Furto e ricatto, presa la gang del cavallo di ritorno
C’era chi raccoglieva le richieste dei clienti e chi le smistava alla
squadra operativa. Chi pianificava i colpi – che avvenivano
rigorosamente di notte – e chi studiava i nuovi sistemi di allarme,
anche su internet, scaricando dalla rete i programmi più sofisticati.
Poi c’erano gli uomini destinati ai sopralluoghi e quelli che entravano
in azione esibendo un’abilità degna di miglior causa: capaci di
smontare un bloccasterzo di ultima generazione o di azionare uno
strumento che emettendo onde magnetiche schermava e neutralizzava gli
antifurti satellitari. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando i
furti di autovetture erano affidati a ladruncoli spesso maldestri.
Altri tempi. Oggi a rubare macchine e ciclomotori ci pensano
organizzazioni specializzate, talmente padrone della materia da aver
trasformato le vecchie bande in vere e proprie holding criminali che
spesso agiscono con il benestare della camorra. Questo almeno svelano
le oltre 400 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal
giudice Aldo Policastro su richiesta dei pubblici ministeri della
sezione di Procura coordinata dal procuratore aggiunto Giovanni
Melillo. Trentasei misure cautelari, in buona parte ai domiciliari, per
180 capi di imputazioni e per accuse che variano dall’associazione per
delinquere alla estorsione, rapina, riciclaggio e ricettazione. Napoli
e la Campania continuano a detenere il triste primato dei furti d’auto.
Solo il 40 per cento dei mezzi rubati viene ritrovato. Pochissime le
denunce: la quasi totalità di chi subisce la rapina o il furto
preferisce sottostare al cosiddetto «cavallo di ritorno»:
all’estorsione che gli stessi ladri impongono al legittimo
proprietario, chiedendogli una somma di denaro (che varia dai 700 ai
5000 euro) in cambio della restituzione del bene. Emblematici i numeri
di quest’indagine condotta dai carabinieri della compagnia di
Giugliano, diretta dal capitano Alessandro Andrei: «Su oltre 150 furti
esaminati – ha spiegato il procuratore aggiunto Melillo – solo una
decina di vittime ha collaborato con la giustizia. E una sola ha
denunciato il torto subito. Da questa indagine emerge un quadro di
straordinario allarme sociale. Amareggia dover constatare la ritrosia e
la riluttanza a collaborare con le foirze dell’ordine. E ad aggravare
il fenomeno c’è la presenza della criminalità organizzata che impone, a
modo suo, il “pizzo” sul diritto di proprietà». La camorra, in questa
inchiesta, fa capolino attraverso Antonio Lago (finito ai domiciliari),
esponente dell’omonimo clan attivo a Pianura. Avrebbe «intercesso»
presso una delle bande di ladri di auto per ridurre il prezzo di un
cavallo di ritorno. Ma l’inchiesta svela anche altri particolari: la
complicità diffusa di una rete di insospettabili: officine meccaniche,
garage, e persino di due concessionarie di auto – una a Meta di
Sorrento, l’altra a San Gennarello. Le due organizzazioni criminali
specializzate nei furti e nelle rapine di auto e scooter entravano in
azione per effettuare i cavalli di ritorno, ma spesso anche su
commissione, quando cioè officine o concessionari chiedevano pezzi di
ricambio che, sul mercato, costerebbero cifre molto più alte.
Mancanza di collaborazione L’auto che mi è stata rubata il 10/12 scorso teneva istallato il dispositivo di rilevazione satellitare VIASAT che ha puntualmente monitorato tutti gli spostamenti dalle ore 5.50 alle ore 8.10. Come si spiega che la Polstrada di Napoli allertata dai carabinieri di Salerno non ha concretamente recuperata la vettura? Si è trattato di grave omissione o qualcosa di peggio? L’ho chiesto alla Procura della Repubblica di Salerno ma non ho avuto risposta