Giudice di pace di Napoli – Sezione prima civile – sentenza 18 gennaio- 20 luglio 2005
Giudice di pace di Napoli – Sezione prima civile – sentenza 18 gennaio- 20 luglio 2005
Giudice Marzano
Sepe (avv. Pisani) contro Gest Line Spa (avv. Gulia)
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 21/07/2004 l’attore conveniva in giudizio la Gest Line S.p.A., esponendo: che detto ente aveva comunicato che in seguito al mancato pagamento di carichi di ruolo, richiamate nel provvedimento impugnato, per complessivi € 303,71=, era stato dato avvio alla procedura di iscrizione del fermo amministrativo presso il PRA del veicolo tg. AC 947 PC; che non aveva alcun debito nei confronti della convenuta, avendo sempre adempiuto ad ogni sua obbligazione, né aveva mai ricevuto alcuna notifica della presunta cartella esattoriale e/o contravvenzione, comunque già oggetto di opposizione e conseguente annullamento e/o sgravio, in provvedimento era assurdo, pretestuoso e viziato da molteplici violazioni di legge ed assoluta elusione ed ignoranza della normativa sulla trasparenza, correttezza e buona fede degli atti amministrativi e della violazione della legge sulla privacy, tanto da risultare inconfutabilmente nullo inammissibile, invalido e dunque inefficace, anche perché emanato in totale carenza di potere; che il necessario regolamento di attuazione prescritto dal comma 4 dell’articolo 86 Dpr 602/73 non era stato ancora emanato, rendendo inapplicabile la normativa vigente in materia di fermo amministrativo; che non essendo stato emanato il suddetto regolamento nessuna validità giuridica poteva essere riconosciuta al provvedimento di fermo amministrativo, in quanto non espressione diretta del diritto positivo; che era palese ed evidente l’assoluta carenza di potere della convenuta ad emanare provvedimenti di fermo amministrativo e dunque l’evidente abuso e violazione del trattamento dei dati personali, al fine di procurarsi un generico, indebito ed irregolare pagamento; che non poteva essere condivisa la tesi circa la presunta applicabilità del precedente regolamento approvato con DM 503/98, in quanto detta disciplina era ancorata a presupposti e termini diversi previsti dal vecchio articolo 86 Dpr 603/73, quindi risultava inapplicabile la norma di cui al detto articolo, come modificato dal D.Lgs 46/1999 e 193/01 in assenza di una valida e completa regolamentazione attuativa ed in ogni caso con esclusione del potere di ricorrere a tale mezzo di cautela per la riscossione dei crediti non derivanti da mancato pagamento di imposte sul reddito. In particolare, ammettere la possibilità di applicazione della norma de qua, in assenza di un principio che fissi la proporzione tra ammontare del credito da riscuotere e valore del bene da fermare, significa consentire al concessionario di usare tale istituto non come mezzo di cautela bensì come mezzo di pressione sul presunto debitore per indurlo al pagamento, e ciò anche con grave violazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito; che la mancata applicazione della normativa prevista dal nuovo articolo 86 comma 4, investe gravi profili di illegittimità costituzionale ex articolo 24 e 97 Costituzione; che con riferimento all’articolo 24 Costituzione la violazione discende dall’inerzia del legislatore nell’emanazione del prescritto Regolamento Ministeriale che deve contenere “modalità e termini del fermo amministrativo”; che i profili di legittimità dell’articolo 97 Costituzione discendono, invece, proprio dalla condotta illegittima della convenuta che nell’applicazione della legge vigente è sfociata in un evidente abuso del diritto e/o eccesso di potere; che quanto dedotto è dimostrato dal fatto che spesso la convenuta allo scadere dei venti giorni non procede all’iscrizione del fermo amministrativo, ma di questo i cittadini non sanno nulla e per paura non utilizzano l’autoveicolo, subendo gravi danni personali, patrimoniali ed esistenziali; che le pretese impositive a base del fermo amministrativo erano arbitrariamente e confusamente conteggiate e quantificate, in palese violazione della legge sulla trasparenza degli atti amministrativi, della norma sulla privacy e sul legittimo trattamento dei dati personali; che per fatto, colpa, inadempimento e gravi violazioni addebitabili elusivamente alla convenuta aveva subito gravi danni personali e patrimoniali. Da stress, ansia, danno esistenziale e turbamento della qualità della vita; che a nulla erano valsi i tentativi esperiti a mezzo telefonate, file, attese e reclami al fine di giungere ad un bonario componimento ed alla archiviazione della controversia. Concludeva: 1) accertare e dichiarare la illegittimità della procedura di fermo amministrativo disposta sul veicolo dell’istante; 2) per l’effetto accertare, previo provvedimento di sospensione del fermo amministrativo impugnato, accertare e dichiarare la nullità, inammissibilità, inefficacia dello stesso fermo amministrativo, con una esemplare decisione che impedisca alla convenuta di insistere in tale attività illegittima ed arbitraria a pregiudizio e danno dell’attore ed in violazione alla legge, nonché di nullità ed inefficacia anche di ogni pretesa di pagamento o di ogni altro atto collegati o e dallo stesso discendenti; 3) condannare la convenuta al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e morali, per tutti i giorni in cui l’istante non ha potuto utilizzare il suo veicolo, ritenuto ormai un bene essenziale per la collettività, nonché i danni tutti i danni esistenziali e alla salute causati dallo stress, dal turbamento psichico , dall’ansia causato da un atto arbitrario dell’autorità e dalla paura di perdere il proprio veicolo, senza contare la fatica patita dall’istante, persona anziana, per le lunghe ed interminabili code subite agli sportelli della convenuta per tentare ottenere informazioni sulla triste ed amara vicenda de quo, nella misura e nei limiti di € 1.100,00= o in quella maggiore o minore somma ritenuta di giustizia, anche secondo valutazione equitativa; 4) in via subordinata, qualora si volesse considerare atto esecutivo il provvedimento di fermo contestato con la domanda introduttiva, dichiarare legittima ed ammissibile la domanda come opposizione ex articolo 615 1° comma c.p.c. al disposto fermo amministrativo da riconoscersi nullo, inefficace, inammissibile e temerario; 5) condannare alla refusione delle spese di giudizio anche ai sensi dell’articolo 96 Cpc, con clausola di attribuzione per fattone anticipo; All’udienza del 17 gennaio 2005 si costituiva la convenuta Gest Line S.p.A., la quale a mezzo del proprio difensore, contestava la domanda attrice eccependo la legittimità del fermo amministrativo, la omessa vocato in ius dei litsconsorti, inammissibilità dell’atto di citazione intesa come opposizione all’esecuzione, l’esistenza del regolamento di attuazione, inammissibilità ed infondatezza della domanda, infondatezza della richiesta di cancellazione al PRA, infondatezza della richiesta di risarcimento, ed, infine chiedeva accogliersi le seguenti conclusioni: in via preliminare l’improcedibilità e/o l’inammissibilità della domanda proposta ex adverso, per tutti i motivi indicati; in subordine e nel merito, rigettare le domande formulate dall’attore, per essere le stesse del tutto infondate, in fatto e diritto, per i motivi precisati; condannare. In ogni caso, l’attore al pagamento delle spese, diritti ed onorari del presente giudizio, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA. La causa alla stessa udienza del 17 gennaio 2005, previa precisazione delle conclusioni e discussione, era riservata per la decisione.
Motivi della decisione
Propedeuticamente appare opportuno procedere ad un’analisi normativa e giurisprudenziale del “Fermo Amministrativo”. Il fermo amministrativo è disciplinato nel Titolo II del Dpr 602/73, intitolato Riscossione Coattiva, in particolare: a) L’articolo 50 comma 1 prevede che il concessionario del servizio nazionale della riscossione, decorso il termine stabilito per il pagamento (60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento), possa procedere ad espropriazione forzata dei beni del contribuente inadempiente. Ai sensi del successivo comma 2 si rileva che se l’espropriazione non e’ iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni; b) Il successivo articolo 86, contenuto nel capo III, intitolato Disposizioni particolari in materia di espropriazione di beni mobili registrati, stabilisce che, dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 50 comma 1°, il concessionario ha il potere di sottoporre a fermo amministrativo i beni mobili registrati del debitore e dei coobbligati, dandone notizia alla direzione regionale delle entrate ed alla regione di residenza. Stabilisce, inoltre, il comma 2, che “Il fermo si esegue mediante iscrizione del provvedimento che lo dispone nei registri mobiliari a cura del concessionario, che ne dà altresì comunicazione al soggetto nei confronti del quale si procede”; il comma 3 che “Chiunque circola con veicoli, autoscafi o aeromobili sottoposti al fermo e’ soggetto alla sanzione prevista dall’articolo 214, comma 8, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285”; .comma 4 che “Con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, sono stabiliti le modalita’, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo”. La procedura del fermo amministrativo è stata rivista in seguito alle modifiche apportate all’articolo 86 ad opera del D.Lgs 46/1999 e del D.Lgs 193/2001. In precedenza, competente ad emettere il provvedimento di fermo amministrativo era l’amministrazione finanziaria, previo esperimento di un tentativo di pignoramento sul bene, e solo in caso di impossibilità di procedere al pignoramento, il concessionario poteva chiedere alla Direzione Regionale delle Entrate il fermo dei veicoli del debitore. Tale procedura era prevista nel DM 503/98 <http://www.altalex.com/?idnot=7656>, che attuava il quarto comma dell’articolo 86 del citato Dpr. In seguito alle modifiche apportate all’articolo 86, il quarto comma non è stato modificato e lo stesso Dm non ha subito modifiche o variazioni. Attualmente la procedura è regolata nel seguente modo: Il Concessionario per la riscossione notifica la cartella di pagamento, modificata con Provvedimento del 31 marzo 2003 <http://www.altalex.com/?idnot=7596>, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale N. 82 del 08 Aprile 2003, dall’Agenzia delle Entrate nel senso che nelle cartelle di pagamento, a decorrere dal 1 maggio 2003, dovrà essere riportato l’avvertimento che “In caso di mancato pagamento, il concessionario procederà ad esecuzione forzata nonché al fermo amministrativo su beni mobili registrati e ad ipoteca su beni immobili”; Trascorsi 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, il concessionario può disporre il fermo dei beni mobili registrati del debitore e dei coobbligati. Ai sensi dell’articolo 50 comma 2 “Se l’espropriazione non e’ iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”. Secondo quanto affermato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza (sentenza 397/03) prima di procedere ad effettuare il fermo è necessario notificare tale avviso, in mancanza del quale il fermo deve ritenersi illegittimo. Tale affermazione non è condivisibile, poiché l’articolo 86 fa esplicito riferimento al termine di cui all’articolo 50 comma 1, con ciò volendo escludere sia il riferimento generico all’articolo 50 nel suo complesso, che al comma 2. Ne segue che l’avviso di cui all’articolo 50 comma 2 non legittima l’adozione del fermo amministrativo. Con nota 57413/03 l’Agenzia delle Entrate ha disposto che “i concessionari della riscossione, dopo aver emesso il provvedimento di fermo, ma prima di iscriverlo presso il PRA (Pubblico Registro Automobilistico), devono inviare ai contribuenti una comunicazione con la quale invitano gli stessi ad effettuare il versamento. Ove il versamento avvenga entro 20 giorni presso gli sportelli del concessionario, il contribuente potrà evitare il blocco del veicolo, corrispondendo le somme iscritte a ruolo, gli interessi di mora e le spese per l’iscrizione del fermo, evitando così di corrispondere la somma necessaria per cancellare il fermo. Chi viene sorpreso a circolare con veicolo sottoposto a fermo amministrativo è sanzionabile ai sensi dell’articolo 214 comma 8 del Codice della Strada”. Molteplici e variegate sono le statuizioni giurisprudenziali in ordine ai mezzi di impugnazione del fermo amministrativo. Si riporta di seguito un breve excursus. Natura cautelare: secondo una prima interpretazione espressa, tra le altre, con ordinanza del Tribunale di Bari del 17.03.03, trattandosi di misura cautelare, competente è il giudice ordinario chiamato a pronunciarsi sulla richiesta di un provvedimento d’urgenza (articolo 700 Cpc) volto ad ottenere la revoca del fermo; secondo l’interpretazione espressa dalla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, Sezione prima, con sentenza 397/03, il fermo non è l’atto iniziale dell’esecuzione forzata, ma ha natura cautelare, come il sequestro conservativo, pertanto, in seguito all’ampliamento della giurisdizione tributaria (ad opera dell’articolo 12 legge 448/01) le questioni attinenti al fermo rientrano nella competenza generale del giudice tributario in materia di tributi ed il Giudice Tributario potrà disapplicare l’atto amministrativo senza che occorra la previa declaratoria di nullità del giudice amministrativo. Natura di atto esecutivo: secondo tale orientamento, ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs 546/92, seconda parte, rientra nella giurisdizione ordinaria, difatti “…Restano escluse dalla giurisdizione tributaria soltanto le controversie riguardanti gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’articolo 50 del Dpr 602/73, per le quali continuano ad applicarsi le disposizioni del medesimo decreto del Presidente della Repubblica”. Il fatto che tale provvedimento abbia natura discrezionale non inficia l’assunto. Il ricorso contro il provvedimento di fermo deve essere proposto mediante opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi ai sensi degli articoli 615 e 617 del Cpc. Natura amministrativa: secondo altra impostazione, poiché il fermo amministrativo è un atto amministrativo discrezionale, competente a pronunciarsi sulla legittimità del fermo è il giudice amministrativo; con sentenza n. 392/04 il Tar Puglia <http://www.altalex.com/?idnot=7664> ha ritenuto illegittimo il provvedimento di fermo emesso in mancanza del regolamento di attuazione richiamato nell’ultimo comma dell’articolo 86; in base ad una concezione che si potrebbe definire mista, deve essere posto l’accento sulla funzione complessiva dell’istituto, che è di tipo cautelare-funzionale al pignoramento, nel cui contesto la problematica in tema di discrezionalità o meno dell’atto non rileva e la giurisdizione compete al giudice ordinario ai sensi dell’articolo 2 del D.Lgs 546/92. Da ultima è intervenuta l’Ordinanza del Consiglio di Stato 3259/04 <http://www.altalex.com/?idnot=322>, che, nel confermare l’ordinanza di sospensione del fermo amministrativo in precedenza accordata dal Tar Lazio (sentenza 3402/04) <http://www.altalex.com/?idnot=7578>,ha affermato che “E’ sospendibile il provvedimento con il quale è stato disposto il fermo amministrativo dell’autoveicolo, qualora vi sia sproporzione fra l’importo dovuto e il danno derivante al ricorrente dall’esecuzione del fermo amministrativo impugnato”. In seguito a tale pronuncia, l’Agenzia delle Entrate (risoluzione 92/2004 <http://www.altalex.com/index.php?idnot=321>) e l’Inps hanno deciso di astenersi dal disporre nuovi fermi amministrativi relativamente ai loro ruoli, sino al pronunciamento dell’Avvocatura generale dello Stato.
In alcune decisioni, le autorità che si sono pronunciate in materia hanno ritenuto di prescinderne e di qualificarlo sic et simpliciter come “atto successivo alla notifica della cartella di pagamento” e, come tale, di competenza ex articolo 2 D.Lgs 546/92 dell’autorità giudiziaria ordinaria. In altre, laddove se ne riconosce la natura di provvedimento amministrativo, ne è disceso l’assoggettamento alla giurisdizione amministrativa; laddove se ne riconosce la natura cautelare, ne è seguita la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria; in altri casi ancora è stato definito atto esecutivo impugnabile con l’opposizione all’esecuzione o agli atti esecutivi. Per ricostruire la natura del fermo amministrativo è necessario partire dal dato letterale-normativo e verificarne la reale portata sul piano degli effetti. Sulla base della precedente formulazione dell’articolo 86 Dpr 602/73 e della disciplina contenuta nel DM 503/98 è possibile affermare che, anteriormente, il fermo aveva natura cautelare: l’Amministrazione finanziaria emetteva il provvedimento di fermo solo dopo l’infruttuosa ricerca del bene da pignorare da parte del Concessionario. Il regolamento di attuazione del fermo amministrativo (DM 7 settembre 1998 n. 503) all’articolo 5 comma 3° prevede che il concessionario, entro 60 gg dalla ricezione della comunicazione con la quale viene avvisato della disposta custodia del veicolo sottoposto a fermo, deve procedere al pignoramento del mezzo. In un tale contesto, il provvedimento aveva la stessa natura del sequestro conservativo. In seguito alla riforma della riscossione, in un primo momento, l’Amministrazione finanziaria con risoluzione n. 20 del 08.02.01 <http://www.altalex.com/?idnot=7631>, pronunciandosi negativamente sulla possibilità di rateazione delle somme iscritte a ruolo dopo il fermo dei beni del debitore, equiparava, sul piano degli effetti giuridici, il pignoramento e il provvedimento di fermo amministrativo. In seguito, con circ. n. 52/03 <http://www.altalex.com/?idnot=6709>la stessa Amministrazione finanziaria ha mutato opinione: riconoscendo al fermo amministrativo la stessa natura del sequestro conservativo, ha ammesso la rateazione delle somme iscritte a ruolo, previa prestazione di garanzia fidejussoria. Attualmente, preliminarmente, si pone la questione se tale Dm possa considerarsi ancora applicabile al caso di specie “in quanto compatibile” oppure se non lo si possa più applicare e, in assenza di regolamento ad hoc , il fermo amministrativo debba, di conseguenza, considerarsi illegittimo. In tale seconda ipotesi, l’articolo 86 del Dpr 602/73 risulterebbe inapplicabile e suscettibile di sindacato di costituzionalità. Vi è da notare che l’Amministrazione finanziaria, già in occasione della prima modifica apportata all’articolo 86 ad opera del D.Lgs 46/99, aveva affermato con circolare 221/99 l’articolo 5, comma 3°, secondo periodo non poteva più trovare applicazione, insieme a diversi altri articoli. Il Dm del 1998 era stato emanato quando ancora vigeva la regola del “non riscosso come riscosso”: il decreto, infatti, rinvia all’articolo 79 del Dpr 43/1988, interamente abrogato in seguito all’entrata in vigore della riforma della riscossione attuata a partire dalla legge 46/1999. Tale Dm era inserito in un contesto diverso dall’attuale e, pertanto, regolamentava le modalità di funzionamento del fermo anche e soprattutto dal punto di vista del rapporto concessionario-ente creditore, in relazione ad una tempistica la cui violazione comportava la perdita del diritto al rimborso o al discarico delle quote inesigibili. Se si rilegge tale decreto alla luce delle disposizioni che la stessa Amministrazione finanziaria ha ritenuto non più compatibili, il Dm 503/98 risulta del tutto inutile e inapplicabile. Non si può, pertanto, ritenere condivisibile la tesi secondo la quale “deve ritenersi ancora applicabile, nelle parti non incompatibili con la nuova normativa, la regolamentazione del Dm 503/98, in conformità con i canoni interpretativi del nostro ordinamento, secondo i quali il regolamento di attuazione di una norma abrogata resta in vigore fino all’eventuale approvazione del regolamento attuativo della disposizione che ha sostituito la vecchia, sempre che non ci sia incompatibilità. E’ sempre infatti preferibile una interpretazione che renda possibile l’applicazione di una nuova norma, ad una che la renda “inutiliter data”. La necessità di una regolamentazione del fermo amministrativo e l’inadeguatezza del DM 503/98 è evidente anche dai risvolti che si possono verificare per la mancanza di coordinamento tra ente impositore e concessionario per la riscossione, come nella fattispecie sottoposta al GdP di Cosenza, che, con sentenza del 16.06.04 <http://www.altalex.com/?idnot=7612>, ha condannato un Comune al risarcimento del danno patrimoniale ed esistenziale per non aver provveduto a comunicare al Concessionario per la riscossione lo sgravio di una cartella di pagamento, per la quale il Concessionario aveva emesso il fermo amministrativo. Il Decreto Ministeriale si può ritenere, quindi, non più compatibile con l’attuale disciplina del fermo, in quanto inserito in un contesto affatto diverso, dovuto alla riforma della riscossione attuata a partire dalla legge 46/1999. Passando agli effetti, si rileva che, in seguito all’adozione del fermo, il contribuente-proprietario del bene non può di fatto circolare con il veicolo. Sostanzialmente, il contribuente viene privato della facoltà di far uso del suo veicolo e, in caso di iscrizione del fermo presso il Pra, gli atti di disposizione del veicolo risultano inefficaci nei confronti del concessionario. Il contribuente-proprietario rientra nella piena disponibilità del bene solo ove si proceda a revoca del fermo, mediante pagamento del dovuto o sgravio della pretesa impositiva che ne è alla base. In ipotesi, ove il contribuente non paghi e il concessionario ritardi il pignoramento propedeutico alla vendita del bene, l’effetto del fermo si potrebbe protrarre sine die, con un effetto quasi espropriativo. In tal caso non assume i caratteri di un provvedimento avente natura cautelare, perchè ne mancano le caratteristiche tipiche della provvisorietà e dell’interinalità. Il fermo amministrativo incide, quindi, sul diritto di proprietà del veicolo e sulla facoltà di godimento e di disposizione, quindi su di un diritto soggettivo. Rientra in senso lato nel concetto generale degli atti ablatori, intesi come “quelli con cui il pubblico potere, per un vantaggio della collettività sacrifica un interesse ad un bene della vita di un privato cittadino”. Allo stato attuale, mancando un termine certo di cessazione dell’efficacia dello stesso, sostanzialmente produce gli stessi effetti del pignoramento, traducendosi in una sorta di anticipo dello stesso. Il concessionario per la riscossione si trova investito di un potere non indifferente che va ad incidere su posizioni di diritto soggettivo e, considerato che il Decreto Ministeriale del 1998 deve ritenersi inapplicabile in quanto inadeguato, è illegittimo sfornire tale potere di ogni regolamentazione. Se è interesse dello Stato riscuotere, lo stesso deve anche preoccuparsi di regolamentare gli istituti che rendono possibile il raggiungimento dei suoi fini di interesse generale. Non regolamentare la materia denota, inoltre, un comportamento scorretto sul piano della buona fede e correttezza nei rapporti con il contribuente, in violazione dello Statuto diritti del contribuente (articolo 10 legge 212/00). L’esercizio di tale potere, estrinsecandosi nell’emanazione del fermo amministrativo, rivela i caratteri tipici di un atto amministrativo, quale l’esecutorietà, in quanto consiste in una sorta di esecuzione coattiva che il destinatario dell’atto si trova a dover subire, senza la mediazione dell’autorità giudiziaria. Conferma ne è il fatto che l’articolo 86 è inserito nel titolo dedicato alla riscossione coattiva. E’ pertanto condivisibile l’affermazione secondo la quale: “il fermo amministrativo è un provvedimento in senso proprio perché si risolve nell’emanazione di un atto idoneo ad incidere unilateralmente e autoritativamente nella sfera giuridico-patrimoniale del destinatario, attraverso l’imposizione di un vincolo di indisponibilità del bene nel senso della temporanea privazione del diritto di godimento, e cioè dello “jus utendi ac fruendi”; tale vincolo, visto dal versante soggettivo, integra un divieto di utilizzazione del mezzo, la cui violazione espone all’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria e all’asportazione del veicolo affidato in custodia a depositario autorizzato” Altro è stabilire se si tratta di un atto vincolato o di un atto discrezionale. Secondo parte della giurisprudenza, si tratterebbe di un atto discrezionale, in quanto l’articolo 86 stabilisce che il concessionario “può” adottare il fermo, avendo altre strade da percorrere come il pignoramento o l’iscrizione di ipoteca. Quanto affermato è corretto, ma non convince: là dove il fermo si rivela di fatto più efficace del pignoramento stesso, quale convenienza avrebbe il concessionario a seguire altre strade. In questo senso, l’adozione non è discrezionale ma vincolata sull’ an, per la sicura efficacia che produce. È un atto amministrativo che si presenta in apparenza come altamente discrezionale, ma, proprio perchè attribuisce ad un soggetto che esercita pubbliche funzioni un potere così incisivo nonché autoritativo che, invece, dovrebbe essere “vincolato” a specifici presupposti e dettagliatamente regolamentato, si traduce in un atto arbitrario. Ne segue che il fermo amministrativo è un atto illegittimo, a prescindere dalla sua qualificazione in termini di discrezionalità o di vincolatività: la discrezionalità, in mancanza di norme che la disciplinano, si trasforma in arbitrio. L’articolo 86 Dpr 602/73 in quanto norma attributiva del potere è inadeguata, il regolamento di attuazione previsto nell’ultimo comma e al quale si rinvia assume i connotati non già di un regolamento di “attuazione” ma di “delegificazione”, poiché è chiamato a riempire un vuoto che spetterebbe alla legge regolamentare. Tale regolamento dovrebbe almeno prevedere: termini di efficacia, modalità di emissione, motivazione, autorità alla quale è possibile ricorrere, indicare il titolo esecutivo al quale si riferisce, data e luogo della notifica della cartella di pagamento, tributo al quale si riferisce e l’ufficio presso il quale poter reperire informazioni. L’efficacia del fermo amministrativo è condizionata al pagamento del carico per cui è stato emesso o allo sgravio dello stesso o, ancora, alla sua revoca. Non si può non notare l’incongruenza rispetto alla disciplina del pignoramento, che, ai sensi dell’articolo 53 Dpr 603/72, perde efficacia ove, entro 120 giorni dalla sua esecuzione, non sia stato effettuato il primo incanto. Non è un vero e proprio pignoramento, ma ne presenta le caratteristiche e, a meno che non intervenga il Dm che lo disciplina e ne specifica la natura, lo si deve qualificare come atto di riscossione coattiva con effetti simili al pignoramento. Si può sostenere, quindi, che la giurisdizione in materia di fermo amministrativo rientra nella competenza del giudice ordinario, in quanto condivide la natura del pignoramento ed è, pertanto, impugnabile ai sensi degli articolo 615 e 617, con la possibilità di esperire il rimedio di cui all’articolo 700 Cpc. Resta fermo che, se riferito a tributi in genere, non rientra nella giurisdizione tributaria per esplicita previsione dell’articolo 2 del D.Lgs 546/92. La competenza si determinerà in base alle regole ordinarie ex articolo 17 e 27 Cpc, ovvero sussiste la competenza anche in capo al Giudice di pace , laddove questi sia il giudice competente per materia o ratione valoris. Nei restanti casi, sarà competente il Tribunale ordinario in sede di opposizione all’esecuzione (articolo 619 comma 1 Cpc) e il Tribunale quale giudice dell’esecuzione in sede di opposizione agli atti esecutivi. In ogni caso, comunque, in attesa del regolamento di attuazione che stabilisca termini, modalità e procedure di attuazione del fermo e allo scopo di garantire un effettivo diritto di difesa al contribuente, la giurisdizione in materia di fermo amministrativo spetta, pertanto, al giudice ordinario competente ratione valoris (GdP e Tribunale), con la possibilità di formulare richiesta di risarcimento danni e di esperire il rimedio di cui all’articolo 700 cpc.. Dopo la doverosa premessa, venendo al caso di specie oggetto della causa , va osservato che, a parere di questo Giudicante, le doglianze proposte dall’attore sono riconducibili ad una azione che nella sostanza, e dunque, indipendentemente dalla formale prospettazione di essa (nomen iuris), va qualificata quale domanda di accertamento della illiceità del comportamento posto in essere dalla Gest Line S.p.A. attraverso la adozione del provvedimento di fermo amministrativo. Domanda che avendo ad oggetto una attività materiale lesiva di diritti soggettivi, rientra come tale nella giurisdizione ordinaria. Indiscutibile è che laddove la Pubblica Amministrazione, ed in particolare la Gest Line S.p.A. che è una società per azioni concessionaria di pubblico servizio, va ad incidere su una posizione giuridica avente consistenza di diritto soggettivo, può essere convenuta come un qualsiasi altro soggetto davanti al g.o. (articolo 2 legge 2248/1865 All. E ). Sul punto è bene osservare che è fuori di ogni logica giuridica ritenere che l’ordinamento affidi ad un organo la competenza per l’esercizio di un potere e preveda o consideri fisiologico che dall’attività di tale organo possano conseguire abusi di potere e disparità di trattamento, senza che sia riconosciuto al cittadino la facoltà di ricorrere all’organo giurisdizionale dinanzi al quale, prospettata la antigiuridicità del procedimento e/o dei singoli atti di esso, poter richiedere contestualmente il risarcimento dei danni. Un ordinamento così concepito, prevedendo una sostanziale immunità della P.A., pur in presenza di un esercizio illegittimo della funzione pubblica che essa determina, si proporrebbe come negazione dei fondamentali canoni di giustizia ed equità cui esso deve ispirarsi e peraltro non troverebbe alcuna giustificazione in questo particolare momento storico caratterizzato dall’abbandono di concezioni arcaiche, implicanti una posizione di supremazia della P.A. nei confronti dei cittadini. Orbene, assunto che l’ambito della potestà autoritativa non è libero, bensì soggetto a limiti ben precisi che consentono di verificare le modalità dell’esercizio del potere, non v’è chi non veda come la violazione di detti limiti non possa non comportare anche una responsabilità risarcitoria in funzione del pregiudizio arrecato. La Suprema Corte, con la storica pronunzia a Su 500/99, ha scardinato il pietrificato orientamento giurisprudenziale precedente che negava la configurabilità della responsabilità civile della P.A. ex articolo 2043 Cc. per il risarcimento dei danni cagionati ai privati da provvedimenti e atti amministrativi illegittimi, lesivi di interessi legittimi. Con detta sentenza, le Sezioni Unite, recependo il dissenso manifestato in dottrina e giurisprudenza, rispetto alla teoria tradizionale della irrisarcibilità degli interessi legittimi, hanno rivisitato la interpretazione dell’articolo 2043 Cc, qualificando danno ingiusto, e come tale risarcibile, non solo quello riveniente dalla lesione di un diritto soggettivo, ma anche quello arrecato senza una valida causa di giustificazione e che si risolve nella lesione di un interesse rilevante per l’ordinamento giuridico. Sicché, ai fini della configurabilità della responsabilità aquiliana, non assume più rilievo decisivo la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, posto che la tutela risarcitoria è attualmente correlata alla “ingiustizia del danno”, costituente fattispecie autonoma, caratterizzata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante. Inoltre, dall’esame delle diverse fonti normative sul “fermo amministrativo” non emerge alcuna indicazione che consenta di individuare univocamente un organo giurisdizionale cui ricorrere, e sul punto è utile rilevare come la mancanza di qualsivoglia indicazione nella comunicazione del “fermo amministrativo”, circa la natura del “carico scaduto”, oltre a non consentire la individuazione del giudice competente, impedisce al cittadino l’esercizio del sacrosanto diritto di difesa (articolo 24 Costituzione), non essendo costui in grado di incidere in alcun modo sul disposto “fermo amministrativo”. Peraltro, nel giudizio, la Gest Line S.p.A. ha depositato in atti solo l’estratto della cartella esattoriale per le quale non è possibile accertare la ritualità della notifica, in quanto è stata esibita e depositata copia di ricevuta di raccomandata che non è riconducibile in alcun modo al numero della cartella cui si riferisce. In ordine alla impossibilità ed inammissibilità dell’azione prevista dall’articolo 615 Cpc, opposizione all’esecuzione si osserva che “in relazione alla cartella esattoriale emessa ai fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie sono ammissibili, a seconda dei casi, i seguenti rimedi: a) l’opposizione ai sensi della legge 689/81, allorchè sia mancata la notificazione dell’ordinanza – ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione al codice della strada, al fine di consentire all’interessato di recuperare l’esercizio del mezzo di tutela previsto dalla legge riguardo agli atti sanzionatori; b) l’opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’articolo 615 Cpc, allorchè si contesti la legittimità dell’iscrizione a ruolo per omessa notifica della stessa cartella, e quindi per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione a ruolo, o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo; c) l’opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’articolo 617 Cpc, allorchè si contesti la ritualità formale della cartella esattoriale o si adducano vizi di forma del procedimento esattoriale, compresi i vizi strettamente attinenti alla notifica della cartella e quelli riguardanti i successivi avvisi di mora (Cassazione civile, Sezione prima, 9498/02), ed ancora “a seguito della notificazione di una cartella esattoriale dalla quale risulti l’iscrizione a ruolo di un importo a titolo di sanzione amministrativa, l’interessato, al fine di far valere non già vizi che attengano alla formazione del titolo sulla base del quale il ruolo è stato formato, ma fatti estintivi del titolo stesso, sopravvenuti alla sua formazione, non può far ricorso alla procedura ex articolo 22 della legge 689/81, ma deve proporre opposizione all’esecuzione ex articolo 615, comma 1, Cpc, per la quale, prima dell’inizio dell’esecuzione, giudice competente deve ritenersi, in applicazione del criterio dettato dallo stesso articolo, stesso giudice indicato dalla legge come competente per l’opposizione al provvedimento sanzionatorio; in tale ipotesi, tuttavia non è applicabile il procedimento a struttura semplificata previsto per l’opposizione, bensì in toto il rito ordinario, con esclusione quindi, in particolare, del termine di decadenza di cui all’articolo 22 della legge 689/81 (Cassazione civile, Sezione prima, 5279/02). Peraltro, l’opposizione all’esecuzione è esperibile sino al momento della distribuzione della somma ricavata dalla vendita dei beni eseguita a seguito di regolare e formale atto di pignoramento. Pertanto, sotto tale profilo, l’eccezione sollevata dalla convenuta Gest Line è infondata e priva di pregio giuridico.
Nel merito la domanda è fondata e va accolta per quanto di ragione. Il nuovo testo dell’articolo 86 del Dpr 602/73 che disciplina la misura cautelare del fermo amministrativo, facultando il concessionario a disporre detto provvedimento su beni mobili iscritti al PRA, una volta decorsi inutilmente 60 giorni dalla notifica della Cartella di pagamento, prevede espressamente all’ultimo comma: “con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e dei lavori pubblici, sono stabilite le modalità, i termini e le procedure per l’attuazione di quanto previsto nel presente articolo”. Ad oggi, detta disciplina di attuazione non è stata emanata. Ritiene questo giudice, che nessuna valenza possa riconoscersi ad un provvedimento che non sia espressione diretta di una norma di diritto positivo. Un precetto privo della sua normativa di attuazione, non esprimendo forza cogente, è del tutto inapplicabile. Consegue l’inesistenza in radice del potere di disporre il fermo, e quindi la illegittimità di esso, atteso che la locuzione letterale dell’ultimo comma dell’articolo86 pone una correlazione inscindibile tra la procedura volta ad attuare il “Fermo” ed il Regolamento attuativo nel quale trova disciplina la prima. Orbene, non essendo stata emanata la disciplina di attuazione, non potrà ancora riconoscersi valenza cogente allo stesso articolo 86, più volte citato. Questo Giudicante, poi, non ritiene di poter condividere la tesi, isolatamente sostenuta, circa l’applicabilità del Regolamento approvato con Dm 503/98, tanto perché detto previgente decreto era ancorato a presupposti e adempimenti diversi, tali da rendere affatto incompatibili le due discipline. Inoltre, la mancata previsione normativa in ordine alle “modalità, termini e procedure” del fermo, consente di apprezzare gravi profili di illegittimità di rilievo costituzionale, riconducibili alla violazione degli articoli 24 e 97 della Costituzione. Difatti, con riferimento al primo articolo, si evidenzia come l’inerzia del legislatore nella emanazione della disciplina attuativa dell’articolo 86 comprometta irrimediabilmente l’esercizio del diritto di difesa, non sussistendo alcuna disciplina prevedente le modalità per l’ impugnazione o la sospensione del fermo nei casi meritevoli di tutela ad esempio di prescrizione e/o avvenuto pagamento. Con riferimento all’articolo 97 della Costituzione sono individuabili, nella condotta della Gest Line S.p.A., deviazioni da fondamentali principi tracciati dalla Costituzione. La Gest Line S.p.A., sotto l’apparente esercizio di un diritto, ha perpetrato una attività vessatoria ed iniqua ai danni dell’attore, in quanto la misura del “fermo” sembrerebbe attuata, più che per tutelare le ragioni creditorie, per esercitare una pressione sul debitore, costringendo costui all’immediato pagamento, magari senza alcuna verifica circa la legittimità del credito azionato. In tutto ciò ricorrono gli estremi dell’eccesso di potere, non potendosi certamente contestare che la Gest Line S.p.A. eserciti il diritto riconosciuto dalla legge, per la realizzazione di fini diversi da quelli per i quali è stato conferito il diritto stesso. In conclusione, nella fattispecie in esame, si ritiene la insussistenza del potere esercitato dalla Gest Line S.p.A.. Comunque, quand’anche fosse ipotizzabile la sua presenza, non potrebbe non rilevarsi la assoluta arbitrarietà ed illegittimità delle modalità attraverso le quali è stato esercitato detto potere. Modalità del tutto estranee allo spirito del legislatore Costituzionale il quale, come detto, ha voluto predeterminare la sfera di legittimità dell’azione amministrativa, proiettandola sì verso la realizzazione dei propri fini istituzionali, ma contenendola entro limiti ben precisi, delineati dal rispetto del principio del “neminem laedere”. Limiti, nel caso di specie del tutto violati, stante la evidente discrasia tra le vantate ragioni creditorie e l’incidenza sulla sfera giuridica soggettiva del destinatario del provvedimento. Così come innanzi evidenziate, la illiceità, illegittimità ed arbitrarietà della condotta della Gest Line S.p.A., costituiscono fondamento della responsabilità risarcitoria. Pertanto, in accoglimento della domanda attrice, alla declaratoria di illegittimità del “fermo amministrativo e di antigiuridicità della condotta della Gest Line S.p.A., consegue il risarcimento del danno esistenziale e morale, nella misura di cui al dispositivo. Le spese del giudizio seguono la soccombenza della convenuta Gest Line S.p.A., e si liquidano in dispositivo.
PQM
Il GdP di Napoli, definitivamente pronunziando nella causa promossa come in narrativa, così provvede :
a) dichiara illegittima la procedura di fermo amministrativo disposto dalla Gest Line S.p.A. sulla autovettura di proprietà dell’opponente e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato e tutti gli atti conseguenti ad esso.
b) condanna, la Gest Line S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al risarcimento del danno in favore dell’attore che liquida in via equitativa, in complessivi €.200,00=, oltre interessi dalla pubblicazione della sentenza;
d) condanna la Gest Line S.p..A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell’attore delle competenze del presente giudizio che si liquidano in € 40,00= per spese vive, € 150,00== per diritti ed € 200,00= per onorario, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettario, con attribuzione al difensore