Falsi quadri d’arte pagati con assegni scoperti truffatori contro come nel film di Nanni Loy
NAPOLI
È quanto emerge da un’indagine condotta tra il napoletano e Palermo che
L’attività di contraffazione e commercializzazione illecita di dipinti
L’indagine ha preso spunto da una denuncia che fu presentata nel
Secondo la Procura «l’acquisto avveniva verosimilmente con l’intenzione
Pavoniti aveva pagato parte del prezzo pattuito con assegni poi
(5 marzo) – Una truffa nella truffa, “croste” vendute per originali,
l’acquirente che paga gli antiquari truffaldini con assegni scoperti
(ma poi si scopre che era consapevole del trucco) denunce reciproche.
Insomma, come nel film ‘Pacco, doppio pacco e contropaccottò, il film
di Nanni Loy.
ha portato alla scoperta di un giro di contraffazione di numerose opere
d’arte del ‘700 e ‘800 napoletano falsamente attribuite ad artisti del
calibro di Giacinto Gigante, Domenico Morelli, Salvator Rosa.
attribuiti in maniera fraudolenta allo stile pittorico e ai principali
artisti del ‘700 e dell’800 è stata scoperta, al termine di indagini
coordinate dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, dai
carabinieri del nucleo Tutela patrimonio culturale di Napoli e Palermo.
Sono state eseguite tre ordinanze cautelari emesse dal gip presso il
Tribunale di Torre Annunziata nei confronti di Antonino Pavoniti,
residente a Palermo, procacciatore d’affari nel campo dei beni
culturali, finito agli arresti domiciliari, e due antiquari
restauratori di Meta di Sorrento, nel Napoletano, Raffaele Caso e
Teresa Aversa, colpiti invece dalla misura interdittiva del divieto di
esercitare l’attività di commercio di opere d’arte.
settembre 2008 proprio da Pavoniti in qualità di acquirente di quattro
dipinti antichi, rivelatisi poi contraffatti, presso il laboratorio di
restauro di Caso e Aversa. La successiva perquisizione consentì di
trovare numerosi dipinti abilmente contraffatti nella firma e
nell’esecuzione. Ma, secondo la Procura di Torre Annunziata, Pavoniti
aveva acquistato i quattro dipinti «pur consapevole della loro falsità
pagandoli peraltro una cifra notevolmente inferiore rispetto al normale
valore di mercato che, per opere originali di analoga fattura, veniva
quotata intorno ai 250 mila euro».
di rivendere a sua volta i dipinti come autentici sul mercato
palermitano, magari sfruttando la buona fede di acquirenti poco esperti
del settore e ricavando un ingiusto profitto».
risultati privi di copertura finanziaria provocando la denuncia dei due
antiquari sorrentini. Lo stesso Pavoniti, a sua volta, aveva poi deciso
di denunciare i due ai carabinieri.