Giudice di pace, uffici deserti centinaia di fascicoli incustoditi
Stanze vuote con dentro qualche albero di Natale per ricordare che è
festa. Persiane abbassate. E soprattutto fascicoli sparsi a caso sulle
scrivanie. Telefoni che squillano per ore senza che nessuno risponda.
Avvocati che entrano ed escono dalle cancelliere, liberi di poter
spulciare e consultare carte e fascicoli, senza alcun controllo. È il
suk delle cancellerie dei giudici di pace, aperto in via Teulada dalla
nove a mezzogiorno in questi giornate di quiete dove le udienza
procedono a ritmi decisamente meno frenetici. Pochi, davvero troppi
pochi, forse tre o quattro i cancellieri rimasti a sorvegliare le loro
«casseforti».
Forzieri che contengono carte di processi importanti, quantomeno da un
punto di vista economico. Ricorsi contro cartelle esattoriali, incidenti
stradali in cui sono in ballo risarcimenti fino a 20mila euro, liti
condominiali. Atti che in queste ore sono lasciati in balìa di ogni
intruso. Magari anche di qualcuno disposto a rubare un fascicolo pur di
vincere una causa. Perché in queste stanze aperte a chiunque non c’è
assolutamente nessuno che controlli chi entra, cosa fa, che intende
visionare. E soprattutto nessuno che veda quello che viene portato via.
Anche i corridoi sono liberi da «custodi». In due giorni di
visite-indagine è capitato di incontrare al massimo un carabiniere.
L’assenza dei cancellieri è dovuta alle ferie, ma il vuoto sembra
esagerato. Alle ore nove e mezza del mattino di mercoledì 3 gennaio,
orario di punta per i processi, si accede alle cancellerie che è una
bellezza. Si entra a quella del secondo piano liberamente, volendo si
può portare via qualsiasi documento o atto. Alle ore dieci niente è
cambiato: c’è un bell’alberello di Natale, qualche foto, ma la stanza è
vuota. Si può addirittura chiudere la porta e rimanere nella stanza da
soli, indisturbati: noi e i fascicoli. Nessuno che chieda di esibire un
documento. Nessuno che si preoccupi di controllare cosa stiamo
guardando. Una volta conclusa la consultazione si esce dalla stanza e si
sale un piano. La scena è identica in qualsiasi altra cancelleria.
Dentro c’è un’avvocatessa che rovista tra le carte. Anche lei si
interroga su che fine abbiano fatto i cancellieri. A domanda precisa,
risponde ironica: «Lei li ha visti?».
Una cancelleria d’angolo è soleggiata e tranquilla. Viene quasi voglia
di portarsi via tutto, quantomeno per vedere se qualcuno interviene. È
addirittura inutile chiudersi dentro, tanto si può prendere un intero
fascicolo, metterlo sotto la giaccia, scendere per strada e poi
cominciare a sfogliarlo e riportarlo al suo posto, in assoluta
tranquillità. «È triste – osserva l’avvocato Alessandra Pietrantoni,
mentre scartabella le sue carte – Potrei portarmi via quello che voglio.
Qui dentro sono tutti in ferie. Noi avvocati siamo corretti. Le cause
si vincono davanti al giudice. Certo non rubando». Ma se ci fosse
qualche malintenzionato non ci sarebbe nessuno a fermarlo.
L’avvocatessa Martina Petri è abituata a destreggiarsi tutto l’anno nei
corridoi di via Teulada. «Di solito la situazione però è meno drammatica
– spiega – I cancellieri controllano quale fascicolo si intende
visionare. E dopo averlo consegnato restano nella camera insieme a noi».
Nei giorni scorsi, invece, le persiane delle stanze erano chiuse e le
porte aperte. In una delle cancellerie squilla pure il telefono. Gli
avvocati presenti ridono e sono quasi tentati di rispondere. In tutta la
mattinata trascorsa tra i due edifici soltanto una volta una
cancelliera interviene per capire cosa ci faccia un estraneo con un
Iphone in mano, a riprendere la scena. Ma è una rarità. Il viaggio si
conclude ripartendo dalla stanza da dove tutto è cominciato. È ancora
vuota, c’è sempre solo l’alberello.