Foria e Sanità patrimonio dell’umanità. Protetti due dei quartieri più antichi
Il centro storico di Napoli sotto
l’egida dell’Unesco a giugno si amplierà di 15 ettari. Entrano a far
parte della grande area anche la Sanità e Foria, che andranno ad
aggiungerei ai 720 ettari già «controllati» dall’Unesco. L’ipotesi,
contenuta nel Piano di gestione approvato dalla giunta comunale, sarà
formalmente presentata al Comitato per il patrimonio dell’Unesco che, a
giugno, si esprimerà. Ma non solo: il Piano ha ampliato anche la
cosiddetta «zona tampone» , un’area perimetrale, di circa 1.600 ettari,
che tocca Bagnoli, Coroglio, le zone collinari di Posillipo e del
Vomero fino ai Colli Aminei, comprendendo anche il Porto di Napoli. FONDI CONGELATI –
Questa zona, ha spiegato Francesco Bandarin, direttore generale per la
Cultura dell’Unesco, serve «a proteggere i valori iscritti da
interventi inopportuni» , come ad esempio interventi di trasformazione
che dovranno, dunque, essere valutati sulla base dell’impatto che
potrebbero avere sul Centro storico. In questa dimensione, il Piano va
così a tutelare non solo gli aspetti storici e monumentali, ma anche il
valore paesaggistico della città. E fin qui, le regole. Nessun
certezza, invece, sui fondi che serviranno per rilanciare il centro
storico: per ora, infatti, i fatidici 220 milioni di euro inizialmente
previsti per realizzare circa 200 progetti, sono tutti congelati. Anzi,
nel caso di 38 milioni già stanziati per rendere operativi cinque
progetti definitivi, è scattata pure la revoca il 28 gennaio scorso. Al
Comune, però, sono comunque soddisfatti per un lavoro che rappresenta
un po’ la «carta» sulla quale si deciderà il futuro del centro storico,
indipendentemente da chi sarà il sindaco in futuro.
«Con oggi — ha detto il sindaco Rosa Russo Iervolino — abbiamo
mantenuto l’impegno preso un anno fa con l’Unesco e abbiamo realizzato
un lavoro che non solo mira a conservare, ma a valorizzare al massimo e
rendere fruibile il nostro immenso patrimonio» . Quattro gli assi di
intervento: conservazione, tutela e valorizzazione del patrimonio
pubblico e privato; misure a sostegno della produzione, del commercio e
del turismo; interventi in tema di trasporti e infrastrutture; misure
volte alla produzione della conoscenza. Un Piano complesso la cui
realizzazione sarà gestita dall’apposito Dipartimento Centro
storico-Patrimonio Unesco» , all’interno della macchina comunale, per
raccordare tutto l’apparato tecnico-amministrativo e sarà diretto da un
coordinatore, che si chiamerà «Conservatore» , che come detto
dall’assessore all’Edilizia Pasquale Belfiore «sarà nominato
direttamente dal sindaco» . Per quanto riguarda gli interventi
immediati, nei prossimi mesi sarà bandito un nuovo progetto Sirena, da
10 milioni di euro, per i Quartieri spagnoli. Il Piano secondo
l’assessore alla Cultura Nicola Oddati «è un’ eredità significativa che
lasciamo al futuro della città» , mentre il vicepresidente della
Provincia di Napoli Gennaro Ferrara ha sottolineato come si tratti di
«un investimento ad alto ritorno non solo sul piano sociale e culturale,
ma anche economico»
Grande attenzione, comunque, è stata riservata al Piano da tutte le
istituzioni locali coinvolte nella realizzazione ed attuazione delle
misure inserite nel Piano di gestione perché, ha detto l’assessore
regionale all’Urbanistica, Marcello Taglialatela, «Regione, Provincia e
Comune hanno l’obbligo di lavorare per il benessere della città
superando le proprie posizioni per il raggiungimento di obiettivi
comuni» . Alla presentazione, sono interventi, oltre alla sindaca
Iervolino e agli assessori Oddati e Belfiore, anche Liana Marolla del
ministero degli Esteri, Maurizio di Stefano, presidente Comitato
nazionale italiano Icomos, Gregorio Angelini, direttore regionale per i
Beni culturali, e il Rettore dell’Università Federico II Massimo
Marrelli. «I Piani di gestione— ha sottolineato Bandarin — sono
strumenti applicati per lo più ad aree monumentali, archeologiche,
mentre qui siamo in un campo molto innovativo dal quale — ha aggiunto —
cercheremo anche di imparare per vedere come altre città possono usare
la metodologia seguita qui che considera la città come paesaggio
storico e non solo area monumentale» . Un Piano che secondo Bandarin
«rispecchia la stratificazione storica della città e parla delle sua
specificità» .