Falsa dichiarazione dei redditi per gli assegni familiari
La Corte di Cassazione, con sentenza nr. 21172 dello scorso 17 maggio ha affermato che dichiarare un reddito falso, al fine di ottenere gli assegni familiari, non costituisce reato penale ma, solo un illecito amministrativo.
Il caso è pervenuto alla Cassazione a seguito di ricorso, avverso la sentenza di appello, di un lavoratore. La Corte di appello di Palermo, infatti, confermava la sentenza del Tribunale di primo grado che aveva condannato F.G. alla pena di mesi nove di reclusione ed euro 200 di multa per i reati di falso ideologico in atto pubblico e truffa in danno di ente pubblico per aver riscosso delle provvidenze a favore del suo nucleo familiare sulla base di una omissiva autocertificazione del proprio reddito nella domanda per gli assegni familiari.
Gli Ermellini richiamano l’orientamento giurisprudenziale della Corte, secondo il quale, “la condotta di colui che, al fine di ottenere l’erogazione dell’assegno del nucleo familiare, previsto dall’art. 65 L. n. 448 del 1998, redige false dichiarazioni in ordine al proprio reddito integra la fattispecie di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato (art. 316 ter cod. pen.) – e non il reato di falso ideologico in atto pubblico (art. 483 cod. pen.)”.
Infatti, continua la Suprema Corte, “il reato di cui all’art. 316 ter cod. pen. è posto a tutela della libera formazione della volontà della P.A. – con riguardo ai flussi di erogazione e distribuzione delle risorse economiche, al fine di impedirne la scorretta attribuzione e l’indebito conseguimento, sanzionando l’obbligo di verità delle informazioni e delle notizie offerte dal soggetto richiedente il contributo – e che in esso resta assorbito il reato di cui all’art. 483 cod. pen., contenendone tutti gli elementi costitutivi, dando così luogo ad una fattispecie complessa, assorbimento che si realizza anche quando la somma degli assegni familiari indebitamenti percepiti dal privato, non superando la soglia minima del valore economico dell’erogazione, integri la mera violazione amministrativa ai sensi dell’art. 316 ter, comma secondo, cod. pen. (Sez. 5, sentenza n. 6641 del 29/01/2009).
Orientamento, confermato anche da una sentenza delle Sezioni Unite (sentenza nr.7537 del 16/12/2010), anche con riferimento al reato di cui all’art. 640, comma 2, cod. pen, ossia nel caso di truffa.
Fonte: www.lavoroediritti.com