Guida con il cellulare. I punti sulla patente? Tolti solo a chi guida Cassazione civile sentenza 29.04.2010 n° 10363
Nel caso di multa, per guida al volante con il cellulare, senza
auricolare o vivavoce, non contestata immediatamente al guidatore, sarà
quest’ultimo a subire la detrazione del punti sulla patente, anche nel
caso in cui la contravvenzione sia notificata al proprietario del
veicolo. Quest’ultimo dovrà semplicemente indicare il nome di colui che
si trovava alla guida del mezzo al momento della violazione. Lo ha
stabilito la Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione,
con la sentenza 29 aprile 2010, n. 10363.
Come evidenziato dalla Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale, con la sentenza 24 gennaio 2005, n. 27 ebbe già modo di dichiarare l’incostituzionalità del D.lgs. 30 Aprile 1992, n. 285, art. 126-bis, comma 2, introdotto dal D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, art. 7 e modificato dal D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 7, comma 3, lett. b), convertito in L. 1 Agosto 2003, n. 214,
nella parte in cui disponeva che, per le violazioni di norme del codice
della strada che comportino la decurtazione di punti sulla patente, nel
caso di mancata identificazione del conducente, la segnalazione
all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida dovesse essere
effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso
non comunicasse, entro trenta giorni dalla richiesta, all’organo di
polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al
momento della commessa violazione, anziché stabilire che, nel caso di
mancata identificazione del conducente, il proprietario del veicolo,
entro trenta giorni dalla richiesta, dovesse fornire, all’organo di
polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al
momento della commessa violazione.
Il giudice nomofilattico,
sulla base di quanto disposto dal Giudice delle leggi, stante la
validità della multa, afferma l’illegittimità della decurtazione dei
punti in capo al proprietario del veicolo, nell’ipotesi in cui non sia
immediatamente identificato il conducente del medesimo.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
Sentenza 29 aprile 2010, n. 10363
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Il
giudice di pace di Roma con sentenza del 30 gennaio 2006 respingeva
l’opposizione proposta da P.F. avverso il Prefetto di Roma per
l’annullamento dell’ordinanza ingiunzione n. ****, relativa a
violazione dell’art. 173 C.d.S., commi 2 e 3, per aver usato, alla
guida di un’autovettura, un telefono cellulare non dotato di
auricolare. L’opponente ha proposto ricorso per cassazione, notificato
il 6/8 febbraio 2007, con quattro motivi. Il Prefetto di Roma è rimasto
intimato. Avviata la trattazione con il rito previsto per il
procedimento in Camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto
l’accoglimento del ricorso con riguardo alla penalizzazione dei punti
patente perchè manifestamente fondato.
Il primo motivo di
ricorso denuncia violazione dell’art. 126 bis C.d.S., del D.L. n. 251
del 2003, art. 7, comma 3, vizi del procedimento e vizi di motivazione
in relazione al rigetto del motivo di opposizione con il quale era
stata denunciata la illegittimità della sanzione accessoria della
decurtazione dei punti patente del proprietario di un veicolo in
mancanza di contestazione immediata dell’infrazione.
Il motivo è fondato.
Va
premesso che secondo questa Corte (SU 20544/08; 22235/09) in tema di
sanzioni amministrative per violazioni del codice della strada,
l’opposizione giurisdizionale, nelle forme previste della L. 24
novembre 1981, n. 689, artt. 22 e 23, ha natura di rimedio generale
esperibile, salvo espressa previsione contraria, contro tutti i
provvedimenti sanzionatori, ivi compresi quelli di sospensione della
validità della patente di guida e quelli prodromici a tale sospensione,
quali la decurtazione progressiva dei punti; mentre, l’esclusione di
tale rimedio per il provvedimento di decurtazione dei punti
contrasterebbe con gli artt. 3 e 24 Cost., intaccando l’omogeneità del
sistema sanzionatorio del codice della strada. Ne risulta
l’impugnabilità dell’ordinanza che ha recepito il verbale con il quale
era preannunciata la decurtazione dei punti patente. In proposito va
ricordato che Corte Cost., 24-01-2005, n. 27 ha ritenuto che è
incostituzionale il D.Lgs. 30 aprile 1992 n. 285, art. 126 bis, comma
2, introdotto dal D.Lgs. 15 gennaio 2002, n. 9, art. 7 e modificato dal
D.L. 27 giugno 2003, n. 151, art. 7, comma 3, lett. b), convertito in
L. 1 agosto 2003, n. 214, nella parte in cui dispone che per le
violazioni di norme del codice della strada che comportino la
decurtazione di punti sulla patente, nel caso di mancata
identificazione del conducente, la segnalazione all’anagrafe nazionale
degli abilitati alla guida deve essere effettuata a carico del
proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro
trenta giorni dalla richiesta, all’organo di polizia che procede, i
dati personali e della patente del conducente al momento della commessa
violazione, anziché stabilire che, nel caso di mancata identificazione
del conducente, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla
richiesta, deve fornire, all’organo di polizia che procede, i dati
personali e della patente del conducente al momento della commessa
violazione.
Il giudicante nel respingere il ricorso ha omesso
qualsiasi motivazione sul punto, trascurando la decisione della Corte
Costituzionale.
Orbene, pur dovendosi ricordare che l’ordinanza
ingiunzione “confermativa del verbale” impugnato (come si legge
nell’atto di opposizione) non dispone la sanzione accessoria della
decurtazione, che è riservata al successivo provvedimento del
Dipartimento competente, resta comunque accertata la erroneità della
decisione di rigetto sulla impugnazione della decurtazione dei punti
patente.
Detta decurtazione era illegittima in un caso in cui,
essendo stata omessa la contestazione immediata dell’infrazione, non
era stato identificato il conducente del veicolo.
Infondati sono
invece gli altri motivi di ricorso. Con il secondo l’opponente contesta
che la sentenza abbia incongruamente ritenuto che la produzione di
tabulati telefonici del “presunto trasgressore”, da cui risultava
l’assenza di telefonate in uscita, fosse insufficiente a smentire la
sussistenza dell’infrazione. Sul punto il giudicante ha rilevato che
detti tabulati non documentavano la possibile sussistenza di telefonate
ricevute nel momento in cui fu rilevata l’infrazione. Detta motivazione
è ineccepibile e trova ulteriore conforto nella possibilità che il
trasgressore stesse usando altro telefono, diverso da quello
principale; è invero frequente che un normale consumatore sia in
possesso di più utenze telefoniche mobili. La prova asseritamente mal
valutata era quindi insufficiente.
Il terzo motivo concerne
(violazione artt. 112 e 115 c.p.c., e vizio di motivazione) la pretesa
indeterminatezza del verbale per inesatta indicazione del luogo del
rilevamento, negata dalla sentenza impugnata. Anche in questo caso la
risultanza valorizzata non giova al ricorrente: questi osserva che il
luogo indicato – cioè l’incrocio della **** – si trova “molto distante”
dalla via ****, ma il rilievo è inconferente, poiché il riferimento a
via **** contenuto nel verbale opposto (e riportato in ricorso) è
relativo alla direzione via ****, cioè la direzione del veicolo, come
l’abbreviazione “dir.” rendeva comprensibile. Non solo quindi era
identificato il luogo del fatto, ma anche, correttamente, la direzione
percorsa dal veicolo;
questione, peraltro, irrilevante se non lede difesa (SS.UU. 362/00).
Il
quarto motivo denuncia violazione della L. n. 41 del 1990, art. 10
(recte n. 241/90) degli artt. 3, 24 e 113 Cost., e vizio di motivazione
per avere il giudice di pace ritenuto irrilevante la omessa
comunicazione dell’avvio del procedimento. Il giudice di pace aveva
rilevato che detta comunicazione non era dovuta, non avendo l’istante
chiesto l’audizione L. n. 689 del 1981, ex art. 18. Ciò a parere del
ricorrente costituirebbe violazione del diritto di difesa del
trasgressore. Le altre norme costituzionali sarebbero lese dal rilievo
probatorio assunto dalle affermazioni dell’organo accertatore.
Quest’ultimo
rilievo è vanificato dal valore probatorio privilegiato che il verbale
di accertamento assume anche in materia sanzionatoria, come di recente
ribadito dalle SS.UU. (n. 17355/09).
Il precedente profilo
contrasta con la giurisprudenza di questa Corte, la quale ha avuto modo
di precisare che: “In relazione alle ipotesi di ordinanza – ingiunzione
non trova applicazione la L. n. 241 del 1990, art. 7, che impone che
l’avvio del procedimento amministrativo venga comunicato ai soggetti
nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre i suoi
effetti. La L. n. 689 del 1981, è infatti legge speciale, che prevale
sulla legge generale e assicura garanzie non inferiori al minimum
prescritto dalla legge generale stessa, in quanto prevede non solo che
il trasgressore sia immediatamente informato dell’inizio del
procedimento con la contestazione o la notificazione, ma anche che
possa esercitare nel modo più ampio il proprio diritto di difesa, prima
dell’emanazione dell’eventuale ordinanza – ingiunzione da parte
dell’autorità competente” (Cass. 4670/03). Va aggiunto inoltre che le
ancor più ampie facoltà di contestazione ammesse in sede
giurisdizionale escludono ogni rilevanza delle omissioni o delle
carenze nel contraddittorio instaurato in fase amministrativa
precontenziosa (sul punto v. da ultimo SS.UU. 1786/010).
Discende
da quanto esposto l’accoglimento del solo primo motivo ricorso, il
rigetto degli altri e la condanna dell’amministrazione soccombente alla
refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.
Si fa
luogo, con decisione di merito ex art. 384 c.p.c., all’accoglimento
dell’originaria opposizione solo con riguardo al motivo accolto sulla
base di assorbenti motivi di diritto.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta gli altri.
Cassa
la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel
merito, annulla il verbale di contestazione impugnato nella parte
relativa alla decurtazione dei punti patente. Condanna alla refusione
delle spese di lite liquidate in Euro 400,00 per onorari, Euro 100,00
per esborsi, oltre accessori di legge.