Figlio risarcito per le mancate donazioni Cassazione civile , sez. III, sentenza 26.01.2010 n° 1524
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 26 gennaio 2010, n. 1524
Svolgimento del processo
Il
Tribunale di Trento condannò l’Azienda Provinciale per i Servizi
Sanitari (APSS) a risarcire i danni subiti dal D. per la morte della
madre avvenuta a seguito di intervento chirurgico.
La
sentenza, appellata da ambedue le parti, è stata parzialmente riformata
dalla Corte di Trento, la quale: ha confermato il giudizio di
responsabilità a carico dei sanitari; ha escluso la sussistenza del
danno patrimoniale a carico del D.; ha proceduto alla diversa
liquidazione del danno non patrimoniale.
Propone ricorso
per cassazione il D. a mezzo di cinque motivi. Risponde con
controricorso l’APSS, la quale propone anche ricorso incidentale svolto
in un unico motivo ed illustrato da memoria.
Motivi della decisione
I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., siccome proposti contro la medesima sentenza.
Preliminarmente
deve essere esaminato il ricorso incidentale dell’Azienda, che censura
la sentenza per violazione di legge e vizi della motivazione in ordine
al giudizio di responsabilità dei medici.
Il motivo è in
parte inammissibile ed in parte infondato. E’ inammissibile nei punti
in cui si risolve nella richiesta, in sede di legittimità, di una nuova
valutazione del merito della causa e degli elementi probatori raccolti
nel corso dell’istruttoria. E’ infondato, quanto ai lamentati vizi,
nella considerazione che il giudice s’è correttamente adeguato ai
consolidati principi giurisprudenziali in tema di responsabilità
concorrente (contrattuale ed extracontrattuale) dell’Azienda e di onere
probatorio a carico della vittima (prova a carico di questa della
stipulazione del contratto e dell’inadempimento del professionista, con
onere, invece, a carico della struttura di provare che la prestazione
sia stata eseguita in modo idoneo e che gli esiti letali siano dipesi
da evento imprevisto ed imprevedibile). Per il resto, la motivazione
della sentenza si manifesta congrua e logica.
Quanto,
infine, alla doglianza del mancato accertamento, sia pure incidentale,
del fatto reato, basti dire che da tempo la consolidata giurisprudenza
ha escluso la necessità del collegamento tra danno non patrimoniale e
fatto illecito costituente reato.
Passando al ricorso
principale del D., il suo primo motivo concerne il punto in cui la
sentenza ha escluso il diritto dell’attuale ricorrente al risarcimento
del danno patrimoniale, sul presupposto “che il solo invio di denaro –
che fra l’altro per quanto consta in atti non necessariamente avveniva
ogni mese ma con scadenze variabili – da parte della madre non è
sufficiente a dimostrare una necessità del figlio incapace o
impossibilitato a provvedere al proprio mantenimento… ben potendo
rappresentare invece, come avviene nella maggior parte dei casi, una
semplice elargizione, pur ripetuta nel tempo, che l’anziana genitrice
intendeva effettuare in favore del figlio lontano quale supporto
economico, onde consentirgli un magici agio economico… onde i
versamenti possono ragionevolmente ritenersi semplici elargizioni a
titolo grazioso… senza che in capo all’appellante fosse maturato
alcun diritto”.
Il motivo è fondato.
In
tema, la giurisprudenza ha già avuto modo di spiegare che il fatto che
il figlio della vittima, deceduta a seguito di un fatto illecito
altrui, sia maggiorenne ed economicamente indipendente non esclude la
configurabilità (e la conseguente risarcibilità) del danno patrimoniale
da lui subito per effetto del venir meno delle provvidenze aggiuntive
che il genitore gli destinava, posto che la sufficienza dei redditi del
figlio esclude l’obbligo giuridico del genitore di incrementarli, ma
non il beneficio di un sostegno durevole, prolungato e spontaneo,
sicchè la perdita conseguente si risolve in un danno patrimoniale,
corrispondente al minor reddito per chi ne sia stato beneficato (Cass.
8 ottobre 2008, n. 24802; 14 luglio 2003, n. 11003).
La
sentenza impugnata – come può evincersi dal brano sopra trascritto – ha
disatteso questo principio, confondendo l’obbligo alimentare
(necessario al sostentamento del figlio) con la spontanea elargizione
di somme di danaro (che sembra accertato essere state ripetute
abitualmente nel tempo) comportante l’incremento patrimoniale del
reddito del figlio. Essa va, dunque, cassata sul punto ed il giudice
del rinvio procederà ad un suo nuovo esame, adeguandosi al principio di
diritto sopra enunciato.
Inammissibile è il secondo
motivo con il quale il ricorrente sostiene che il giudice, nella
liquidazione del danno, non avrebbe dovuto far riferimento alle tabelle
in uso presso il Tribunale di Trento, bensì a quelle in uso presso il
Tribunale di Rovereto (le quali prevederebbero una liquidazione
superiore del 30% o 40%), dove (per ragioni non spiegate) si sarebbe
dovuto radicare il contenzioso. Non è configurabile alcun diritto del
danneggiato a vedere applicata l’una o l’altra tabella nella
liquidazione del danno subito, posto che quello tabellare è un mero
criterio di stima e di calcolo tendente ad uniformare l’attività
liquidatoria a casi che tra di loro prospettano similitudini e che
presuppone il determinante ragguaglio delle tabelle stesse alle
peculiarità del caso concreto.
Nella caso in esame, il
giudice ha scelto d’utilizzare la tabella del Tribunale di Trento,
spiegando che essa ha il pregio di essere più personalizzata, con
riferimento non solo all’età della vittima ed al rapporto di parentela,
bensì anche alla convivenza o meno del danneggiato con il congiunto
deceduto (nella specie la vittima era ultrasettantenne ed il figlio
adulto viveva da anni in Colombia).
Infondato è il terzo
motivo (nel quale si sostiene che il giudice avrebbe ridotto l’importo
liquidato dal primo giudice a titolo di danno non patrimoniale senza
che sul punto fosse stata proposta specifica impugnazione), in
considerazione del fatto che l’appello incidentale dell’Azienda tendeva
(cfr. le conclusioni trascritte nell’epigrafe della sentenza) al totale
rigetto della domanda del D. o, in subordine, alla riduzione della
precedente condanna.
Inammissibile è il quarto motivo,
con il quale il ricorrente lamenta che il giudice si sia esclusivamente
interessato dei profili attinenti alla responsabilità del personale
sanitario in sede di intervento chirurgico e non anche di “quello
postoperatorio, comprensivo delle affrettate dimissioni e del
successivo ricovero d’urgenza caratterizzato da una totale incapacità
diagnostica per non dire da vero e proprio panicò.
A
riguardo, basti dire che la sentenza attribuisce l’esclusiva e totale
responsabilità del sinistro alla condotta dei sanitari operatori e la
parte (totalmente vittoriosa sul punto) non ha interesse al
coinvolgimento di altri soggetti e di altre eventuali responsabilità.
Assorbito
(in considerazione della cassazione qui disposta) è il quinto motivo,
attinente alla parziale compensazione delle spese del giudizio operata
dal giudice d’appello.
In conclusione, devono essere
respinti i motivi dal secondo al quarto del ricorso principale, nonchè
il ricorso incidentale, deve essere dichiarato assorbito il quinto
motivo del ricorso principale, deve essere accolto il primo motivo del
ricorso principale, con cassazione sul punto della sentenza impugnata.
P.Q.M.
La
Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso incidentale, nonchè i
motivi dal secondo al quarto del ricorso principale, dichiara assorbito
il quinto motivo del ricorso principale, accoglie il primo motivo del
ricorso principale ed, in relazione ad esso, cassa la sentenza
impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Trento in diversa
composizione, anche perchè provveda sulle spese del giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma, il 11 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010.
La Cass. civ., sez. III, 26 gennaio 2010, n.
1524 ha precisato che i figli della vittima, nonostante fossero
maggiorenni ed economicamente indipendenti, hanno diritto al
risarcimento del danno patrimoniale, in quanto ciò è un fatto che, di
per sé, non è in contrasto con la possibilità che essi (figli)
ricevevano provvidenze aggiuntive ai loro redditi.
La
sufficienza dei redditi di figlio può escludere l’obbligo giuridico di
incrementarlo da parte dei suoi genitori, ma non esclude il beneficio
quando i genitori vi provvedono durevolmente, prolungatamente e
spontaneamente. La perdita conseguente si risolve nel danno
patrimoniale, corrispondente al minor reddito per chi ne sia beneficato
(così anche Cass. civ., Sez. III, sentenza 14 luglio 2003, n. 11003).
Infatti,
va ricordato che, nel vigente ordinamento, il risarcimento non riveste
natura di sanzione, né ha carattere di assoluta generalità, bensì
svolge la specifica funzione di reintegrazione e riparazione di
effettivi pregiudizi conseguenti a fatti illeciti, sicché può operare
solo ove sussistano tali presupposti, e cioé non oltre i limiti
strutturali che segnano l’ambito del sistema della responsabilità
civile.
E, d’altra parte, sotto il profilo risarcitorio, i
prossimi congiunti della vittima, in questo caso, il figlio, non
risultano sforniti di adeguata tutela, poiché la morte del familiare
consente ad essi di invocare iure proprio il risarcimento del danno
“patrimoniale”, consistente nella perdita delle utilità economiche che
il defunto assicurava e che avrebbe presumibilmente continuato a
fornire anche in futuro, secondo i noti principi acquisiti in materia.