Greenpeace, un test del Dna sulle scatolette di tonno
Cosa contengono le scatolette di tonno sciorinate dagli scaffali dei supermercati? Greenpeace risponde con “A scatola chiusa”, un rapporto che contiene i test del Dna eseguiti dal laboratorio indipendente spagnolo AZTI Tecnalia su 165 scatolette di tonno provenienti da 12 Paesi, fra cui l’Italia.
Risulta che una volta su tre non si sa con esattezza cosa si mangia.
In Italia i test sono stati effettuati su prodotti appartenenti ai marchi Riomare, Nostromo e MareAperto Star.
Le scatolette che vanno per la maggiore nei supermercati non contengono il tonno rosso del Mediterraneo, la specie che rischia di più. Le preoccupazioni ecologiche non c’entrano: il tonno rosso è caro e molto apprezzato dai consumatori. I giapponesi, poi, fanno follie per procurarselo. Di conseguenza – le rare volte che viene inserito nelle scatolette – lo si etichetta per quel che è, e lo si fa pagare per quel che vale.
Di solito per le scatolette destinate al mercato europeo vengono utilizzate specie dell’oceano Pacifico o dell’oceano Indiano: soprattutto il tonnetto striato (Katsuwonus pelamis), il più abbondante, ma anche il tonno pinna gialla (Thunnus albacares), e il tonno obeso (Thunnus obesus), i cui stock sono sotto pressione e presentano ormai chiari segni di sovrasfruttamento.
Dalle analisi di Greenpeace risulta anche che in Italia, passando da una scatoletta all’altra dello stesso prodotto, il consumatore può trovare specie differenti di tonno. Questo avviene, per esempio, per i prodotti Nostromo e Mare Aperto Star.
L’etichetta recita : “Ingredienti: tonno”, senza specificare la varietà. Perfettamente lecito. Il che però impedisce di scegliere in modo responsabile e di sapere esattamente cosa si mangia.
Più in generale, risulta che fra le 165 scatolette di tonno provenienti da 12 Paesi sottoposte all’analisi una su tre contiene specie differenti di tonno mescolate insieme, o diverse da quanto indicato in etichetta, o ancora che possono variare a seconda del lotto di provenienza.
Secondo Greenpeace questo avviene soprattutto a causa di sistemi di pesca poco sostenibili, come i “sistemi di aggregazione per pesci“ o Fad, oggetti galleggianti che attirano esemplari giovani di tonno ma anche altri pesci, compresi esemplari appartenenti a specie minacciate. Una volta issati a bordo dei pescherecci, i tonni vengono congelati tutti insieme: e la loro successiva identificazione risulta difficile.
Da Greenpeace Italia “A scatola chiusa”, i risultati dei test genetici condotti su 165 scatolette di tonno