FMI: paesi UE sull’orlo del baratro
La Banca centrale europea si tiene le mani libere per incrementare in qualsiasi momento gli acquisti di titoli di Stato dei Sedici, alcuni dei quali sono «sull’orlo del baratro» secondo il Fondo monetario internazionale. E per fronteggiare i mercati, che due giorni fa hanno colpito duro anche Spagna e Italia, l’Eurotower fa una netta retromarcia: niente exit strategy dalle misure d’emergenza almeno fino alla primavera.
È il compromesso raggiunto fra i falchi e le colombe che oggi si sono fronteggiati al board della Bce, mentre circolano rumor su presunte pressioni da Madrid e Roma per un aumento degli acquisti di bond da parte dell’Eurotower. Dopo la scontata decisione di mantenere i tassi invariati, il presidente della Bce Jean-Claude Trichet ha dovuto usare ancora una volta il bilancino per descrivere la posizione della Bce di fronte all’aggravarsi della crisi. A «maggioranza qualificata» – ha spiegato – il board ha deciso, contrariamente a quanto detto fino a un mese fa, che continuerà a inondare le banche di liquidità illimitata (a tasso di fatto fisso) nelle aste a uno e tre mesi e in quelle settimanali fino a tutto marzo. Con la benedizione del Fmi è un addio alla ‘exit strategy’, dunque, dopo che il salvataggio irlandese ha tutt’altro che rasserenato i mercati. Rifiutando di entrare nel merito della recente volata dei premi di rendimenti anche in Spagna e Italia, Trichet ha spiegato di essere stato lui stesso a parlare di «tensioni» sui mercati al board di stamani.
Massima cautela, quella del francese, che non ha mai pronunciato parole come «contagio». Tutto il contrario del connazionale capo del Fmi Dominique Strauss-Kahn: una ricaduta dell’Europa in recessione «non è impossibile» e Grecia e Irlanda «sono sull’orlo del baratro», seguite a breve distanza da altri Paesi non specificati. Compromesso anche sugli acquisti di titoli di Stato europei. Da maggio hanno totalizzato 67 miliardi, puntellando soprattutto il debito greco e irlandese. Il Wall Street Journal scriveva stamani che Italia, Spagna e Portogallo «sembrano essere più a rischio contagio» e sugli acquisti di bond «sono in prima linea nel chiedere alla Bce azioni più decisive». Il New York Times rincara la dose: gli investitori – scrive – hanno iniziato a chiedersi se Belgio e Italia «possano essere i prossimi anelli deboli nell’Unione Monetaria Europea». Il board, con il tedesco Axel Weber contrario questa misura, non è andato oltre la decisione di tenersi le mani libere: gli acquisti restano «in corso» – dice Trichet – saranno «commisurati» alle tensioni finanziarie, e i mercati farebbero bene a tener conto della nostra «determinazione» contro la crisi.
La linea della Bce è che la crisi, che investe le politiche nazionali più che quelle monetarie, deve produrre uno scatto in avanti nel coordinamento fra i Paesi: «nell’Unione economica e monetaria abbiamo una buona ‘M’, la ‘È deve essere migliorata e lo sarà: quando i tempi diventano molto impegnativi, gli Europei prendono le decisioni». Vista dalla Bce, la crisi ruota attorno a una scarsa disciplina di bilancio alimentata, negli anni passati, dai maggiori Paesi dell’euro. E così Trichet non rinuncia a togliersi un sassolino dalla scarpa: «Spero nessuno dimentichi in Germania, ma anche in Francia e Italia, che fra il 2004 e 2005 ci fu una convergenza di idee per distruggere il Patto di stabilità». La linea di Francoforte, che a volte sembra ignorare i mercati sempre pronti ad assaltare il debito della ‘periferia di Eurolandia, riflette anche un quadro macroeconomico ancora da decifrare.
Trichet parla di «ripresa» ma anche di «elevata incertezza». E nota che dallo scorso anno le stime di crescita degli economisti della Bce sono sempre state riviste in meglio. Le ultime, pubblicate oggi, danno l’espansione dei Sedici (oggi confermata a +0,4% nel terzo trimestre con l’Italia a +0,2%) a una media dell’1,7% nel 2010, dell’1,4% nel 2011 e dell’1,7% nel 2012. Il quadro internazionale migliora: l’Ocse oggi ha previsto che i flussi di investimento estero diretto nell’insieme del 2010 caleranno dell’8%, dopo il crollo (-43%) dell’anno scorso e del precedente (-19%). Dopo una crisi che non è «ciclica» ma «strutturale» – dice Arrigo Sadun, direttore esecutivo per l’Italia al Fondo monetario internazionale – «la ripresa continuerà, a ritmi accettabili, anche se diversi da quelli ai quali eravamo abituati».