«Gli Stati Uniti spiarono i vertici Onu»
MILANO – Una campagna segreta dell’intelligence Usa nei confronti dei vertici delle Nazioni Unite, compreso il segretario generale Ban Ki-moon. A rivelarla è uno dei 250 mila file consegnati da Wikileaks al New York Times e al Guardian e anticipati in parte dalla stampa internazionale e infine pubblicati sul sito fondato da Julian Assange. Documenti per la maggior parte riferiti agli ultimi tre anni, nessuno dei quali è classificato «top secret», ma che rivelano le conversazioni tra Washington e circa 270 ambasciate e consolati di diversi Paesi del mondo.
LA REAZIONE DI WASHINGTON – Un’azione «sconsiderata e pericolosa» attacca la Casa Bianca. «Questi file – si legge in un comunicato del portavoce Robert Gibbs – potrebbero compromettere le discussioni private con i governi stranieri e i leader dell’opposizione. Non solo, quando tutto questo finirà sulle prime pagine dei giornali del mondo, allora l’impatto non sarà solo sulla politica estera Usa ma su tutti i nostri alleati e amici nel mondo».
ATTACCO HACKER – Nella giornata di domenica il sito di Wikileaks ha denunciato di essere sotto attacco. Il suo fondatore Julian Assange è «scomparso» dal 18 novembre scorso, quando la magistratura svedese ha spiccato nei suoi confronti un mandato d’arresto internazionale per stupro e molestie. Nelle ore della pubblicazione dei documenti si è limitato a collegarsi in video con la conferenza dei giornalisti investigativi ad Amman, in Giordania. «Non è il posto migliore dove stare se ti cerca la Cia», ha detto, spiegando di non poter rivelare dove si trovi in questo momento. Riportiamo di seguito alcuni dei principali argomenti contenuti nei file di Wikileaks.
SPIONAGGIO E ONU – L’operazione nei confronti delle Nazioni Unite avrebbe riguardato non solo il segretario generale ma anche i membri permanenti cinese, russo, francese e inglese del Consiglio di sicurezza, rivelano i documenti pubblicati dal Guardian. Nel 2009, sotto il nome di Hillary Clinton, sarebbe stata inviata ai diplomatici americani una direttiva – a metà tra diplomazia e spionaggio – in cui si chiedevano dati tecnici e password sui sistemi di comunicazione usati dai funzionari Onu, dettagliate informazioni biometriche su uomini chiave come sottosegretari o capi di agenzie speciali, oltre a numeri di carte di credito, indirizzi email e numeri di telefono.
RUSSIA STATO DELLA MAFIA – I diplomatici Usa considerano la Russia «virtualmente uno Stato della mafia», secondo i documenti di Wikileaks riportati dai siti di alcuni quotidiani: la Russia e le sue agenzie usano i boss della mafia per effettuare le loro operazioni, la relazione è così stretta che il Paese è divenuto «virtualmente uno stato della mafia».
ATTACCO ALL’IRAN E MISSILI DA PYONGYANG – Rivelazioni pubblicate dal Guardian anche sul regime di Teheran. Nelle note diplomatiche Usa si legge che il re Saudita Abdullah «ha ripetutamente esortato gli Usa ad attaccare l’Iran per mettere fine al suo programma di armamento nucleare». L’ambasciatore saudita a Washington, Adel al-Jubeir, in un incontro nell’aprile 2008 con il generale Usa David Petraeus disse di «tagliare la testa al serpente». Scrive invece sui rapporti Iran-Corea del Nord il New York Times. Secondo un documento di Wikileaks datato 24 febbraio 2010, Teheran ha ottenuto 19 missili dalla Corea del Nord e i diplomatici Usa temono che potrebbero dare per la prima volta all’Iran la capacità di colpire una capitale europea o Mosca e che la loro avanzata propulsione potrebbe accelerare lo sviluppo iraniano di missili balistici intercontinentali. Su richiesta dell’amministrazione Obama – afferma inoltre il quotidiano – il New York Times ha deciso di non pubblicare il testo completo del documento.
AFGHANISTAN E SOSPETTI DI CORRUZIONE – In base ai file di Wikileaks, il New York Times scrive anche che, quando lo scorso anno il vicepresidente dell’Afghanistan Ahmed Zia Massoud visitò gli Emirati Arabi Uniti, le autorità locali – in collaborazione con la Drug Enforcement Administration americana – avevano scoperto che portava con sé 52 milioni di dollari in contanti. L’ambasciata Usa di Kabul inviò a Washington un documento con il quale specificò che si trattava di una «somma significativa», e che Massoud «aveva il diritto di averla con sé e di non rivelare l’origine e la destinazione del denaro». Massoud invece negò di aver portato denaro fuori dall’Afghanistan.
GUANTÁNAMO E LE TRATTATIVE CON I PAESI STRANIERI – Rivelano alcuni documenti in possesso del New York Times che, dopo le numerose polemiche riguardanti Guantánamo, i diplomatici americani fecero pressioni su alcuni Paesi stranieri perché accettassero alcuni detenuti del carcere. Alla Slovenia fu detto che se voleva incontrare il presidente degli Stati Uniti Barack Obama avrebbe dovuto accettare un prigioniero mentre all’isola di Kiribati furono offerti incentivi per milioni di dollari in cambio di un gruppo di detenuti. Gli Stati Uniti suggerirono inoltre al Belgio che accettare più detenuti sarebbe stato «un modo low cost di emergere in Europa».
CINA E ATTACCO INFORMATICO – Sin dal 2002 le autorità cinesi avrebbero diretto un’intrusione nei sistemi informatici di Google, come rivelato da una fonte cinese all’ambasciata Usa di Pechino e come è riportato in un telegramma riservato reso pubblico da Wikileaks (di cui dà conto il New York Times). L’attacco a Google faceva parte di una campagna coordinata di sabotaggio informatico condotta da agenti governativi, esperti privati e «fuorilegge di internet» reclutati dal governo cinese. Sin dal 2002 avrebbero avuto accesso al sistema informatico del governo Usa e dei suoi alleati occidentali.
I SAUDITI E AL QAEDA – Secondo una nota diplomatica Usa dello scorso dicembre, riassunta dal New York Times, i Sauditi sono i principiali finanziatori di Al Qaeda e lo stato del Qatar è il «peggiore nella regione» nella lotta al terrorismo; il suo servizio di sicurezza «esitante ad agire contro noti terroristi».
SIRIA E ARMI ALL’HEZBOLLAH – Dai documenti in possesso del New York Times emerge anche la preoccupazione americana per la fornitura di armi «sempre più potenti» dalla Siria all’Hezbollah. I file riguardano conversazioni avvenute una settimana dopo che il presidente siriano, Bashar al-Assad, aveva garantito al Dipartimento di Stato americano di non fornire armi alla milizia nel sud del Libano.
PAKISTAN – Secondo documenti del dipartimento di Stato Usa, resi noti da Wikileaks e pubblicati dal New York Times, fin dal 2007 gli Usa hanno avviato azioni segrete, finora senza successo, per rimuovere da un reattore nucleare del Pakistan uranio altamente arricchito che «funzionari americani temevano potesse essere utilizzato per un ordigno non lecito».
I RITRATTI DEI LEADER – Dai file di Wikileaks sono spuntati anche giudizi sui leader del mondo, resi noti dal tedesco Der Spiegel che li ha ritratti sulla copertina del numero in uscita lunedì (guarda). Mahmud Ahmadinejad, con la didascalia «Questo è Hitler», il colonnello Muammar Gheddafi («Procaci biondine come infermiere»), il presidente afghano Karzai («Spinto dalla paranoia»), il presidente francese Sarkozy («Il re nudo») e, ultimo in fondo a destra, il premier italiano Silvio Berlusconi, con la didascalia «Feste selvagge». Il suo rapporto con Putin, i troppi festini e la sua inadeguatezza. Questo pensa la diplomazia americana del premier italiano Silvio Berlusconi, secondo i documenti svelati da Wikileaks. E lui come la prende? Ci ride sopra. Infatti il presidente del Consiglio, secondo quanto si è appreso da fonti autorevoli, quando gli è stato riferito il contenuto delle rivelazioni diffuse dal sito di Julian Assange sull’Italia, si è fatto una risata.
PUTIN – Una relazione straordinariamente stretta fra Vladimir Putin e il primo ministro italiano Silvio Berlusconi, che include «regali generosi», contratti energetici redditizi: Berlusconi «sembra essere il portavoce di Putin» in Europa. Così sono iniziate le pubblicazioni dei documenti della diplomazia americana ottenuti da Wikileaks. Scrive il New York Times: diplomatici americani a Roma riportano nel 2009 come i loro contatti italiani descrivano il rapporto tra Berlusconi e Putin come «straordinariamente stretto». Secondo il documento il rapporto includeva «generosi regali», lucrosi contratti in campo energetico e un «oscuro intermediario italiano che parla russo». Il britannico Sunday Telegraph spiega che gli Usa erano preoccupati per l’intesa tra Eni e Gazprom su Southstream, il mega-gasdotto che collegherà Russia e Ue.
«VANITOSO» – Sul britannico Guardian in un documento inviato a Washington dall’incaricata d’affari americana a Roma Elizabeth Dibble si afferma che Silvio Berlusconi è considerato «inetto, vanitoso e incapace (in originale feckless, vain, and ineffective) come leader». In un altro rapporto da Roma si dice che Berlusconi è «fisicamente e politicamente debole». Le sue «frequenti lunghe nottate e l’inclinazione ai party significano che non si riposa a sufficienza».
DUBBI CLINTON – Invece in un documento riservato anticipato dal sito Wikileaks e pubblicato dal settimanale tedesco Der Spiegel. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, ha chiesto all’inizio di quest’anno alle ambasciate americane a Roma e Mosca informazioni su eventuali «investimenti personali» dei premier Silvio Berlusconi e Vladimir Putin che possano condizionare le politiche estere o economiche dei rispettivi paesi.
«FESTE SELVAGGE» – Rivelazioni anche sull’edizione online di El Pais che ha iniziato la pubblicazione mettendo in copertina le fotografie di sette leader mondiali, fra i quali Silvio Berlusconi, con una citazione estratta da una nota americana: «Le feste selvagge di Berlusconi» e viene evidenziata la «sfiducia profonda che suscita a Washington». A proposito del premier di Mosca il giornale spagnolo afferma che i documenti «pongono in evidenza il sospetto americano che la politica russa sia nelle mani di Valdimir Putin, giudicato un politico di stampo autoritario, il cui stile machista gli consente di collegarsi perfettamente con Silvio Berlusconi».
FRATTINI – Tra le rivelazioni c’è un telegramma – pubblicato su Wikileaks e classificato come segreto – inviato a Washington dall’ambasciata americana a Roma lo scorso 8 febbraio, in seguito a un incontro tenutosi il ministro degli Esteri Franco Frattini e il segretario della Difesa degli Stati Uniti Robert Gates nel quale il titolare della Farnesina «ha espresso particolare frustrazione per il doppio gioco di espansione verso l’Europa e l’Iran da parte della Turchia». La «sfida, secondo Frattini, è portare la Cina al tavolo» dei colloqui sulla questione iraniana. Cina e India, secondo Frattini sono «Paesi critici per adottare misure che potrebbero influenzare il governo iraniano senza ferire la popolazione». Il ministro «ha anche proposto di inserire Arabia Saudita, Turchia, Brasile, Venezuela e Egitto nelle conversazioni», si legge nel documento. Frattini «ha anche proposto un incontro informale tra i Paesi del Medio Oriente» per «consultarsi sulla questione iraniana». E – ha riferito – «il segretario di Stato Clinton è d’accordo».
OLTRE 3 MILA FILE INVIATI DALL’ITALIA– Secondo il quotidiano spagnolo El Pais sono «3.012» i file inviati dalle sedi diplomatiche americane in Italia e «catturati» da Wikileaks contenuti in una mappa intitolata «Interscambio dei documenti e zone calde del pianeta». Le sedi diplomatiche americane in Italia, secondo la mappa, non sono tra quelle che hanno inviato più documenti rivelati dal sito di Julian Assange. Al primo posto, c’è l’ambasciata Usa ad Ankara, con 7.918 telegrammi inviati. Al secondo posto, la sede statunitense a Baghdad, con 6.677 documenti e al terzo Tokio, con 5.697. L’Italia, secondo i dati forniti da El Pais, si piazzerebbe al sedicesimo posto di questa speciale classifica.