Giudice di pace, se competente per valore, decide le pretese da liti immobiliari
Ampliata la competenza del giudice di pace da parte della Suprema Corte. Infatti, con l’ordinanza 19 ottobre 2011, n. 21582 gli ermellini hanno dichiarato la competenza del giudice di pace (nei limiti della sua competenza per valore)anche in ordine alle controversie aventi ad oggetto pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile, salvo che la questione proprietaria non sia stata oggetto di un esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta non appaia, ictu oculi, alla luce delle evidenze probatorie, infondata e strumentale – siccome formulata in violazione dei principi di lealtà processuale – allo spostamento di competenza dal giudice di prossimità al giudice togato.
E’ questo il rilevante principio di diritto che i giudici della Suprema Corte hanno individuato in una materia particolarmente delicata, come quella della competenza. L’oggetto della controversia era relativo ad una richiesta di risarcimento del danno da parte di un condominio nei confronti dell’impresa edile per difetti di costruzione del fabbricato riscontarti per una somma di circa duemila euro.
Investita della decisione, la Corte ha affrontato in maniera decisiva il tema della competenza del giudice di pace in materia. In particolare, con riferimento all’ordinanza n. 21582/2011, la Cassazione accoglie un orientamento giurisprudenziale, fino ad oggi sicuramente minoritario, che trova anche dei presupposti in parte della dottrina processuale sul tema. Secondo quest’ultima, il termine materia non ha un significato preciso nella terminologia processuale, sicché definire la competenza che ne consegue come quella che dipende dal tipo di rapporto giuridico dal tipo di provvedimento giurisdizionale finirebbe per assorbire in se stessa tutta la competenza per valore e gran parte della competenza per territorio.
Pertanto il carattere mobiliare dell’azione non risulta traducibile in un significato di limite di petitum della domanda apparendo, difatti, alquanto semplicistica l’affermazione per cui ogni azione avente ad oggetto un immobile sarebbe ipso facto sottratta alla cognizione del giudice di pace.
Di qui la decisione della Cassazione che, accogliendo nel sintagma bene mobile il bene somma di denaro, e richiamando il concetto di petitum mediato come criterio attributivo della competenza, ne ha fatto conseguire che allorquando si eserciti una pretesa di risarcimento danni per equivalente, assumendo che il danno si sia verificato su di un immobile (quale che ne sia il titolo di godimento), il diritto fatto valere, avendo ad oggetto una somma di danaro – e, quindi, un petitum mediato inerente il conseguimento di un bene della vita rappresentato da un bene mobile -, è per definizione un diritto concernente una cosa mobile, qual è il danaro e, pertanto, agli effetti dell’art. 7 c.p.c., comma 1, la relativa domanda è senz’altro riconducibile all’ambito della competenza generale mobiliare così prevista a favore del giudice di pace (cfr. Cass. 17039 del 2010).
Questo il nocciolo della decisione dei giudici del Palazzaccio che escludono le sole azioni reali immobiliari, cioè quelle la cui causa petendi sia costituita da un diritto reale. Fra i motivi che hanno indotto la Corte di Cassazione ad adottare l’ordinanza richiamata, oltre a quelli più strettamente giuridici appena richiamati, è necessario segnalare anche una valutazione generale di economia dei processi, in modo da non sovraccaricare i tribunali con cause minori.