Figli universitari fuori sede: sì all’aumento del mantenimento
“Tanguy” all’italiana no grazie. Ma quando il
figlio maggiorenne è uno studente universitario fuori sede l’assegno di
mantenimento può essere aumento. Perché la maggiorazione del contributo
fisso è dovuto all’incremento delle esigenze economiche del ragazzo
ormai maggiorenne che studia ancora in una città diversa da quella di
residenza. È quanto emerge dalla sentenza 400/10 della Cassazione.
E’ stato respinto il ricorso di
un padre condannato con un decreto della Corte d’Appello di Roma a
versare un assegno più alto alla moglie per il mantenimento del figlio
maggiorenne, universitario fuori sede. I giudici di merito – osservano
gli “ermellini” – hanno legittimamente e plausibilmente ricondotto
l’avversata maggiorazione del contributo fisso di mantenimento
all’aumento delle esigenze economiche ordinarie del figlio, verificando
anche la perdurante assenza di indipendenza economica da parte del
ragazzo, nonché le risorse economiche di entrambi i genitori. Quanto al
padre la Corte d’appello ha esaminato anche la capienza delle sue
disponibilità patrimoniali, escludendo il sopravvenuto peggioramento
rispetto all’epoca della separazione consensuale. D’altra parte –
aggiunge il “Palazzaccio” – l’incremento delle esigenze del ragazzo è
legato alla sua crescita e allo sviluppo della sua personalità in
svariati ambiti, compreso quello della formazione culturale e della
vita sociale. La dazione pecuniaria, comunque – scrive Piazza Cavour –
può essere quantificata espungendo le necessità della prole che
comportano spese straordinarie, eventualmente d’istruzione,
suscettibili di essere autonomamente regolate secondo il diverso regime
dell’anticipazione pro quota o della ripetizione sempre pro quota dei
relativi esborsi senza che ciò determini sovrapposizioni o duplicazione
di spesa per l’onerato. Senza dimenticare poi che l’incremento delle
esigenze del figlio non ha bisogno di specifica dimostrazione. E la
revisione dell’assegno di mantenimento è legittima pure in mancanza di
evoluzioni migliorative delle condizioni patrimoniali del genitore
tenuto alla contribuzione.