I benefici alle vittime del terrorismo e della mafia hanno natura di diritto soggettivo
In tema di erogazione di una somma di denaro, ex lege 302/1990,
in favore dei familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della
criminalità organizzata, deve ritenersi che essi sono titolari, in
presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto
soggettivo alla speciale elargizione della somma prevista dalla
relativa normativa, essendo la p.a. priva di ogni potestà discrezionale
sia con riguardo all’entità della somma da erogare, prefissata dalla
legge, sia con riguardo ai presupposti dell’erogabilità, circoscritti
alla qualificazione dell’evento criminoso come riconducibile ad atti di
terrorismo o di criminalità organizzata e dovendo considerarsi,
peraltro, che nell’accertamento del requisito previsto dalla legge,
l’amministrazione si limita ad attuare un accertamento di natura
costitutiva”.
Norme interessate Legge 20 ottobre 1990, n. 302 Art. 1. Casi di elargizione << Art. 4. Elargizione ai superstiti. Comma Comma II: << l’elargizione Art. 9-bis. Condizioni per la fruizione dei benefici <<
A chiunque subisca un’invalidità permanente, per effetto di ferite o
lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello
Stato di atti di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, a
condizione che il soggetto leso non abbia concorso alla commissione
degli atti medesimi ovvero di reati a questi connessi ai sensi
dell’art. 12 del codice di procedura penale, è corrisposta una
elargizione fino a lire 150 milioni, in proporzione alla percentuale di
invalidità riscontrata, con riferimento alla capacità lavorativa, in
ragione di 1,5 milioni per ogni punto percentuale >>.
I: << ai componenti la famiglia di colui che perda la vita per
effetto di ferite o lesioni riportate in conseguenza dello svolgersi
delle azioni od operazioni di cui all’art. 1 è corrisposta una
elargizione complessiva, anche in caso di concorso di più soggetti, di
lire 150 milioni, secondo l’ordine fissato dall’art. 6 della legge 13
agosto 1980, n. 466, come sostituito dall’art. 2 della legge 4 dicembre
1981, n. 720 >>.
di cui al comma 1 è corrisposta altresì a soggetti non parenti nè
affini, nè legati da rapporto di coniugio, che risultino conviventi a
carico della persona deceduta negli ultimi tre anni precedenti l’evento
ed ai conviventi more uxorio; detti soggetti sono all’uopo posti,
nell’ordine stabilito dal citato art. 6 della legge 13 agosto 1980, n.
466, dopo i fratelli e le sorelle conviventi a carico>>.
le condizioni di estraneità alla commissione degli atti terroristici o
criminali e agli ambienti delinquenziali, di cui all’articolo 1, commi
1 e 2, sono richieste, per la concessione dei benefici previsti dalla
presente legge, nei confronti di tutti i soggetti destinatari >>.
Il caso
L’appellante
rimaneva vittima dell’uccisione del marito e di uno dei figli a seguito
di un evento criminoso occorso nella sua città, pertanto provvedeva a
presentare, istanza per la concessione dei benefici previsti ai sensi
dalla legge n. 302/1990.
Detta richiesta veniva rigettata con
provvedimento del 9/1/1996 in quanto, la P.A., riteneva che detta legge
trovasse applicazione soltanto in relazione ad eventi di matrice
terroristica e non alle ipotesi delittuose di altro genere (quale,
nella fattispecie, quella derivante da evento di tipo mafioso). Il
provvedimento de quo veniva annullato, con sentenza, dal Tar della Calabria n.1111 del 1998 affermando che “l’azione terroristica è anche quella posta in essere dalle associazioni di tipo mafioso”.
Ciò
posto, in data 8/3/2001, veniva ripresentata istanza per la concessione
dei suesposti benefici, ma con decreto del Ministero dell’Interno
dell’8/3/2001 la richiesta veniva rigettata anche a causa del parere
contrario espresso dalla Commissione Consultiva in data 30/3/2000, in
quanto si assumeva non raggiunta la prova obiettiva della completa
estraneità della vittima ad ambienti e rapporti delinquenziali di cui
all’art.1, comma 2, lett. b) della legge n. 302/1990.
Con il
ricorso di primo grado l’odierna appellante richiedeva l’annullamento
dei provvedimenti succitati prospettando altresì, come doglianze, la
violazione di legge e l’eccesso di potere.
I primi Giudici respingevano però il ricorso rilevandone l’ infondatezza.
Secondo il Tar, infatti, “la
legge 20 ottobre 1990, n. 302 nel prevedere una speciale elargizione in
favore di chiunque subisca un’invalidità permanente a causa di ferite o
lesioni in conseguenza dello svolgersi nel territorio dello Stato di
atti di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico, ovvero di
fatti delittuosi commessi per il perseguimento delle finalità previste
dall’art. 416 bis c.p., attribuiva all’Amministrazione un autonomo
potere di valutare l’esistenza nel caso concreto dei presupposti
legittimanti l’erogazione del beneficio, sia in caso di sentenza penale
che abbia accertato i fatti e stabilito le responsabilità, sia nel caso
in cui il procedimento penale non sia sfociato in sentenza, potendosi
in questa ipotesi esaminare le risultanze emerse in corso
dell’istruttoria. Pur in presenza di un rapporto del Comando
Provinciale dei Carabinieri, nel quale si riferiva che le persone degli
uccisi erano incensurate, non era precluso all’Amministrazione di
valutare dal complesso della documentazione la riconducibilità delle
lesioni prodotte alla matrice mafiosa degli eventi che ne hanno
costituito la causa”.
Continua il Tribunale amministrativo affermando sostenendo che “il
provvedimento oggetto di impugnazione sarebbe immune da vizi, in quanto
correttamente era stato valutato che l’omicidio di cui trattasi poteva
essere inquadrato in un’azione di rappresaglia da parte di componenti
di altra famiglia nei confronti di un altro figlio della signora,
pertanto non era stata conseguentemente raggiunta la prova obiettiva
della completa estraneità delle vittime ad ambienti e rapporti
delinquenziali”.
La parte appellante censurava la predetta
sentenza chiedendone l’annullamento per una serie di motivi fra i quali
si sosteneva che il primo provvedimento reiettivo annullato aveva
escluso la concedibilità della elargizione unicamente a cagione di una
inesatta interpretazione legislativa, successivamente corretta dal Tar,
dunque non si era mai affermato in punto di fatto il difetto dei
presupposti per la concedibilità del beneficio.
Era pertanto da
precludere all’amministrazione, in sede di ottemperanza al giudicato
annullatorio, l’esclusione della oggettiva spettanza del beneficio a
cagione dell’asserita non provata estraneità a rapporti con
organizzazione criminali delle vittime.
In ogni caso, tale
motivazione veniva assunta come palesemente errata poiché il fatto che
uno dei figli faceva parte della malavita locale, non era indice idoneo
a far desumere, con inequivoca certezza, l’appartenenza, all’ambiente
malavitoso, degli altri membri della famiglia vittima dell’omicidio.
L’appellata
amministrazione chiedeva il rigetto dell’appello in quanto nessuna
manifestazione di contraddittorietà poteva fondatamente rilevarsi con
riguardo all’azione amministrativa spiegata poichè il primo diniego
aveva trovato fondamento sulla (preliminare e pregiudiziale)
constatazione che non ricorreva un crimine di matrice terroristico –
eversiva (il primo vaglio, quindi, si era arrestato alla constatazione
dell’assenza del presupposto di astratta ammissibilità dell’istanza).
Il
successivo diniego, invece, era conseguito all’esame del merito
dell’istanza (una volta ammessane la concedibilità anche in ipotesi di
crimine di matrice mafiosa): la non dimostrazione dell’assoluta
estraneità alla organizzazione criminale impediva l’accoglimento
dell’istanza predetta.
Inquadramento della problematica
Il
Consiglio di Stato è stato chiamato a pronunciarsi sulla natura di
diritto soggettivo od interesse legittimo scaturente dalla previsione
normativa di cui alla legge 20 ottobre 1990 n. 302, ai sensi della quale i
familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità
organizzata sono titolari di erogazioni di una somma di denaro.
Inoltre, statuito sulla natura è chiamato a pronunciarsi sulla
possibilità a meno, da parte della P.A., dell’esercizio di un’eventuale
potestà discrezionale nella valutazione dei requisiti ai fini della
valutazione di spettanza della somma.
La risposta del Consiglio di Stato
I
Giudici amministrativi sono quindi chiamati ad esaminare la natura di
diritto soggettivo od interesse legittimo della previsione di
elargizione di una somma di denaro spettante ai familiari superstiti
delle vittime di atti di tipo terroristico/mafioso presente nella l.
302/1990.
L’esame della vexata quaestio, prende piede da un precedente orientamento del Consiglio stesso a seguito del quale“i
familiari superstiti delle vittime del terrorismo e della criminalità
organizzata sono titolari, in presenza delle condizioni di legge, di un
vero e proprio diritto soggettivo all’erogazione della speciale
elargizione prevista dalla relativa normativa, essendo la p.a. priva di
ogni potestà discrezionale sia con riguardo all’entità della somma da
erogare, prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti
dell’erogabilità, circoscritti alla qualificazione dell’evento
criminoso come riconducibile ad atti di terrorismo o di criminalità
organizzata e dovendo considerarsi, peraltro, che nell’accertamento del
requisito previsto dall’art. 1 punto b) l. n. 302 del 1990,
l’amministrazione si limita ad attuare un accertamento di natura
costitutiva; pertanto, il giudice amministrativo difetta di
giurisdizione sulla relativa controversia” (Consiglio di Stato, sez. VI, 14 marzo 2006, n. 1338).
Tale orientamento ha subito anche l’avallo della Suprema Corte la quale ha sancito che “le
vittime di terrorismo e della criminalità organizzata sono titolari, in
presenza delle condizioni di legge, di un vero e proprio diritto
soggettivo all’erogazione della speciale elargizione prevista dalla
normativa in materia, essendo la p.a. priva di ogni potestà
discrezionale sia con riguardo all’entità della somma da erogare,
prefissata dalla legge, sia con riguardo ai presupposti della
derogabilità, rispetto ai quali l’Amministrazione svolge un
accertamento che, ove dovesse avere carattere non semplicemente
ricognitivo, ma valutativo, è estraneo al concetto di discrezionalità
amministrativa; pertanto nelle controversie concernenti il contributo
previsto dalla l. 20 ottobre 1990, n. 302 va dichiarata la
giurisdizione dell’A.G.O.” (Cassazione civile, sez. un., 18 dicembre 2007, n. 26627).
L’odierna
pronuncia ritiene condivisibile i precedenti giurisprudenziali
succitati e li fa propri osservando che non potrebbe diversamente
seguirsi “l’interpretazione prospettata dall’appellata
amministrazione, a seguito della quale la posizione attiva sarebbe
qualificabile quale interesse legittimo, a cagione della sussistenza di
un apprezzamento discrezionale demandato all’amministrazione. Tale tesi
non risulterebbe persuasiva, sol che si consideri che la invocata
disposizione di cui all’art. 9 bis della legge n. 302/1990 non
introduce in alcun modo ulteriori e/o differenti parametri valutativi
rispetto a quelli di cui agli artt. 1 e 2 della citata legge,
limitandosi ad estendere il richiesto requisito generale di
ammissibilità a tutti i possibili richiedenti.
Il
parametro valutativo è pertanto identico e d’altro canto, sarebbe stato
ben singolare, anche sotto il profilo squisitamente logico, che la
posizione attiva vantata subisse una differenziazione in relazione alla
“qualità” del soggetto richiedente, e che analoga differenza attingesse
i parametri valutativi demandati all’amministrazione in punto di
concedibilità del beneficio”.
La conseguenza logica dell’iter
argomentativo, sin’ora utilizzato dai Giudici amministrativi, conduce
all’accoglimento del ricorso in appello e l’annullamento senza rinvio
dell’appellata decisione del Tar Calabria – Sede di Reggio Calabria –
n. 00557/2004.