Fugge davanti all’altare? Deve risarcire i danni. Ma non tutti
La promessa di matrimonio è una cosa seria e va rispettata. Lo ricorda la Corte di Cassazione che avverte: l’ingiustificata rottura della promessa può far scattare una condanna al risarcimento dei danni. Prima di fuggire davanti all’altare dunque (o meglio prima di fare promesse) è bene riflettere: non che ci sia un obbligo di contrarre il matrimonio (ci mancherebbe altro) ma è bene sapere che, come dispone l’art. 85 del codice civile, il “promittente” che senza giusto motivo ricusi di eseguire la promessa dovrà risarcire il danno all’altra parte per le spese fatte e per le obbligazioni contratte a causa di quella promessa. A mettere in guardia da chi con troppa facilità fa una promessa di matrimonio (che peraltro per essere valida – è bene ricordarlo – va fatta per atto pubblico o per scrittura privata) è la sesta sezione civile della Corte di Cassazione (Sentenza n.9 del 2 gennaio 2012). I supremi giudici ricordano che rompere questo tipo di promessa senza giustificato motivo fa sorgere obblighi risarcitori ma in tal caso non si applicano i principi generali in tema di responsabilità civile e non si può quindi riconoscere un risarcimento del danno completo in tutte le sue componenti. Del resto diversamente la norma finirebbe con il trasformarsi in un’indebita coercizione ad accettare un matrimonio non desiderato. Risarcimento si dunque ma limitato alle sole spese affrontate e alle obbligazioni assunte in vista del matrimonio. Non vanno invece risarcite le altre voci di danno e neppure il cosiddetto danno non patrimoniale che i giudici di primo grado avevano invece erroneamente liquidato.