Giudice di pace di Nola 21 Settembre 2005
UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI NOLA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice di Pace di Nola, Avv. Paolo Formicola, ha pronunziato la seguente sentenza nella causa iscritta al n. 1593/05 Ruolo gen. aff. cont. civ., riservata all’udienza del 14.06.05,
T R A
LAURI NICOLETTA, residente in San Gennaro Vesuviano (NA), ed ivi elett.te dom.ta alla Via Roma n.17, presso lo studio degli avv.ti Pietro e Luigi Manzi dai quali è rapp.ta e difesa giusta procura a margine dell’atto di citazione;
– ATTRICE –
E
TELECOM ITALIA S.p.A. in persona del legale rapp.te pro tempore Avv.Vittorio Fusco, elett.te dom.ta in Napoli alla Via Diaz n.24, presso lo studio dell’avv.Luigi Stabile che lo rapp.ta e difende giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
– CONVENUTA –
CONCLUSIONI: il procuratore della parte attrice concludeva per l’accoglimento della domanda con vittoria di spese, diritti ed onorari, con attribuzione e chiedeva assegnarsi la causa a sentenza. Il procuratore della convenuta concludeva per il rigetto della domanda, con vittoria di spese e chiedeva assegnarsi la causa a sentenza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 16.03.05 la sig.ra Lauri Nicoletta esponeva che: l’istante è titolare dell’utenza telefonica 081/5286902 abbonata a TELECOM ITALIA S.p.A. dal 1998; la TELECOM ITALIA invia sin dall’attivazione, ad ogni bimestre la relativa fattura addebitando la somma di € 0,31 oltre I.V.A. per ciascuna; l’art.21 comma 8 del D.P.R. del 26.10.72 n.633 con cui è stata istituita l’I.V.A. prevede che le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo; la TELECOM ITALIA S.p.A. contravvenendo a tale divieto ha, nelle fatture n.8T00361047 e 8T00588755, espressamente addebitato a tale titolo la somma di € 0,31 per ciascuna fattura; l’illegittimità della pretesa è stata confermata con sentenza del Giudice di Pace di Bologna del 21 Febbraio 2003 in conclusione di una specifica causa per la restituzione di tali importi; complessivamente la somma indebitamente incassata è conseguentemente pari ad 0,62 oltre accessori ed interessi legali; tale illecito comportamento, reiterato nel tempo, determinato dall’abuso di una posizione dominante, ha violato il principio di buona fede che sottintende ad ogni rapporto contrattuale, integrando la violazione sia dell’art.1175 c.c. che della legge 281/98 posta a tutela del consumatore, comportando per lo stesso il diritto al risarcimento del danno che quantificava, ai sensi dell’art.1226 c.c. in € 100,00; con lettere raccomandate a.r. n.12189467577/3 del 30.05.2003 e n.12263972987/1 del 05.06.2003 l’istante richiedeva il rimborso di quanto versato ma inutilmente; con lettere raccomandate a.r. n.121894215764 del 24.11.03 e n.121894215797 del 22.12.2003 inviate rispettivamente al CORECOM Campania e alla Camera di Conciliazione della CCIAA di Napoli, l’istante provvedeva a richiedere, inutilmente, il tentativo di conciliazione.
Tanto premesso ed esposto, l’istante conveniva in giudizio la TELECOM ITALIA S.p.A. in persona del legale rapp.te pro tempore, per sentir dichiarare l’illegittimità dell’addebito operato dalla TELECOM nelle bollette emesse nei confronti della concludente con la causale “spese di spedizione della fattura”; condannare la TELECOM S.p.A., in persona del legale rapp.te pro tempore, al pagamento in favore dell’istante della somma di 0,62 a titolo di rimborso, il tutto con il favore degli interessi e della rivalutazione monetaria in base alla intercorsa svalutazione; in ogni caso, per economia di giudizio e rinuncia al supero, da contenersi nei limiti della competenza per valore del Giudice adito – valore entro Euro 1032,00; accertare la violazione sia dell’art.1175 c.c. che della legge 281/98 posta a tutela del consumatore con conseguente condanna al risarcimento del danno che quantificava, ai sensi dell’art.1226 c.c., in €100,00; oltre alle spese ed onorari di giudizio con attribuzione ai sottoscritti procuratori dichiaratisi anticipatari.
Alla prima udienza si costituiva la convenuta TELECOM ITALIA S.p.A., riportandosi alla propria comparsa di costituzione nella quale impugnava la domanda attorea, richiamando la legge 31.07.1997 n.249 istitutiva dell’Autorità per le Telecomunicazioni che consentiva alla medesima di disciplinare attraverso l’obbligo di tentativi di conciliazione la materia delle controversie. Affermava che il pagamento delle spese postali era previsto a carico dell’utente sia dall’art.1196 c.c. che dall’art.14 delle condizioni generali di abbonamento. Riteneva la domanda inammissibile stante l’assenza del preliminare tentativo di conciliazione. Affermava che la norma di cui all’art.21 di cui al D.P.R. 633/72 per il quale “le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo” era da intendersi per quegli oneri strettamente attinenti all’emissione della fattura, in particolare, per il compenso al consulente, il costo effettivo nell’utilizzazione del computer, ecc. Affermava che, in mancanza di patti difformi, secondo l’art.1182 c.c. co.2, l’adempimento dell’obbligazione doveva avvenire nel domicilio del creditore. Precisava che l’onere del contributo delle spese di spedizione a carico del contribuente era previsto dall’art.14 delle condizioni generali di contratto(art.30 previgenti) e che lo stesso era conoscibile usando l’ordinaria diligenza (art.1341 c.c.).Invitava parte attrice a provare i fatti posti a fondamento della domanda.Eccepiva infine la prescrizione del diritto vantato dall’attore.Invitava l’autorità Giudicante a motivare ogni decisione in proposito, tenendo presente che stante la nuova formulazione di cui all’art.113 c.p.c. la questione riguardava le cause “derivanti da rapporti giuridici conclusi secondo le modalità di cui all’art.1342 c.c.” e concludeva pertanto per il rigetto della domanda con vittoria di spese.
Incardinatosi il giudizio, fallito ogni tentativo di conciliazione, trattandosi di un giudizio definibile sulla base degli atti di causa, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, come riportate in epigrafe, all’udienza del 14.06.05, la causa veniva riservata in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va premesso che la presente causa non viene decisa secondo i criteri dell’equità stabiliti dal 2° comma dell’art.113 c.p.c. Infatti, il decreto legge n.18/2003, entrato in vigore definitivamente con la legge di conversione n.63 del 07 aprile 2003, ha escluso per “i contratti di massa”, ossia quei contratti conclusi mediante la sottoscrizione di moduli o formulari, una pronuncia secondo equità. Preliminarmente, va rigettata l’eccezione di prescrizione così come sollevata da parte convenuta, in quanto nel giudizio de quo, parte attrice ha chiesto la restituzione di somme indebitamente percepite con fatture del 07.04.2003 e 06.06.2003, e quindi perfettamente rientranti nei termini della prescrizione ordinaria di cui all’art.2946 c.c.
In ordine alla eccezione di inammissibilità della domanda stante la mancanza del tentativo obbligatorio di conciliazione, occorre rilevare che a norma dell’art.1 comma 11, della legge 31 Luglio 1997 n.249, l’azione giudiziaria, relativa alle controversie fra le compagnie telefoniche e utenti dei telefoni fissi e mobili, non può essere proposta fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione presso l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Con delibera n.182 del 19.06.02, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 18 Luglio 2002, l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha stabilito che gli utenti che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetto da un accordo di diritto privato in materia di telecomunicazioni sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi ai Comitati Regionali per le Comunicazioni (art.3 regolamento di procedura relativo alle controversie fra organismi di telecomunicazioni ed utenti). Le disposizioni degli artt.3 e 4 del suddetto regolamento si applicano dalla data di effettivo esercizio delle funzioni delegate, secondo quanto previsto dalle convenzioni con i Comitati Regionali per le Comunicazioni.
Dal momento che i Co.Re.Com non sono attualmente attivi, la domanda giudiziale non può essere dichiarata inammissibile, poichè agli utenti non viene riconosciuta la facoltà di esperire il tentativo di conciliazione dinanzi agli organi non giurisdizionali.
In proposito, va rilevato che, agli atti, parte attrice ha depositato lettera raccomandata a.r. n.12189421576-4 del 24.11.03 inviata al Co.Re.Com della Campania, al quale si era rivolta per l’attività conciliativa, seguita da lettera del 28.11/4.12.03 inviata dal Co.Re.Com. della Campania, con la quale le veniva ribadito l’impossibilità di effettuare il tentativo di conciliazione e comunicato che “….sino all’attivazione della delega, è possibile, secondo quanto previsto dall’art.12 del Regolamento, proporre il tentativo obbligatorio dinanzi agli organi non giurisdizionali di risoluzione delle controversie in materia di consumo che rispettino i principi sanciti dalla Raccomandazione 2001/310/CE, tra cui figurano gli sportelli di conciliazione delle Camere di Commercio istituite ai sensi della Legge 580 del 29.12.93 art.2, comma 4.”
A seguito di tale comunicazione, parte attrice inviava lettera racc.ta a.r. n.12189421579-7 del 22.12.2003 alla Camera di Conciliazione della CCIA di Napoli, senza alcun esito, dimostrando così di aver effettuato vari tentativi onde addivenire ad una conciliazione della questione.
A questo va poi aggiunto che parte attrice, già precedentemente, con lettera racc.ta a.r. n.12189467577-3 del 27.05.03 aveva chiesto alla convenuta TELECOM ITALIA S.p.A., la restituzione di quanto indebitamente percepito dalla medesima negli ultimi 10 anni, senza ottenere alcuna risposta.
Nel merito la domanda è fondata e come tale merita accoglimento.
Parte attrice ha invocato a sostegno della propria domanda l’art.21 del D.P.R. 633/72 e questa Autorità Giudicante ritiene che detto articolo sia correttamente da applicarsi al caso in questione.
L’art.21 del D.P.R. 633/72 trova infatti immediata applicazione nei rapporti tra TELECOM ITALIA S.p.A. e gli utenti, poichè tale disposizione si applica a tutti gli imprenditori commerciali, tra i quali, dopo la privatizzazione, rientra certamente anche la società convenuta.
Il comma 8 di detto articolo espressamente dispone che: “Le spese di emissione della fattura e dei conseguenti adempimenti e formalità non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.
La presenza della congiunzione, evidenzia che il legislatore ha posto a carico del soggetto che emette la fattura due diverse spese e cioè quelle di emissione del documento e quelle successive relative alla sua annotazione nei registri contabili ed alla conservazione nei libri medesimi.
Sul punto, infondate sono apparse le argomentazioni addotte dalla convenuta TELECOM ITALIA S.p.A. in ordine al concetto di emissione della fattura e ciò in quanto, il 1° comma del surrichimato articolo testualmente sancisce che: “La fattura si ha per emessa all’atto della sua consegna o spedizione all’altra parte”.
Evidente è, quindi, che emissione e spedizione rappresentano atti facenti parte dello stesso procedimento rientranti in quelli che per espressa volontà del legislatore “non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.
Secondo detta norma, quindi, una fattura è da considerarsi emessa nel momento in cui esce dalla sfera di controllo dell’emittente ed entra nella disponibilità del ricevente.
Pertanto nessuna norma legittima l’addebito delle spese di spedizione, e ubi lex voluit, dixit, tant’è vero che l’art.12 delle “Disposizioni della legge in generale”, tecnicamente definite “Preleggi”, al 1° comma dispone che: “Nell’applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”.
In altri termini il legislatore ha posto a carico del soggetto che emette la fattura, tutti gli adempimenti connessi all’emissione della stessa, tra cui rientrano, secondo questo Giudice, “la consegna e la spedizione”, che in quanto tali “…non possono formare oggetto di addebito a qualsiasi titolo”.
Infondato è poi il richiamo di parte convenuta all’art.14 delle “Condizioni generali di abbonamento”, affermando che l’abbonato nel momento che ha sottoscritto il contratto di utenza, ha accettato anche l’onere di sopportare ogni spesa, imposta o tassa, incluse le spese postali di spedizione delle bollette telefoniche.
In proposito, va preliminarmente rammentato il principio di gerarchia delle leggi, per il quale il D.P.R. 633/72, in quanto fonte di legge superiore al regolamento di servizio TELECOM ITALIA S.p.A., prevale su quest’ultimo.
Relativamente poi all’art.14 del succitato regolamento, trattasi di una clausola, che questo Giudice ritiene vessatoria, dal momento che è contenuta in un “contratto di massa”, imposto dall’imprenditore commerciale all’utente consumatore, privo di ogni diritto alla contrattazione, in quanto il contratto risulta già predisposto da una sola delle parti negoziali ed il consumatore è tenuto ad accettarlo o rifiutarlo senza avere avuto la possibilità di partecipare alla sua formazione. E’, quindi, inefficace ai sensi dell’art.1469 quinquies n.3. c.c. e come tale va disapplicata in quanto in contrasto con l’art.21 co.8 della legge sull’I.V.A.
Ne deriva che la TELECOM ITALIA S.p.A., addebitando all’utente le spese di spedizione della fattura, ha commesso una violazione di quanto disposto dal legislatore, ottenendo così un illecito arricchimento che legittima il diritto del consumatore ad ottenere la ripetizione di quanto indebitamente pagato, maggiorato degli interessi.
Nel caso di specie, parte attrice ha chiesto la restituzione della somma di €0,62, per spese di spedizione delle due fatture, rispettivamente la n.8T00361047 del 07.04.2003 e la n.8T00588755 del 06.06.2003, oltre interessi.
Va, infine, rilevato che tale illecito comportamento, reiterato nel tempo, ha concretizzato un abuso di posizione dominante ed ha violato il principio di buona fede che sottintende ogni rapporto contrattuale, integrando così la violazione dell’art.1175 c.c. nonchè della Legge 281/98 posta a tutela del consumatore: ciò quindi comporta il diritto di quest’ultimo al risarcimento del danno che può essere quantificato, ai sensi dell’art.1226 c.c. nella somma di € 50,00.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P Q M
Il Giudice di Pace di Nola, Avv. Paolo Formicola, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da LAURI NICOLETTA nei confronti della TELECOM ITALIA S.p.A, in persona del suo legale rapp.te pro tempore, così decide:
– Accoglie la domanda proposta da LAURI NICOLETTA nei confronti della TELECOM ITALIA S.p.A. in persona del legale rapp.te pro tempore;
– Dichiara indebitamente percepite dalla TELECOM ITALIA S.p.A., in persona del suo legale rapp.te pro tempore, nella misura di €0,62 oltre I.V.A. le spese di spedizione della bolletta;
– Condanna, per l’effetto,la TELECOM ITALIA S.p.A., in persona del suo legale rapp.te pro tempore, al pagamento, in favore di LAURI NICOLETTA, a titolo di ripetizione dell’indebito, della somma complessiva di Euro 0,62, oltre I.V.A. e oltre interessi legali dalla data di pagamento delle fatture al sodisfo;
– Condanna la TELECOM ITALIA S.p.A., in persona del suo legale rapp.te pro tempore, al pagamento, in favore di LAURI NICOLETTA, a titolo di risarcimento danni, della somma complessiva di Euro 50,00, oltre interessi legali dalla domanda al sodisfo;
– Condanna la TELECOM ITALIA S.p.A, in persona del suo legale rapp.te pro tempore, al pagamento delle spese di giudizio, liquidate d’ufficio in assenza di nota spese, nella complessiva somma di Euro 444,69, di cui Euro 39,69, per spese, Euro 350,00, per diritti, ed Euro 55,00, per onorario, oltre IVA e CPA, e rimborso spese generali, con attribuzione agli Avv.ti Pietro e Luigi Manzi, dichiaratisi anticipatari.
Così deciso in Nola il 21 Settembre 2005
IL GIUDICE DI PACE
AVV. PAOLO FORMICOLA