Giustizia impotente nella lotta alla corruzione. Il rapporto del Consiglio d’Europa
STRASBURGO – Un allarmante numero di processi per corruzione che si chiudono per decorrenza dei termini nonostante vi siano prove schiaccianti contro gli imputati. Pubblici amministratori
che rimangono al loro posto nonostante siano corrotti per mancanza di
adeguate sanzioni disciplinari. Totale assenza di misure per
contrastare e punire la corruzione di parlamentari e membri del governo, se non il difficile ricorso a un processo penale. E’ il quadro desolante della giustizia e della corruzione in Italia, che emerge dal primo rapporto sul nostro paese diffuso oggi da Greco,
organismo del Consiglio d’Europa che tiene monitorato il livello di
corruzione. L’Italia è entrata nel gruppo di stati che fanno parte di
Greco nel 2007.
Critiche al lodo Alfano, promosse le associazioni che combattono il pizzo
Nel rapporto, in cui si critica duramente anche il Lodo Alfano,
le uniche parole positive sono rivolte alla magistratura, che “dimostra
un chiaro impegno nel gestire con efficacia i processi per corruzione”
e alla Confindustria e alle Camere di Commercio per le
iniziative, come quella di minacciare l’espulsione dei membri che
pagano il pizzo, intraprese per contrastare il fenomeno. Ma l’impegno
degli uni e degli altri non è sufficiente a combattere la corruzione,
che secondo numerosi studi condotti negli anni, nel nostro paese è
diffusa e sistematica. I motivi fondamentalmente sono due: repressione
spesso inefficace e insufficienti misure di prevenzione.
Le tattiche dilatorie per mandare i processi in prescrizione
Da un lato l’Italia ha delle leggi che permettono “a chi abbia un
abile avvocato di utilizzare tattiche per ritardare il processo fino a
che non scatta la decorrenza dei termini”. Questo non solo fa sì che
molti, anche in caso di prove inconfutabili a loro carico, sfuggano
alle maglie della giustizia, rendendo misure come la confisca dei beni
solo teoriche, perché per renderle effettive occorre una condanna. Ma
porta anche molti giudici, che per ovviare al problema della decorrenza
dei termini si concentrano sui casi di corruzione più gravi e di alto
profilo, a “lasciar morire” i casi di corruzione di entità minore.
Questo nel rapporto viene descritto come “un prezzo forse troppo alto
da pagare” visto che sono proprio questi casi minori ad avere un
effetto maggiore sulla vita dei cittadini, e la non azione porta le
persone a ritenere la corruzione un fatto inevitabile. Greco
arriva alla conclusione che “mentre le leggi penali in vigore e il duro
lavoro dei magistrati per applicarle possono aver avuto un effetto
decisivo agli inizi degli anni ’90, sembrerebbe che attualmente
occorrano soluzioni a lungo termine più elaborate, inclusa
l’introduzione di meccanismi anti corruzione di tipo preventivo”.
Secondo Greco infatti le misure sinora introdotte sul fronte della prevenzione “sono timide”.
22 raccomandazioni per sanare la situazione
Il rapporto del Consiglio d’Europa rivolge all’Italia 22 raccomandazioni
per sanare la situazione e mettere il Paese in linea con gli standard
stabiliti dall’organismo. Tra un anno e mezzo il governo dovrà rendere
conto di come ha dato seguito a ciascuna raccomandazione e allora
secondo Drago Kos, presidente di Greco, si potrà veramente valutare la volontà di combattere la corruzione del governo italiano.