Figlio torna disoccupato? Risorge diritto al mantenimento
Con una decisione interessante la Corte di Cassazione torna nuovamente ad occuparsi del diritto al mantenimento dei figli in una situazione particolarmente significativa quale la disoccupazione involontaria.
Nel caso affrontato, e deciso, con la sentenza 26 settembre 2011, n. 19589 un padre chiede di vedere estinto l’obbligo del mantenimento nei confronti dei due figli che oramai hanno raggiunto la propria autosufficienza economica. Infatti, il primo era stato assunto a tempo indeterminato nella Polizia di Stato, mentre la seconda aveva aperto un esercizio commerciale – successivamente chiuso -, dimostrando in tal modo di aver raggiunto anch’essa l’autosufficienza economica.
Mentre nel primo caso è indiscutibile il raggiungimento dell’autosufficienza economica, nella seconda ipotesi sono sorti dei dubbi in merito alla particolare vicenda venutasi a verificare. Infatti, all’inizio di attività lavorativa da parte della figlia, tra l’altro titolare di partita IVA e della ditta Rigeneratrice sud, ha fatto seguito uno stato di sopravvenuta disoccupazione ponendo quindi il quesito sulla possibile reviviscenza dell’obbligo di mantenimento. Al riguardo, i giudici della Corte di appello di Catanzaro hanno escluso tale reviviscenza, ritenendo senza rilievo il successivo abbandono dell’attività lavorativa da parte del figlio, trattandosi di una scelta che, se determina l’effetto di renderlo privo di sostentamento economico, non può far risorgere un obbligo di mantenimento i cui presupposti erano già venuti meno.
Al contrario, la Cassazione ribalta l’impostazione dei giudici di Catanzaro ribadendo l’orientamento costante della Corte in merito alla questione. Infatti, l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, ai sensi degli artt. 147 e 148 cod. civ., non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della loro maggiore età – come ora codificato dall’art. 155 quinquies, primo comma, cod. civ. -, ma perdura, immutato, finché il genitore interessato alla declaratoria, della cessazione dell’obbligo stesso non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato dello stesso, il. cui accertamento non può che ispirarsi a criteri di relatività, in quanto necessariamente ancorato alle aspirazioni, al percorso scolastico, universitario e post-universitario del soggetto ed alla situazione attuale del mercato del lavoro, con specifico riguardo al settore nel quale il soggetto abbia indirizzato la propria formazione e la propria specializzazione (cfr. da ultimo Cass. n. 1830/2011).
Elemento decisivo è risultato l’erroneo comportamento dei giudici della Corte di Appello che hanno ritenuto totalmente assolto l’onere probatorio mediante la dimostrazione del solo inizio dell’attività lavorativa, mentre avrebbe dovuto ritenere assolto detto onere anche con la concorrente prova che l’attuale stato di disoccupazione della figlia era dipeso da un comportamento inerte o di rifiuto ingiustificato della stessa.
Da qui la decisione dei giudici del Palazzaccio di riunire i ricorsi, rigettando il principale ed accogliendo quello incidentale con la cassazione del decreto impugnato nella parte in cui dichiara cessato dalla data del deposito del ricorso introduttivo, l’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento in favore della figlia – in relazione alle censure accolte e rinviare, anche per le spese, alla Corte d’Appello di Catanzaro, in diversa composizione.