Finti chiechi, computer sabotati appena scattò l’operazione
NAPOLI
(9 marzo) – Ha paura e chiede protezione. Sotto casa ha visto aggirarsi
persone poco sospette, teme per sé e per la sua famiglia. L’appello
porta la firma del principale (al momento) teste d’accusa nel corso
delle indagini sulla grande truffa delle finte pensioni di invalidità.
Falsi ciechi, falsi pazzi, falsi sordomuti e chissà quant’altro ancora
potrebbe venir fuori dalle indagini condotte in questi mesi dai
carabinieri del comando provinciale del colonnello Mario Cinque. C’è un
testimone, ma anche annotazioni di polizia giudiziaria. Una di queste
risale al 12 gennaio scorso e fotografa cosa è avvenuto all’esterno
degli uffici gestiti da Salvatore Alajo e dai presunti organizzatori
della truffa dei finti invalidi.
Qualcuno – a leggere la nota di pg – avrebbe provato a cancellare
tracce ed elementi. Si sarebbe mosso subito dopo gli oltre sessanta
arresti ai domiciliari per i beneficiari della truffa. «Presso la sede
del patronato di via Solitaria – si legge nell’informativa dei militari
– vi era la presenza di ben quattro tra cui Alexandra Danaro (moglie di
Salvatore Alajo), di Luigi Alajo (padre di Salvatore), di Ciro
Giardulli, ma vi era anche un forte andirivieni di auto con lo stemma
dello Stato».
Cos’erano quelle auto con lo stemma dello Stato? Chi c’è dietro il
grande sacco all’Inps? È quanto stanno cercando i militari agli ordini
del capitano Federico Scarabello e del luogotenente Tommaso Fiorentino,
nel corso dell’inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Francesco
Greco e dal pm Giuseppe Noviello.
C’è comunque un sospetto, sulla finalità del blitz all’interno del
patronato da parte dei soggetti indicati nella nota: «Subito dopo
l’esecuzione delle misure cautelari, tali individui hanno provveduto a
disfarsi immediatamente dei computer e delle pratiche inerenti la
truffa». Verifiche in corso, mentre resta vibrante l’sos lanciato dal
teste d’accusa, il primo pentito della storia delle finte pensioni, per
il quale il pm ha deciso di correre ai ripari: è stato infatti fissato
un incidente probatorio per «congelare» la sua testimonianza e renderla
utilizzabile nel corso di un eventuale processo a carico degli artefici
della truffa.
Agli atti anche una lettera «intercettata», un manoscritto indirizzato
dal consigliere di Chiaia Salvatore Alajo allo stesso pentito, che un
tempo faceva parte del business delle finte pensioni. Un testo che
suona minatorio, zeppo di rimandi e di avvertimenti: «Caro ”omissis”,
purtroppo neanche tu sei diverso dagli altri».
Poi, la lettera di Salvatore Alajo entra nel vivo: «Guarda che hai
degli impegni che io da qui sto verificando, impegni che devi portare a
termine al più presto, in caso contrario salteranno probabilmente anche
le cose precedenti. Aspetto una risposta entro due giorni, ma i guai
sono altri». Poi l’affondo finale: «Io mi faccio la galera senza
problemi perché sono sempre stato consapevole però non voglio pagare
per i reati degli altri o per i complici. Se io parlo, te l’assicuro in
due giorni, starete tutti qui a farmi compagnia, perciò comportati bene
e stai al fianco dei miei cari».
Parole sinistre, nel corso di quella che gli inquirenti ritengono
essere una strategia studiata a tavolino per zittire testimoni, per
impedire forme di collaborazione, per limitare i danni. In altre
lettere-pizzini, Salvatore Alajo si rivolge a personaggi
insospettabili: «State attenti – è il senso dei messaggi – che qui se
parlo io, lo scandalo diventa talmente grande da restare sui giornali
per almeno due anni».
Grandi manovre, strategie sottili. A partire da un dato di fatto: la
truffa delle finte invalidità civili potrebbe interessare un giro
d’affari di ben 9 milioni di euro (nove volte tanto quanto era emerso
dalle prime indagini) e i soldi non sono stati trovati. Che fine ha
fatto il tesoro della truffa? Ci sono soci occulti dietro la famiglia
Alajo? Difesi dai penalisti Arturo Frojo e Giuseppe Ricciulli, il
consigliere municipale e la moglie Alexandra Danaro respingono le
accuse, limitandosi a ripetere di aver solo aiutato la gente del
quartiere.