Goletta Verde è a metà dell’opera: mari in buono stato, il problema sono i fiumi
Dopo un mese di navigazione sono stati 284 i prelievi effettuati da Goletta Verde di Legambiente lungo le coste italiane: di questi 260 sono usciti puliti, 17 sono risultati leggermente inquinati, 5 inquinati e 2 gravemente inquinati. Nonostante alcune criticità, le acque di balneazione delle 9 regioni passate al vaglio dei microscopi dei biologi di Goletta Verde in questa prima parte del viaggio, non destano preoccupazione.
Ma sono, anche quest’anno, le foci dei fiumi a preoccupare: il 60% di queste sono gravemente inquinate. Seppur non balenabili per legge, vengono monitorate ogni anno dai biologi di Legambiente perché sono un indicatore puntuale della qualità della depurazione e rappresentano spesso il principale fattore di inquinamento dei nostri mari. Su 52 punti di campionamento relativi alle foci ben 31 fanno registrare parametri vertiginosamente fuori dai limiti consentiti dalla legge, risultando gravemente inquinate, 3 sono inquinate, 5 leggermente inquinate e solo 12 pulite. Una situazione da codice rosso che conferma, come gli scorsi anni, sia l’assenza di una corretta gestione, sia politiche depurative gravemente carenti.
Il problema dell’inquinamento alle foci dei fiumi è comune a tutte le Regioni visitate da Goletta Verde ed è particolarmente grave in Campania. Uniche eccezioni la Toscana, dove solo una delle cinque foci analizzate risulta gravemente inquinata mentre tutte le altre hanno fatto registrare valori di inquinamento batterico entro i limiti di legge, e la Puglia, dove le due foci campionate risultano entro la norma.
La storica campagna di monitoraggio e informazione sullo stato di salute del Mare Nostrum firmata Legambiente e realizzata con la collaborazione del Ministero dell’Ambiente e tutela del territorio e del mare, ha analizzato anche gli ecomostri che incombono sul litorale italiano. Dopo l’abbattimento di Punta Perotti, resta tuttora in piedi, sempre in Puglia ma nel Foggiano, il villaggio abusivo di Torre Mileto. Un caso su tutti di pessima gestione del territorio, troppo spesso divorato da attività volte alla pura speculazione e lontane da qualunque politica di salvaguardia e tutela dell’ambiente.
Ma ce ne sono molti altri. Continua a deturpare il litorale della Penisola Sorrentina, ad esempio, lo scheletro di cemento dell’Albergo di Alimuri. Grave la situazione anche in Calabria, dove gli ecomostri in riva al mare non si contano davvero. Si va dalla Palafitta e dal Trenino di Falerna (Cs), ai tre mega-alberghi sulle coste di Fiuzzi (Cs), passando per il grande complesso residenziale di cinque piani costruito a picco sul mare lungo la costa di Joppolo (VV) o per il Pennello di Vibo Marina. Non è indenne dal fenomeno neanche la costa ionica della Calabria, vittima di un abusivismo che trova le sue radici negli politiche edilizie degli anni ’80 e di concessioni del tutto estranee a pianificazioni territoriali sostenibili. Altrettanto grave la Sicilia, le cui coste sono state aggredite, tra l’altro, dall’ampliamento della lottizzazione della Torre delle Ciavole a Piraino (Me).