Famiglie italiane sempre più povere – Il rapporto shock di Confcommercio e i “timidi segnali” di ripresa
«Se nel 2014 l’Italia avesse avuto la stessa pressione fiscale della Germania, ciò avrebbe significato circa 66 miliardi di minore prelievo fiscale, vale a dire, circa 23 miliardi in meno di Irpef e altrettanti di imposte indirette, nonché 20 miliardi in meno di carico contributivo su imprese e lavoratori». E’ quanto si legge, numeri alla mano, nell’impietoso Rapporto Confcommercio 2016 presentato in questi giorni. Un documento che dimostra come a frenare ogni possibilità di autentica ripresa sia proprio la mazzata fiscale imposta dallo Stato a cittadini e imprese. «Come ammettono gli stessi esperti di Confcommercio – sbotta l’avvocato Angelo Pisani, presidente di noiconsumatori.it – ridurre la pressione fiscale sarebbe l’unico strumento possibile per ridare ossigeno al famiglie ed apparato produttivo, ma, viene spiegato, questo sarebbe possibile sono attraverso “sostanziosi ridimensionamenti della spesa pubblica, particolarmente nei suoi impieghi improduttivi”, perché bisogna tenere conto degli stringenti vincoli imposti dall’Europa». «Ciò significa – aggiunge Pisani – che è vero quanto andiamo dicendo da anni, e cioè che finora i governi non hanno mostrato una reale volontà di condurre il Paese fuori dalla recessione, continuando a tartassare gli italiani». Ma il Rapporto Confcommercio per Pisani «potrà rappresentare lo stimolo giusto affinché questo possa cominciare realmente ad accadere, in ogni caso noi resteremo in prima linea per spingere il governo ad un taglio della spesa improduttiva e conseguente allentamento della morsa fiscale».
Intitolato “Dalla Grande Recessione alla ripresa? Segnali positivi ma fragili”, il Rapporto Confcommercio denuncia che le famiglie italiane in condizione di povertà assoluta sono quasi raddoppiate negli anni della crisi: +78,5%, con una incidenza sul totale passata dal 3,5% pre-recessione al 5,7% del 2014. Infatti, le famiglie assolutamente indigenti, che erano oltre 823mila nel 2007, sono salite a quasi 1,5 milioni nel 2014. Le persone in povertà assoluta hanno superato nel 2014 i 4 milioni, con un incremento di quasi il 130% rispetto al 2007, arrivando a sfiorare il 7% della popolazione. La prolungata e profonda recessione ha modificato drasticamente i comportamenti e i modelli di consumo. Le principali funzioni di consumo hanno evidenziato, tra il 2008 e il 2014, pesanti riduzioni, compresa la stessa spesa alimentare che si è contratta in quantità di oltre il 12%, così come fortemente penalizzati sono risultati gli acquisti di beni durevoli (-25% circa), con punte superiori al 40% relativamente all’acquisto di mezzi di trasporto.
Quanto ai “timidi segnali”, lo studio mostra che nel 2015 si è verificata un’inversione del ciclo. E che in questa prima parte del 2016 sembrano rafforzarsi i segnali di ripresa già timidamente manifestatisi lo scorso anno. Reddito disponibile e spesa delle famiglie in termini reali sono cresciuti dell’1% circa, sia come livelli assoluti, sia come grandezze pro capite, mentre il risparmio ha evidenziato un recupero più modesto, intorno a mezzo punto percentuale. Nel corso del 2015, le principali funzioni di consumo, misurate in quantità, sono ritornate ad esibire tassi di crescita positivi, con un forte balzo dei mezzi di trasporto (+18% circa rispetto al 2014), conseguenza del rimbalzo statistico favorevole.
«Accogliamo favorevolmente il dato sui “timidi segnali” – conclude il presidente Pisani – e così pure le promesse del premier Renzi (Fisco, Renzi: siamo pronti a interventi fiscali per le famiglie), ma ribadiamo che su tutto questo manterremo alta la guardia».
E’ l’ora di chiedere una commissione d’inchiesta sulle torture fiscali subite dai cittadini