Gelmini: nuova Università al via nel 2010
I soldi per la riforma dell’Università «ci sono»: e saranno conquistati
dal budget dell’incasso dello scudo fiscale. C’è il via libera del
Tesoro alla destinazione delle risorse dallo scudo fiscale, valutando
la cifra da impegnare, ma c’è già «un minimo di accordo con i rettori».
La riforma dell’Università si farà subito. Incassato il sì al ddl dal
Consiglio dei ministri, la titolare dell’Istruzione, Mariastella
Gelmini è convinta che l’iter parlamentare sarà veloce e che, quindi,
la riforma sarà legge entro l’inizio del 2010: febbraio o marzo al
massimo. Non è volontà del governo privatizzare gli atenei, garantisce
il ministro che è intervenuta ieri a Radio anch’io, ma restituire
dignità all’istituzione pubblica attraverso «una gestione trasparente,
efficace, responsabile delle risorse pubbliche», abbandonando l’idea
dei finanziamenti a pioggia. Tenendo conto che il dibattito dura ormai
da circa un anno e che ha visto il coinvolgimento della Crui, del
Consiglio universitario nazionale, di molti esperti e anche di tutte le
forze politiche, «credo – ha detto la Gelmini – che l’approvazione
della riforma possa essere abbastanza rapida. Nei primi mesi del
prossimo anno: se non sarà febbraio, sarà marzo al massimo».
Successivamente saranno approntati i regolamenti, i decreti
legislativi, infine, gli atenei, come aveva spiegato mercoledì in
conferenza stampa, avranno un periodo di sei mesi per adeguare i propri
statuti. Il ministro liquida così tutti i dubbi sollevati sulla
copertura finanziaria. Tremonti ha dato il suo placet, ne è riprova il
fatto che mercoledì l’abbia affiancata, e se lui «ha detto che va bene,
vuole dire che i soldi ci sono. Mi sembra abbastanza vigile sul tema
delle risorse». La copertura sarà garantita dalle somme provenienti
dallo scuso fiscale. D’altra parte, ha aggiunto il ministro, anche il
presidente Berlusconi aveva dato la sua garanzia individuano tre
priorità: l’Università, la sicurezza, le missioni all’estero. Rimane da
quantificare la cifra necessaria, ma su questo, ha garantito Gelmini,
«c’è già un minimo di accordo anche con la conferenza dei rettori». Del
resto, per il ministro, i soldi non sono l’unico problema
dell’Università italiana: «Non facciamo – ha ammonito – lo stesso
errore commesso nella scuola pensando che i problemi si risolvano solo
aumentando le risorse». I nodi da affrontare sono la necessità di
ricambio generazionale, la penalizzazione di chi fa ricerca, la
proliferazione dei corsi di laurea e l’assenza di meritocrazia e di
valutazione. Lo si farà puntando su «una maggiore equità, grazie a una
vera politica di diritto allo studio: non buttare via i soldi in corsi
di laurea, in insegnamenti, in facoltà, in sedi distaccate totalmente
inutili, ma risparmiare risorse per borse di studio, prestiti d’onore,
fondi per i ragazzi più meritevoli». Questo non significa, ha
precisato, privatizzare le Università: «È una grande sciocchezza, una
grande bugia e invito tutti a leggere il provvedimento e a non
ragionare con i criteri del secolo passato».