Garante privacy: al via le linee guida per l’informazione giuridica
di sentenze e provvedimenti giurisdizionali su riviste giuridiche, cd
rom, dvd, siti istituzionali e maggiori tutele per i minori coinvolti
in vicende processuali. Il Garante per la privacy, sulla base di
segnalazioni e quesiti ricevuti e dopo ampia consultazione con gli
operatori e gli editori del settore, ha adottato specifiche Linee guida
sull’informazione giuridica. Le Linee guida, in via di pubblicazione
sulla Gazzetta Ufficiale, non si applicano all’attivita’ giornalistica e
non incidono sulle norme processuali (non riguardano quindi gli
originali delle sentenze e degli altri provvedimenti giurisdizionali,
ne’ il loro deposito nelle cancellerie giudiziarie).
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Devono essere oscurati, sempre e in ogni caso, i dati dei minori e
delle parti nei procedimenti che hanno ad oggetto i rapporti di famiglia
e lo stato delle persone (ad es. controversie in materia di
matrimonio, filiazione, adozione, abusi familiari, richieste di
rettificazione di sesso), anche quando il giudizio si riferisca ad
aspetti patrimoniali o economici. - Devono, inoltre, essere omessi i dati relativi ad altre persone
dai quali si possa desumere, anche indirettamente, l’identita’ dei
soggetti tutelati. I dati vanno oscurati non solo nei provvedimenti
riprodotti per esteso, ma anche in quelli diffusi sotto forma di
massima o nell’ambito di un elenco. - Oltre a questa forma di tutela assoluta, in tutti gli altri casi
chiunque sia interessato (le parti in un giudizio civile o l’imputato
in un processo penale, ma anche un testimone o un consulente) puo’
rivolgere un’istanza al giudice, prima della conclusione del processo,
con la quale chiede che, in caso di riproduzione del provvedimento per
finalita’ di informazione giuridica, siano oscurati le generalita’ e
ogni altro elemento in grado di identificarlo.
guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione
di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica
– 2 dicembre 2010
riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti,
presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del
dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti e del
dott. Daniele De Paoli, segretario generale;
il Codice in materia di protezione dei dati personali (d. lg. 30
giugno 2003, n. 196), anche in riferimento all’art. 154, comma 1, lett.
h);
le istanze (segnalazioni, richieste di chiarimenti e quesiti)
pervenute riguardo al trattamento di dati personali effettuato
attraverso la pubblicazione, da parte di uffici giudiziari, riviste
giuridiche e altri soggetti, su supporti cartacei e informatici, nonché
mediante reti di comunicazione elettronica, di sentenze e altri
provvedimenti emessi dall’Autorità giudiziaria;
l’esigenza di individuare un quadro unitario di misure e di
accorgimenti necessari e opportuni, volti a fornire orientamenti utili
per tutti i soggetti interessati, pubblici e privati;
l’esito della consultazione indetta con case editrici e operatori del
settore dell’informazione giuridica; considerate le risultanze
dell’audizione svolta;
le osservazioni dell’Ufficio, formulate dal segretario generale ai
sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante, n. 1/2000;
1. di adottare le “Linee guida” contenute nel documento allegato quale parte integrante della presente deliberazione;2.
di inviare copia del presente provvedimento al Ministero della
giustizia e al Consiglio superiore della magistratura, per opportuna
conoscenza nonché – per quanto di rispettiva competenza – per
l’adozione di ogni iniziativa ritenuta idonea alla massima diffusione
presso gli uffici giudiziari interessati;3.
ai sensi dell’art. 143, comma 2, del Codice, di trasmettere al
Ministero della giustizia-Ufficio pubblicazione leggi e decreti copia
del presente provvedimento, unitamente alle menzionate “Linee guida”,
per la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Pizzetti
Chiaravalloti
De Paoli
guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione
di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica
– 2 dicembre 2010
1.1 Scopo delle linee guida
Scopo delle presenti linee guida, che fanno seguito a richieste di
chiarimenti e a quesiti posti da case editrici e operatori del settore
dell’informazione giuridica, e tengono conto della consultazione indetta
con tali soggetti, è di fornire orientamenti utili a uffici
giudiziari, editori di riviste giuridiche specializzate e ogni altro
soggetto, pubblico e privato, che svolge attività di riproduzione di
sentenze e altri provvedimenti giurisdizionali, su supporti cartacei e
informatici, nonché mediante reti di comunicazione elettronica, per
finalità di informazione giuridica, al fine di garantire il rispetto
dei princìpi in materia di protezione dei dati personali ai sensi del
d. lg. 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia protezione dei dati
personali; d’ora in avanti: Codice).Le
presenti linee guida intendono anche fornire agli interessati che
hanno rivolto al Garante numerose segnalazioni, indicazioni in ordine
ai diritti loro attribuiti e ai limiti e condizioni per il loro
esercizio, come previsti in particolare dagli artt. 51 e 52 del Codice.1.2 Ambito considerato
I predetti orientamenti e indicazioni riguardano esclusivamente
l’attività di informatica giuridica, intesa come attività di
riproduzione e diffusione di sentenze o altri provvedimenti
giurisdizionali in qualsiasi forma, per finalità di informazione
giuridica, ovvero di documentazione, studio e ricerca in campo
giuridico, su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti
di comunicazione elettronica, compresi i sistemi informativi e i siti
istituzionali dell’Autorità giudiziaria (artt. 51 e 52 del Codice).Sono,
pertanto, esclusi dall’ambito di applicazione delle presenti linee
guida i trattamenti effettuati presso gli uffici giudiziari di ogni
ordine e grado, il Consiglio superiore della magistratura, gli altri
organi di autogoverno e il Ministero della giustizia, “per ragioni di
giustizia”, intendendosi per tali, per quanto qui interessa, i
trattamenti di dati personali direttamente correlati alla trattazione
giudiziaria di affari e di controversie (art. 47, comma 2, del
Codice).(1)Le
presenti linee guida non incidono, quindi, sulle norme processuali che
l’autorità giudiziaria deve rispettare e applicare nello svolgimento
delle attività e nell’adempimento degli obblighi derivanti
dall’esplicazione delle funzioni giurisdizionali, come previsti dalle
pertinenti disposizioni codicistiche. Non riguardano, in particolare,
l’attività di redazione degli originali delle sentenze e degli altri
provvedimenti giurisdizionali e il loro contenuto (art. 52, comma 1,
del Codice), né la loro pubblicazione mediante il deposito nelle
cancellerie e segreterie giudiziarie, secondo le disposizioni che
disciplinano tali attività (artt. 133 e ss. c.p.c.; artt. 125 e ss.
c.p.p.).Restano
ferme anche le disposizioni processuali concernenti la visione e il
rilascio di estratti e di copie di atti e documenti (art. 51, comma 1,
del Codice).Sono
esclusi, infine, dall’ambito di applicazione delle presenti linee
guida i trattamenti effettuati nell’esercizio dell’attività
giornalistica, disciplinata da specifiche disposizioni sulla protezione
dei dati personali (artt. 136 e ss. del Codice; Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica, provv. del Garante 29 luglio 1998, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 3 agosto 1998, n. 179).
La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali costituisce fonte
preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e
strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini
dell’esercizio del potere giurisdizionale.(2)
Codice favorisce la più ampia diffusione delle sentenze e degli altri
provvedimenti dell’Autorità giudiziaria per i quali sia stato assolto,
mediante il deposito nella cancellerie e nelle segreterie giudiziarie,
l’onere della pubblicazione previsto dalle disposizioni dei codici di
procedura civile e penale.(3)
conoscenza di tali provvedimenti può, infatti, essere realizzato, in
primo luogo, dalla stessa Autorità giudiziaria “anche attraverso il
sistema informativo e il sito istituzionale della medesima autorità
nella rete Internet” (art. 51, comma 2), osservando alcune cautele
previste dallo stesso Codice (art. 52, commi da 1 a 6), volte alla
tutela dei diritti e della dignità degli interessati.
l’osservanza di tali cautele, è inoltre “ammessa la diffusione in ogni
forma del contenuto anche integrale di sentenze e di altri
provvedimenti giurisdizionali” (art. 52, comma 7).
cautele previste dal Codice rinvia anche l’art. 56, comma 2, del d.
lg. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’amministrazione digitale) che, con
riferimento alle “sentenze e alle altre decisioni del giudice amministrativo e contabile, rese pubbliche mediante deposito in segreteria”, ne prevede la pubblicazione anche sul sito istituzionale della rete Internet “osservando le cautele previste dalla normativa in materia di tutela dei dati personali”. Il comma 2-bis della medesima disposizione aggiunge che “i
dati identificativi delle questioni pendenti, le sentenze e le altre
decisioni depositate in cancelleria o segreteria dell’autorità
giudiziaria di ogni ordine e grado sono, comunque, rese accessibili ai
sensi dell’articolo 51 del codice in materia di protezione dei dati
personali approvato con decreto legislativo n. 196 del 2003”.
L’art. 52 pone alcune cautele alla libera diffusione dei provvedimenti giurisdizionali.
particolare, prevede una particolare procedura, descritta nei commi da
1 a 4, attraverso la quale ogni interessato può chiedere, con istanza
depositata presso la cancelleria o segreteria dell’ufficio giudiziario
avanti al quale si svolge il giudizio, che le sue generalità e ogni
altro dato idoneo a identificarlo siano omessi in caso di riproduzione
del provvedimento. I dati presi in considerazione dalla norma sono i
dati identificativi, vale a dire, oltre alle generalità, ogni altro
dato idoneo a identificare direttamente l’interessato (art. 4, comma 1,
lett. c) del Codice).
3.1 La richiesta dell’interessato (art. 52, comma 1)
La richiesta può essere presentata da ogni interessato, ovvero dalla
persona fisica, persona giuridica, ente o associazione cui si
riferiscono i dati personali (art. 4, comma 1, lett. l) del Codice).Sono
quindi legittimati a inoltrare l’istanza non solo le parti di un
giudizio civile, o l’imputato in un processo penale, ma anche qualsiasi
altro soggetto – quale, ad esempio, un testimone o un consulente –
reso identificabile nel provvedimento attraverso l’indicazione delle
generalità o di altri dati identificativi.Rimane
fermo che l’eventuale omissione può riguardare solo l’interessato che
ha proposto la relativa richiesta, e non altri soggetti.La richiesta è sottoposta ad alcune condizioni e limiti.In
primo luogo, l’istanza deve essere rivolta all’ufficio giudiziario
procedente, avanti al quale si svolge il giudizio, mediante il suo
deposito nella cancelleria o segreteria giudiziaria. Va evidenziato che
il deposito deve avvenire “prima che sia definito il relativo grado di giudizio”,
vale dire a procedimento in corso. Un’istanza proposta dopo la
definizione del giudizio (ad esempio, dopo l’emissione della sentenza)
resterebbe priva di effetto.La
richiesta deve contenere l’esplicita istanza che la cancelleria o la
segreteria riportino, sull’originale della sentenza o del
provvedimento, un’annotazione che specifichi che in caso di
riproduzione del provvedimento non può essere riportata l’indicazione
delle generalità e di altri dati identificativi del richiedente.Inoltre la richiesta deve essere espressamente motivata, poiché in essa l’interessato deve specificare i “motivi legittimi”
che la giustificano, quali la delicatezza della vicenda oggetto del
giudizio o la particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento
(ad esempio, dati sensibili).Peraltro,
l’omissione dei dati dell’interessato non può avvenire per qualsiasi
utilizzo delle copie del provvedimento, ma solo ove questo venga
riprodotto in qualsiasi forma (cartacea, informatica o su altro
supporto):– per esclusive finalità di informazione giuridica, come definita al punto 1.2 che precede;– su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica.La
procedura prevista dall’art. 52 è quindi finalizzata a ottenere
l’omissione dei dati solo in caso di riproduzione del provvedimento per
l’indicata specifica finalità.3.2 La decisione sulla richiesta (art. 52, comma 2)
La competenza a decidere sulla richiesta spetta all’Autorità
giudiziaria presso cui pende il giudizio e che deve pronunciare la
sentenza o adottare il provvedimento.La
decisione assume la forma di un decreto, riportato in calce
all’istanza. La decisione può essere adottata in tempi anche molto
brevi, poiché la norma prescrive che la decisione sia assunta “senza ulteriori formalità”.In caso di rigetto della richiesta, ovviamente nessuna annotazione va apposta sull’originale del provvedimento.3.3 Anonimizzazione disposta d’ufficio: in particolare, i dati sensibili
La disposizione di cui al comma 2 aggiunge che l’annotazione
sull’originale della sentenza può essere disposta dal magistrato, per le
medesime finalità di informazione giuridica, anche d’ufficio, cioè
senza richiesta di parte.La
norma ora richiamata fa carico all’Autorità giudiziaria di una
specifica responsabilità nell’attenta valutazione dell’opportunità
dell’anonimizzazione dei provvedimenti.Tale
responsabilità è fortemente accentuata nei casi in cui vengono in
rilievo dati personali dotati di particolare significatività che, se
indiscriminatamente diffusi, possono determinare negative conseguenze
sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell’interessato (ad
esempio, in ambito familiare o lavorativo).É questo sicuramente il caso in cui nel provvedimento siano contenuti dati sensibili (art. 4, comma 1, lett. d)
del Codice), che sono oggetto nella normativa del Codice di
particolari forme di tutela e, fra questi, dati idonei a rivelare lo
stato di salute o la vita sessuale degli interessati.Ciò,
anche in considerazione delle limitazioni che, proprio in ambito
giudiziario, vengono poste alla stessa difesa dei diritti in giudizio,
laddove si richiede che il diritto dell’interessato alla riservatezza
di tali dati possa essere sacrificato solo ove il diritto azionato sia
“di rango pari” a quello dell’interessato medesimo, “ovvero consistente in un diritto o libertà fondamentale e inviolabile” (art. 26, comma 4, lett. c) del Codice).Relativamente
ai dati idonei a rivelare lo stato di salute (con riferimento ai quali
sono giunte al Garante numerose segnalazioni degli interessati che ne
hanno lamentato la diffusione e la conseguente agevole reperibilità
anche attraverso i comuni motori di ricerca), anche altre disposizioni
del Codice pongono, con carattere di generalità, uno specifico divieto
di diffusione, valevole per i soggetti sia pubblici, sia privati (artt.
22, comma 8 e 26, comma 5 del Codice).La
salvaguardia dei diritti degli interessati attraverso un oscuramento
delle loro generalità non pregiudica la finalità di informazione
giuridica, sottesa alla diffusione del provvedimento, che il Codice
intende salvaguardare, ma può risultare necessaria, nell’ottica di un
corretto bilanciamento dei diversi interessi, rimesso alla
responsabilità dell’Autorità giudiziaria procedente, per tutelare la
sfera di riservatezza degli interessati.Spetta
quindi all’Autorità giudiziaria farsi carico, prima della definizione
del procedimento, di valutare attentamente tale profilo, nella
prospettiva di un’efficace tutela dei diritti e della dignità delle
persone coinvolte nei procedimenti giudiziari.3.4 L’attuazione della richiesta (art. 52, comma 3)
Come già rilevato, ove con il decreto la richiesta dell’interessato
venga accolta, spetta alla cancelleria o alla segreteria giudiziaria
darvi esecuzione, apponendo sull’originale del provvedimento, all’atto
del deposito da parte del magistrato, anche con un timbro,
un’annotazione che riporti l’indicazione dell’art. 52 del Codice e la
dizione: “In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di …”.
L’indicazione dell’art. 52 ha lo scopo di escludere che il divieto
possa essere esteso a ipotesi di diffusione diverse rispetto a quella
della riproduzione del provvedimento per finalità di informazione
giuridica.Oltre all’obbligo ora evidenziato, non emergono ulteriori incombenti a carico degli uffici giudiziari.In
particolare, non incombe sulle cancellerie e segreterie l’onere di
cancellare materialmente i dati dell’interessato sulle copie dei
provvedimenti rilasciate a chi ne abbia diritto e che riportino la
menzionata annotazione.Ciò, in primo luogo, in quanto il rilascio della copia costituisce attività di comunicazione (art. 4, comma 1, lett. l) del Codice(4)), e non di diffusione dei dati (lett. m), comma cit.(5)), per ciò stesso esclusa dal dettato dell’art. 52.Inoltre,
come già rilevato, le disposizioni in esame non incidono in alcun modo
sugli adempimenti svolti dalle cancellerie e dalle segreterie
giudiziarie che, in quanto connessi allo svolgimento dei processi,
comportano trattamenti effettuati per ragioni di giustizia. Il rilascio
di copie, attività direttamente disciplinata dalle norme codicistiche,
rientra in tale ambito, come pure, ad esempio, l’invio della sentenza
all’ufficio deputato alla sua registrazione.Spetta
a chi riceve la copia provvedere all’omissione dei dati ove intenda
riprodurla e diffonderla per finalità di informazione giuridica.3.5 Il divieto di diffusione dei provvedimenti (art. 52, comma 4)
I primi tre commi dell’art. 52 descrivono la procedura finalizzata
all’apposizione dell’annotazione volta all’omissione dei dati.In
caso di accoglimento della richiesta, il comma 4 prescrive di omettere
l’indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi
dell’interessato in caso di diffusione, per le descritte finalità, dei
provvedimenti giurisdizionali che rechino detta annotazione.La
prescrizione è rivolta in primo luogo all’Autorità giudiziaria, alla
quale già il secondo comma dell’art. 51, nello stabilire il principio
della libera accessibilità a chiunque dei provvedimenti
giurisdizionali, anche attraverso il sistema informativo e il sito
istituzionale nella rete Internet, impone l’osservanza delle cautele
previste dall’art. 52.La
prescrizione è rivolta anche a tutti gli altri soggetti, terzi
rispetto all’Autorità giudiziaria, che svolgono attività di diffusione
dei provvedimenti per finalità di informazione giuridica.Va
sottolineato che la prescrizione si riferisce espressamente anche alla
diffusione delle massime giuridiche estratte dai provvedimenti
sull’originale dei quali sia apposta l’annotazione sull’omissione dei
dati.Ne
consegue che anche in caso di riproduzione delle sole massime deve
essere posta la dovuta attenzione, attraverso l’esame della copia
dell’originale del provvedimento, che le stesse risultino prive delle
generalità e di altre informazioni idonee a identificare gli
interessati che abbiano ottenuto dall’Autorità giudiziaria di vedere
omessi i dati che li riguardano.
4.1 Caratteristiche specifiche
Il comma 5 dell’art. 52 del Codice pone uno specifico, ulteriore,
divieto di diffusione dei dati dei minori e delle parti nei procedimenti
giudiziari in materia di rapporti di famiglia e di stato delle
persone.Si
tratta di una tutela più ampia rispetto a quella posta dai primi
quattro commi del medesimo articolo. La norma impone, infatti, di
omettere, nei casi ivi considerati, non solo le generalità e gli altri
dati identificativi dei soggetti tutelati, – come prevede il quarto
comma – ma anche gli “altri dati anche relativi a terzi dai quali può desumersi anche indirettamente l’identità” di tali soggetti.Inoltre l’obbligo opera “in ogni caso”,
cioè, come pure precisa testualmente la norma, ancorché la sentenza o
l’altro provvedimento giudiziale oggetto di diffusione non riporti
l’annotazione di cui al comma 2 dell’art. 52. Si tratta di un divieto
assoluto; neppure il consenso dei soggetti interessati può determinare
l’inapplicabilità dell’obbligo in esame.Benché
si tratti di un incombente non espressamente imposto dalla norma, si
ritiene comunque opportuno che l’Autorità giudiziaria provveda
d’ufficio, attraverso la già descritta procedura, all’annotazione
sull’originale del provvedimento dell’obbligo di anonimizzazione, al
fine di evitare illecite divulgazioni dovute a dubbi sull’oggetto o sui
contenuti dei provvedimenti, o anche a mera negligenza.Con l’espressione “chiunque”,
la norma del Codice intende riferirsi a qualunque soggetto che
effettua trattamenti di dati personali a fini di informazione
giuridica, attività che è l’oggetto specifico della disciplina di cui
al capo III del titolo I della parte seconda del Codice, come si evince
anche dalla rubrica.La
disposizione non riguarda trattamenti che abbiano diverse finalità.
Tra gli altri, non si applica, quindi, ai trattamenti effettuati nello
svolgimento dell’attività giornalistica (ad esempio, alla cronaca
giudiziaria), che rimangono disciplinati dalle pertinenti disposizioni
in materia di protezione dei dati personali (su cui v. punto 1.1).I
soggetti tutelati sono i minori coinvolti in qualunque tipo di
procedimento giudiziario e le parti, limitatamente ai procedimenti in
materia di rapporti di famiglia e di stato civile delle persone di cui
al Libro I del Codice Civile (quali, ad esempio: matrimonio e sue
vicende, filiazione, adozione, ordini di protezione contro gli abusi
familiari, azioni di stato, richieste di rettificazione di sesso).Va rilevato che in quest’ultimo caso la legge utilizza il termine “parti”, non “interessati”,
come nel primo comma dell’art. 52. Pertanto, la disposizione riguarda
solo le parti processuali dei procedimenti giurisdizionali in materia
di famiglia o di status personale. Eventuali altri soggetti coinvolti
in tali procedimenti e che si ritengano interessati a ottenere
l’oscuramento delle loro generalità e di altri dati identificativi
contenuti nei relativi provvedimenti (ad esempio, i testimoni), devono
ricorrere alla procedura di anonimizzazione disciplinata dai primi
quattro commi dell’art. 52.L’obbligo
di omissione dei dati identificativi delle parti dei procedimenti in
materia di famiglia e di status sussiste anche nei casi in cui la
controversia attenga a rapporti di tipo patrimoniale o economico.La tutela in esame si aggiunge a quella prevista dall’art. 734-bis c.p. (“Divulgazione delle generalità o dell’immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale”),
che viene espressamente richiamato, il quale punisce chiunque
divulghi, nell’ambito di determinati delitti a sfondo sessuale
(soprattutto, ma non solo, relativi a minori)(6), anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l’immagine della persona offesa senza il suo consenso.4.2 Casi particolari
In relazione a quesiti che sono stati posti con riferimento ad alcuni
particolari profili del divieto posto dal comma 5 dell’art. 52, deve
essere, in primo luogo, chiarito che il divieto di diffusione delle
generalità, degli altri dati identificativi e degli ulteriori dati che
consentano di identificare i minori o le parti nei procedimenti in
materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone non può,
ovviamente, trovare applicazione ove la lettura della sentenza o di
altro provvedimento non permetta, facendo applicazione dell’ordinaria
diligenza, di individuare il coinvolgimento di un minore o delle parti
dei menzionati procedimenti.Ciò chiarito, si precisa che:– la
disposizione intende fare riferimento non solo alla sentenza o altro
provvedimento emessi nel procedimento in cui è coinvolto il minore o in
materia di rapporti di famiglia e di stato delle persone, ma anche a
qualsiasi sentenza o altro provvedimento che contenga dati personali,
anche di terzi, che consentono, “anche indirettamente”, di svelare l’identità delle persone tutelate;– la
norma richiede ai soggetti che diffondono i provvedimenti per finalità
di informazione giuridica di esercitare un’ordinaria diligenza
nell’esame del testo delle sentenze e degli altri provvedimenti. In
particolare, rientrano nell’oggetto del divieto le informazioni che,
nella valutazione della fattispecie concreta, permettano di risalire
agevolmente all’identificazione del minore o delle parti nei giudizi in
questione (ad esempio, i nominativi dei genitori del minore o la
scuola da questo frequentata, o l’indirizzo dell’abitazione delle parti
processuali);– il
divieto di diffusione dei nomi dei minori e delle parti nei
procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di stato delle
persone concerne anche il divieto di farne cenno nell’ambito di massime
giuridiche che sono tratte da sentenze o altri provvedimenti che, se
diffusi in forma integrale, devono essere anonimizzati. Ciò, anche se,
di per sé, la massima non rivela che è tratta da un provvedimento
emesso in un procedimento in cui sono coinvolti un minore oppure le
parti nelle materie dei rapporti di famiglia e di stato delle persone
(ad esempio, perché enuncia un principio di diritto di carattere
processuale). Anche in tali casi, infatti, le massime sono idonee a
svelare l’identità dei soggetti tutelati (si pensi al caso in cui altra
rivista – o anche la medesima, in altra parte o fascicolo – pubblichi
il testo integrale della sentenza anonimizzata, e l’incrocio fra la
pubblicazione della sentenza e della massima consenta di svelare
l’identità dei soggetti protetti);– per
la medesima ragione, analogo divieto di diffusione dei dati dei minori
e delle parti nei procedimenti in materia di rapporti di famiglia e di
stato delle persone sussiste anche relativamente alla pubblicazione di
tali dati nell’ambito di un elenco di sentenze o di altri
provvedimenti, anche senza massimazione, ove si tratti di sentenze o
altri provvedimenti che, in caso di diffusione in forma integrale,
devono essere anonimizzati perché idonei a svelare l’identità dei
soggetti protetti.
Il comma 6 dell’art. 52 estende le altre disposizioni dell’articolo “anche in caso di deposito del lodo ai sensi dell’art. 825 del codice di procedura civile”.
applica, quindi, anche a tale particolare pronuncia, come
espressamente previsto dalla disposizione, la procedura di
anonimizzazione dei provvedimenti, con le regole poste riguardo alla
presentazione della richiesta dall’interessato (comma 1), alla
decisione degli arbitri, anche d’ufficio (comma 2), all’apposizione
dell’annotazione (comma 3), e al divieto di diffusione (comma 4), oltre
che, ovviamente, il divieto ex lege di cui al comma 5.
il lodo può essere redatto “in uno o più originali” (art. 824 c.p.c.),
l’annotazione, ove disposta, va ovviamente riportata su tutti gli
originali.
Codice aggiunge che “in modo analogo” provvede anche il collegio
arbitrale costituito preso la camera arbitrale per i lavori pubblici ai
sensi dell’articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109. Tale
disposizione deve ritenersi ora applicabile all’arbitrato previsto del
d. lg. 12 aprile 2006, n. 163 (“Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”),
che ha abrogato la legge n. 109/1994, e il cui art. 241, nel
sostituire l’art. 32, opera espresso riferimento all’art. 825 c.p.c..
“Agli effetti del presente codice si intendono effettuati per
ragioni di giustizia i trattamenti di dati personali direttamente
correlati alla trattazione giudiziaria di affari e di controversie, o
che, in materia di trattamento giuridico ed economico del personale di
magistratura, hanno una diretta incidenza sulla funzione
giurisdizionale, nonché le attività ispettive su uffici giudiziari. Le
medesime ragioni di giustizia non ricorrono per l’ordinaria attività
amministrativo-gestionale di personale, mezzi o strutture, quando non è
pregiudicata la segretezza di atti direttamente connessi alla predetta
trattazione”.
Tali princìpi si rinvengono nelle Raccomandazioni del Consiglio
d’Europa R(2001)2 e R(2001)3, adottate dal Comitato dei Ministri il 20
febbraio 2001, con le quali gli Stati membri sono stati invitati ad
adottare ogni misura necessaria per favorire l’accesso dei cittadini
agli archivi legislativi e giurisprudenziali attraverso l’uso delle
tecnologie dell’informazione.
articoli 51 e 52 contengono norme tendenti ad agevolare lo sviluppo
dell’informatica giuridica nel rispetto dei principi in materia di
protezione dei dati personali”.
“”comunicazione”, il dare conoscenza dei dati personali a uno o più
soggetti determinati diversi dall’interessato, dal rappresentante del
titolare nel territorio dello Stato, dal responsabile e dagli
incaricati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a
disposizione o consultazione”.
“”diffusione”, il dare conoscenza dei dati personali a soggetti
indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a
disposizione o consultazione”.