in ragione della particolare
natura pubblica degli interessi protetti in via preferenziale. Di qui
la regola di conflitto secondo cui siffatti privilegi prevalgono sulle
ipoteche, anche se iscritte prima del loro sorgere. Regola oggi
consacrata nel secondo comma. dell’art. 2748 c.c. e già contenuta
nell’art. 1953 del codice del 1865 (benché senza l’espressa riserva che
prevede il vigente testo normativo).
Autorevolissima dottrina
spiega che la via scelta dal legislatore nel secondo comma dell’art.
2748 è la più conforme all’indole del privilegio, che, assistendo
crediti normalmente incidenti sul processo di produzione o di
valorizzazione di una cosa, deve necessariamente essere anteposto
all’ipoteca. In altri termini, la ragione della maggior parte dei
privilegi va ricercata nella particolare inerenza economica di alcuni
crediti alla cosa gravata, la quale spiega anche la preferenza dei
creditori privilegiati sui creditori forniti di garanzia reale: poiché
questi ultimi acquistano un diritto al valore di scambio della cosa,
sono necessariamente posposti a coloro i quali, mediante l’erogazione
di energie di lavoro o di utilità dal cui corrispettivo sorge il
credito, hanno contribuito alla creazione, alla conservazione o
all’incremento del valore medesimo.
La stessa dottrina avvisa
pure che queste considerazioni rilevano ai fini interpretativi della
concreta applicazione delle norme positive e che sarebbe assurdo
escludere dal novero dei privilegi le figure che hanno il presupposto
in forme di pubblicità, solo perché ad esse non si applica il brocardo
secondo cui privilegia non ex tempora estimantur (ossia la regola
trasfusa nel secondo comma dell’art. 2748). Ponendo, così, in evidenza
che, per un verso, la qualifica di “privilegio” non necessariamente
comporta l’applicazione del principio secondo cui esso prevale
sull’ipoteca precedentemente iscritta e che, per altro verso,
l’applicazione delle ordinarie regole sulla pubblicità non consente di
escludere la particolare qualifica di “privilegio” al tipo di
prelazione trattato.
Il privilegio del quale si discute esplica
i suoi effetti in una vicenda specularmente opposta a quella
summenzionata. Esso non assiste un credito che incide sul processo di
produzione o di valorizzazione della cosa (piuttosto, siffatta
incidenza appartiene al credito del finanziatore dell’opera), bensì il
credito del promissario acquirente che acquista il diritto al valore di
scambio della cosa, e la sua costituzione è subordinata ad un preciso
onere pubblicitario, così come la sua esistenza è collegata al
perdurare degli effetti della pubblicità.
Ne consegue che,
relativamente ad esso, non vige la regola della prevalenza dei
privilegi sulle ipoteche, bensì quella del prior tempore potior in jure
che pervade di sé l’intero sistema della pubblicità, facendone
conseguire che l’ipoteca trascritta prima della costituzione del
privilegio debba su quest’ultimo prevalere.
Alcuni autori hanno
rilevato l’assimilabilità di siffatto tipo di prelazione all’ipoteca
legale, ponendo in evidenza che, nella materia trattata, sarebbe stato
preferibile che il legislatore avesse previsto non un privilegio
speciale, bensì un’ipoteca legale; tant’é che in altre esperienze
normative (come quella francese: cfr. l’art. 2106 code civil) è
previsto che i privilegi speciali sugli immobili sono opponibili agli
altri creditori solo dopo che siano stati iscritti nella conservatoria
delle ipoteche e secondo le modalità previste per quella forma di
pubblicità.
Le caratteristiche del privilegio in esame assumono
un rilievo determinante, distinguendolo tanto dagli altri privilegi
speciali immobiliari, la cui nascita non è condizionata ad un
adempimento pubblicitario avente efficacia costitutiva, quanto dagli
altri privilegi iscrizionali, che hanno ad oggetto beni mobili;
rispetto a questi ultimi, ovviamente, il problema del concorso con
altre cause di prelazione aventi natura trascrizionale non si pone, ma
per il caso in cui concorrano più privilegi la legge prevede
espressamente che il conflitto vada risolto in base alla regola della
priorità della trascrizione (art. 2762, ultimo comma, c.c.); per i
primi, invece, pur valendo la regola secondo cui il privilegio prevale
sulle ipoteche, la legge stabilisce, in riferimento a casi in cui la
prelazione è accordata per un interesse non individuale, che essa non
possa essere esercitata in pregiudizio dei diritti che i terzi hanno
anteriormente acquistato sugli immobili (si tratta dei già menzionati
artt. 2772, quarto comma, e 2774, secondo comma, c.c.). A maggior
ragione deve, quindi, affermarsi che un privilegio accordato in
funzione di un interesse individuale, la cui nascita è subordinata
all’adempimento di una formalità pubblicitaria, sia destinato a cedere,
nel concorso con cause di prelazione precedentemente iscritte.
In
quest’ordine di idee è riduttivo ed avulso dalla visione sistematica
dell’istituto fare una formalistica applicazione della regola di
conflitto dettata nel secondo comma dell’art. 2748 c.c., per ammettere
categoricamente che qualunque genere di privilegio speciale immobiliare
(compreso quello previsto a favore del promissario acquirente) prevalga
sull’ipoteca (qualunque ipoteca, non solo quella che assiste il credito
del finanziatore), benché questa sia stata iscritta prima del nascere
del privilegio.
A questo punto occorre fare alcune precisazioni
in ordine ad una serie di ricostruzioni che sono state operate per
pervenire al medesimo risultato al quale qui si perviene.
In
primo luogo occorre chiarire che la regola di conflitto tra privilegio
ed ipoteca precedentemente iscritta non può essere rinvenuta nell’art.
2645 bis, 2° comma, c.c., il quale stabilisce la prevalenza del
contratto definitivo sulle trascrizioni e le iscrizioni eseguite contro
il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto
preliminare. Espressione, questa, del già menzionato effetto
prenotativo della trascrizione del contratto preliminare ed attuazione
della generalissima regola dell’art. 2644 c.c.
Neppure giova il
richiamo alla specifica regola di conflitto tra cause di prelazione
contenuta nel secondo comma dell’art. 2775 bis, il quale prevede due
categorie di creditori ai quali il privilegio concesso in favore del
promissario acquirente non è opponibile: a) quelli garantiti da ipoteca
relativa a mutui erogati al promissario acquirente per l’acquisto del
bene immobile; b) quelli garantiti da ipoteca ai sensi dell’art. 2825
bis.
Quanto all’ipotesi sub a) non è il caso di dilungarsi, pur
dovendosi segnalare che tutti i commentatori hanno rilevato l’oscurità
di una disposizione che sembrerebbe ammettere che il promissario, per
effetto del preliminare, possa iscrivere ipoteca a garanzia dei suoi
debiti su un bene non ancora di sua proprietà, in deroga dunque
all’art. 2822 c.c. Sta di fatto, comunque, che, nell’ipotesi delineata,
il conflitto è risolto nel senso che l’ipoteca a favore del mutuante
prevale sul privilegio a favore del promissario acquirente, a
prescindere dalla circostanza che la garanzia reale sia stata iscritta
prima o dopo la costituzione del privilegio.
Quanto alla ipotesi
sub b) – quella che maggiormente interessa – occorre tener conto della
disposizione dell’art. 2825 bis, richiamata dall’art. 2775 bis. Essa
prevede (come s’è già visto in precedenza) che l’ipoteca iscritta
sull’edificio (costruito o costruendo) a garanzia del finanziamento
dell’intervento edilizio (ai sensi degli artt. 38 e segg. del D.Lgs. n.
385 del 1993) prevale sulla trascrizione anteriore del contratto
preliminare, limitatamente alla quota accollatasi dal promissario
acquirente. In altri termini, benché iscritta successivamente alla
trascrizione del preliminare, siffatta ipoteca prevale sul privilegio
concesso a garanzia dei crediti vantati dal promissario acquirente nei
confronti del promittente venditore. Risultando, così, risolto il
problema del frazionamento del credito fondiario assistito da ipoteca
che s’era posto nella precedente giurisprudenza ed attuato il favore
del legislatore (del quale prima s’è detto) per i crediti incidenti sul
processo di produzione o di valorizzazione della cosa.
Ora, le
disposizioni correlate costituiscono un ulteriore sottosistema
nell’ambito del sottosistema della trascrizione del contratto
preliminare. Nel senso che l’art. 2775 bis, 2° comma, non si occupa dei
problema di ordine generale del rapporto tra privilegio a favore del
promissario ed ipoteca iscritta contro il promittente, ma solo del
rapporto tra privilegio ed ipoteca inerenti all’operazione di credito
fondiario, disponendo l’inopponibilità del privilegio a due specifiche
categorie di creditori ipotecari.
Ne consegue che il richiamo a
queste disposizioni non è utile a fondare la più generale regola di
conflitto della quale s’è detto e che, soprattutto, le disposizioni
stesse non possono essere indicate né come la deroga al principio del
secondo comma dell’art. 2748 (da parte di chi ritiene che
l’inopponibilità del privilegio alle ipoteche successive presuppone, a
maggior ragione, l’inopponibilità a quelle precedenti), né come la
conferma al principio stesso (da parte di chi ritiene che il
legislatore abbia voluto limitare l’inopponibilità del privilegio alle
sole ipoteche successive e non anche alle precedenti).
L’interpretazione
sin qui offerta, nel ricondurre la normativa speciale nell’alveo del
sistema, risolve anche una serie di discrasie segnalate da quella
dottrina che ha contrastato l’opposta soluzione.
Affermare la
prevalenza del privilegio sulle ipoteche iscritte anteriormente alla
trascrizione del preliminare comporterebbe, infatti, un’ingiustificata
disparità di trattamento a seconda che il preliminare abbia o meno
esecuzione: tali ipoteche, che in caso di stipulazione del contratto
definitivo sono opponibili all’acquirente (in base al principio
dell’anteriorità stabilito dall’art. 2644 c.c.), in caso di
inadempimento dell’obbligo di contrarre diverrebbero a lui
inopponibili, per effetto del privilegio nascente dalla stessa
trascrizione del preliminare, con evidente sovvertimento della regola
posta dall’ultima menzionata disposizione. Tenuto, altresì, conto di
un’altra praticissima ma per nulla irrilevante considerazione: ossia,
che il promissario, nel momento in cui stipula il preliminare ha
contezza dell’esistenza dell’iscrizione ipotecaria sul bene che va ad
acquistare; diversamente, il creditore (nel caso nostro il
finanziatore) che abbia sin dall’inizio dell’operazione iscritto
ipoteca a garanzia del suo credito sul medesimo immobile finirebbe
(seguendo l’opposta tesi) con il vedere il suo credito posposto
rispetto ad una serie indefinita ed indefinibile di crediti di
promissari acquirenti (muniti di crediti privilegiati) susseguitisi nel
commercio dello stesso bene.
Tant’è che non è infondato
l’allarme lanciato da chi ha rilevato che l’asserita prevalenza del
privilegio sulle ipoteche iscritte anteriormente alla trascrizione del
contratto preliminare potrebbe costituire fonte di gravi abusi e di
accordi fraudolenti tra il promittente venditore e il promissario
acquirente, volti a vanificare la possibilità di soddisfacimento dei
crediti garantiti dalle predette ipoteche.
Il proprietario di un
immobile gravato da ipoteca potrebbe, infatti, agevolmente sottrarre il
bene alla garanzia del proprio creditore, simulando un preliminare di
compravendita con un soggetto compiacente, dichiarando di aver ricevuto
l’intero corrispettivo e poi risolvendo il contratto, in quanto in sede
di esecuzione forzata il credito del promissario acquirente per la
restituzione del prezzo versato sarebbe collocato con grado poziore
rispetto a quello ipotecario del creditore, che rimarrebbe pertanto
insoddisfatto.
Infine, essendo il privilegio in questione
collocato all’ultimo posto nell’ordine stabilito dall’art. 2780 (e
quindi dopo quelli riconosciuti ai crediti dello Stato per concessioni
di acque e tributi indiretti, i quali non possono essere esercitati in
pregiudizio delle ipoteche precedentemente iscritte da terzi),
l’accoglimento della diversa opinione determinerebbe un circolo
vizioso, rendendo impossibile stabilire l’ordine delle cause di
prelazione in caso di concorso dei privilegi di cui agli artt. 2772 e
2774 con quello di cui all’art. 2775 bis e con ipoteche anteriori.
V – LE CONCLUSIONI.
In conclusione, deve essere enunciato il seguente principio:
Il
privilegio speciale sul bene immobile, che assiste (ai sensi dell’art.
2775 bis c.c.) i crediti del promissario acquirente conseguenti alla
mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto ai sensi
dell’art. 2645 bis c.c., siccome subordinato ad una particolare forma
di pubblicità costitutiva (come previsto dall’ultima parte dell’art.
2745 c.c.), resta sottratto alla regola generale di prevalenza del
privilegio sull’ipoteca, sancita, se non diversamente disposto, dal
secondo comma dell’art. 2748 c.c. e soggiace agli ordinari principi in
tema di pubblicità degli atti. Ne consegue che, nel caso in cui il
curatore del fallimento della società costruttrice dell’immobile scelga
(come nella specie) lo scioglimento del contratto preliminare (ai sensi
dell’art. 72 legge fall.), il conseguente credito del promissario
acquirente (nella specie, per la restituzione della caparra versata
contestualmente alla stipula del contratto preliminare), benché
assistito da privilegio speciale, deve essere collocato con grado
inferiore, in sede di riparto, rispetto a quello dell’istituto di
credito che, precedentemente alla trascrizione del contratto
preliminare, abbia iscritto sull’immobile stesso ipoteca a garanzia del
finanziamento concesso alla società costruttrice.
Siccome il
dispositivo del provvedimento impugnato risulta conforme a diritto,
correttane la motivazione nei sensi sopra enunciati (art. 384 c.p.c.),
il ricorso deve essere respinto.
La particolare importanza della
questione trattata consiglia l’integrale compensazione, tra le parti,
delle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.