Fisco, Cassazione silura studi di settore: «Da soli non provano nulla»
ROMA (21 dicembre) – Le Sezioni Unite
della Cassazione hanno emesso una sentenza, la 26635, destinata a
rivoluzionare in favore del contribuente la formazione della prova
nelle cause con il fisco. La Suprema Corte ha respinto il ricorso con il quale l’Agenzia delle entrate
sosteneva che gli studi del settore “parrucchiere da uomo” fossero
applicabili – tout-court – anche nel caso del gestore di un piccolo
salone dell’entroterra lucano che già da anni aveva ammortizzato i
costi riferiti a minime quantità di beni e servizi, acquistati in tempi
remoti, e ormai obsoleti.
La sentenza specifica così che gli studi di settore –
spauracchio dei contribuenti che hanno un’attività in proprio – non
sono più un parametro certo in base al quale l’Agenzia delle entrate
può inoltrare la cartella di accertamento fiscale sulla presunzione che
lo scostamento, dai parametri di reddito introdotti dalla legge
finanziaria del 1996, nasconda l’elusione dell’imposta dovuta.
Gli studi di settore, infatti, anche se frutto della diretta
collaborazione con le categorie interessate, sono da considerare solo
«una elaborazione statistica, il cui frutto è una ipotesi
probabilistica che, per quanto seriamente approssimata, può solo
costituire una presunzione semplice».
D’ora in poi – quindi – sono da considerarsi nulli gli accertamenti fiscali che
si poggiano solo sulle indicazioni provenienti dagli studi di settore.
Anche nelle cause con il fisco la prova si forma in dibattimento e il
contribuente «ha la più ampia facoltà di prova» per contestare
«l’applicabilità degli standard al caso concreto».
La soddisfazione di Confesercenti. «La sentenza della Cassazione ribadisce quello che la Confesercenti
ha sempre sostenuto, vale a dire che gli studi di settore sono un punto
riferimento ma che non vanno considerati esaustivi riguardo alla
fedeltà del contribuente rispetto ai suoi impegni con il fisco». Così
Mauro Bussoni, vicedirettore generale della Confesercenti, commenta il
pronunciamento della Corte di Cassazione. «Certo, ora bisognerà capire
bene il contenuto della sentenza e vedere il caso nello specifico ma
comunque la sentenza ribadisce un concetto importante, cioè – prosegue
Bussoni – che lo scostamento dagli studi di settore non vuol dire che
il contribuente sia in dolo, e comunque vi è per il contribuente o
l’azienda la possibilità di un contraddittorio, indicando i motivi di
tali scostamento. Una sentenza insomma che non può che migliorare il
rapporto tra contribuente e fisco».
Confartigianato: la Cassazione svelenisce il clima. La sentenza
della Cassazione «contribuisce a svelenire il clima in materia di studi
di settore e pone nella giusta centralità il contraddittorio. Ci deve
essere un momento di dialogo vero tra l’Agenzia delle Entrate e il
contribuente», afferma Andrea Trevisan, responsabile del settore
tributario della Confartigianato.