I criteri per le tariffe dell’acqua sono di competenza nazionale Corte Costituzionale , sentenza 04.02.2010 n° 29
La Corte Costituzionale con la sentenza 4 febbraio 2010, n. 29 ha
dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 28, commi 2 e 7, della
legge della Regione Emilia-Romagna, 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per
il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la
razionalizzazione delle funzioni), per contrasto con l’art. 117,
secondo comma, Cost..
La questione prende vita in
seguito alla presentazione, da parte della Regione Emilia-Romagna, di
un pacchetto di misure, destinate alla razionalizzazione delle funzioni
di gestione del territorio, con il quale la medesima si assumeva il
compito di individuare la tariffa di riferimento del servizio idrico
integrato, predisponendo, allo scopo, una nuova struttura
organizzativa, il cui costo sarebbe stato sostenuto dagli utenti della
bolletta dell’acqua.
Secondo il giudice delle leggi,
dall’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 154 (Tariffa
del servizio idrico integrato), 155 (Tariffa del servizio di fognatura
e depurazione) e 161 (Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti)
del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente),
la determinazione della tariffa attinente ai servizi idrici per i
diversi settori di impiego dell’acqua è da ricondurre nella materia
della tutela dell’ambiente e della tutela della concorrenza, entrambe
di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Già da
tempo la giurisprudenza costituzionale ha affermato il principio
secondo il quale, mediante la determinazione della tariffa dell’acqua,
il legislatore ha inteso predisporre dei livelli uniformi di tutela dell’ambiente,
concorrendo, in tal modo, a perseguire lo scopo di garantire la tutela
e l’uso del prezioso bene da parte della collettività, secondo criteri
di solidarietà delle risorse idriche; tale procedura garantisce, in
definitiva, la “vivibilità dell’ambiente” nonché le “le aspettative ed
i diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio
ambientale ([1]).
Come
anticipato, la determinazione della tariffa dell’acqua assume una
notevole importanza anche in tema di tutela della concorrenza; l’art.
151, secondo comma, lett. c), d) ed e),
infatti, dispone che la determinazione della tariffa dell’acqua avviene
ad opera dell’Autorità d’àmbito, allo scopo di assicurare all’utente
finale affidabilità ed efficienza del servizio. Il meccanismo
disciplinato dalla normativa in commento tende ad evitare che il
concessionario unico abusi della propria posizione dominante.
Per
utilizzare le parole della Corte “l’uniforme metodologia tariffaria,
adottata con l’interposta legislazione statale, e la sua applicazione
da parte dell’Autorità d’àmbito è finalizzata, dunque, a preservare il
bene giuridico ambiente dai rischi derivanti da una tutela non conforme
ed a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio
idrico integrato”.
In definitiva, secondo la Corte
Costituzionale, la regione Emilia-Romagna non ha alcun titolo per
indicare le tariffe di riferimento, obbligando, in tal modo, l’autorità
d’ambito a uniformarsi ad esse. L’intervento regionale viola, in
tal modo, le competenze esclusive dello Stato in materia di tutela
dell’ambiente e della concorrenza, come stabilito dalla nostra Carta fondamentale all’art. 117.
Tali
tutele verrebbero irrimediabilmente pregiudicate se dovesse trovare
applicazione una normativa, come quella regionale, che preveda la
determinazione degli oneri tariffari ulteriori o diversi.
Corte Costituzionale
Sentenza 4 febbraio 2010, sentenza n. 29
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
Composta dai signori:
– Francesco AMIRANTE Presidente
– Ugo DE SIERVO Giudice
– Paolo MADDALENA “
– Alfio FINOCCHIARO “
– Alfonso QUARANTA “
– Franco GALLO “
– Luigi MAZZELLA “
– Gaetano SILVESTRI “
– Sabino CASSESE “
– Maria Rit SAULLE “
– Giuseppe TESAURO “
– Paolo Maria NAPOLITANO “
– Giuseppe FRIGO “
– Alessandr CRISCUOLO “
– Paolo GROSSI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 28, commi 2 e 7, della
legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il
riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la
razionalizzazione delle funzioni), promosso dal Presidente del
Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 29 agosto-2 settembre
2008, depositato in cancelleria il 4 settembre 2008 ed iscritto al n.
54 del registro ricorsi 2008.
Visto l’atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell’udienza pubblica del 15 dicembre 2009 il Giudice relatore Franco Gallo;
uditi
l’avvocato dello Stato Massimo Mari per il Presidente del Consiglio dei
ministri e gli avvocati Maria Chiara Lista, Giandomenico Falcon e Luigi
Manzi per la Regione Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1.
– Con il ricorso n. 54 del 2008, notificato il 2 settembre 2008 e
depositato il 4 settembre successivo, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 28, commi
2 e 7, della legge della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10
(Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma
dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni): quanto al
comma 2, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s),
della Costituzione, in relazione agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161,
comma 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia di ambiente); quanto al comma 7 del suddetto art. 28, in
riferimento alla sola lettera e) del secondo comma dell’art. 117 Cost.,
in relazione ai citati artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4, del
d.lgs. n. 152 del 2006.
1.1. – Il ricorrente premette che
l’art. 154 del d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che: a) «il Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio […] definisce con decreto
le componenti di costo per la determinazione della tariffa relativa ai
servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua […]» (comma 2);
b) l’Autorità d’àmbito determina successivamente la tariffa stessa «al
fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all’art. 149,
comma 1, lettera c)» (comma 4). Inoltre l’art. 161, comma 4, dello
stesso decreto legislativo stabilisce che il Comitato per la vigilanza
sull’uso delle risorse idriche (CO.VI.R.I.) predispone, con delibera,
il metodo tariffario per la determinazione della tariffa di cui al
citato art. 154. Tali norme statali – ad avviso della difesa erariale –
riservano in modo inequivoco alla competenza dello Stato, oltre che la
redazione del relativo piano economico e finanziario, anche la
determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico
integrato, costituente «la base della tariffa» che, una volta
determinata dall’Autorità d’àmbito, è posta «a base di gara per la
scelta del gestore del servizio idrico integrato».
1.2. –
Poste tali premesse in punto di diritto, il ricorrente osserva che il
censurato comma 2 dell’art. 28 della legge regionale si pone in
contrasto con le predette norme statali, in quanto prevede che la
Regione, e non lo Stato, individui la «tariffa di riferimento»,
costituente il corrispettivo del servizio idrico integrato, e rediga il
relativo piano economico ed il piano finanziario. Il rilevato contrasto
– conclude, in proposito, la difesa erariale – comporta la violazione
della competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di: a)
tutela della concorrenza (art. 117, secondo comma, lettera e, Cost.),
perché solo una tariffa di riferimento che sia uniforme su tutto il
territorio nazionale, stabilendo un eguale presupposto di
partecipazione alla gara per la scelta del gestore del servizio, è
idonea a garantire un eguale criterio competitivo e, dunque, a
promuovere la concorrenza “per il mercato”; b) tutela dell’ambiente
(art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), perché solo la
determinazione tramite lo Stato della tariffa di riferimento del
servizio idrico integrato garantisce «standard quantitativi e
qualitativi della risorsa idrica» uniformi su tutto il territorio
nazionale e finalizzati alla tutela dell’ambiente.
1.3. – Il
ricorrente osserva, inoltre, che anche il denunciato comma 7 dell’art.
28 della legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008 si pone in contrasto
con le citate disposizioni del d.lgs. n. 152 del 2006, in quanto
stabilisce che, per l’esercizio delle funzioni previste dal medesimo
articolo (e cioè le funzioni di: regolazione economica; regolazione dei
servizi in raccordo con le Autonomie locali; redazione del piano
economico e del piano finanziario; individuazione della tariffa di
riferimento), «la Regione si avvale di una struttura organizzativa il
cui costo di funzionamento è a carico delle tariffe dei servizi
regolati nel limite di spesa fissato dalla Giunta regionale, sentita la
Conferenza Regione-Autonomie locali, nonché di quanto introitato a
titolo di sanzioni». Il rilevato contrasto – conclude la difesa
erariale – comporta la violazione della competenza legislativa
esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza (art. 117,
secondo comma, lettera e, Cost.), perché, prevedendo una ulteriore
componente di costo nella determinazione della tariffa per il servizio
idrico integrato – determinazione riservata all’esclusiva competenza
dello Stato e regolata mediante i citati parametri interposti – altera
la concorrenza, «dando origine a meccanismi competitivi disomogenei sul
territorio nazionale».
2.- Si è costituita la Regione
Emilia-Romagna, limitandosi a chiedere che il ricorso sia dichiarato
inammissibile o infondato. Con successiva memoria, la medesima Regione
– dopo un’ampia esposizione del quadro normativo e della giurisprudenza
costituzionale nel quale si inseriscono le disposizioni impugnate –
denuncia l’erroneità dell’identificazione, operata dal ricorrente, tra
il “metodo tariffario”, quale disciplinato dall’art. 161, comma 4, del
d.lgs. n. 152 del 2006, e la “tariffa di riferimento”, oggetto del
censurato art. 28 della legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008.
Secondo la resistente, infatti, il “metodo tariffario” e la “tariffa di
riferimento” attengono a profili completamente diversi, perché il
primo, predisposto dal CO.VI.RI, «rappresenta […] l’insieme dei criteri
che consentono l’individuazione del costo complessivo del servizio» e
ne individua le varie componenti (costi operativi, aliquote di
ammortamento, etc.); la seconda esprime, invece, «il valore complessivo
dei costi del servizio, calcolati in base ai criteri definiti nel
metodo», valore che «costituisce la base per la determinazione della
tariffa da applicare all’utenza, articolata per fasce di consumo e
tipologia di utenze». In particolare, per la resistente, la “tariffa di
riferimento” costituisce attuazione del “metodo tariffario” e
definisce, a sua volta, la “tariffa reale” applicata dal gestore, quale
risultante dalla tariffa di riferimento «divisa per i volumi di acqua
che si prevede di erogare alle diverse tipologie di utenze».
2.1.
– Da tali premesse, la Regione Emilia-Romagna desume, innanzitutto,
l’insussistenza della denunciata violazione dell’art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost. Per la resistente, infatti, il denunciato
comma 2 dell’art. 28 non si riferisce al metodo tariffario, ma al
«costo complessivo del servizio» e, pertanto, la Regione «non si è
attribuita una competenza che spettava allo Stato in base al d.lgs. n.
152 del 2006», ma si è limitata ad esercitare una competenza mai
esercitata prima dallo Stato, «data l’impossibilità di definire
centralmente il costo complessivo del servizio idrico erogato nelle
diverse zone». La Regione, cioè, avrebbe emanato la norma oggetto di
censura in forza della propria potestà primaria in materia di servizi
pubblici – materia in cui rientrerebbe l’individuazione della tariffa
di riferimento –, al fine di evitare una determinazione tariffaria
«frammentata», ad opera delle diverse Autorità d’àmbito territoriale
ottimale (AATO), «accentrandola» a livello regionale. La resistente
contesta, in particolare, l’assunto del ricorrente secondo cui
sussisterebbe una «riserva statale sulla determinazione della tariffa
di riferimento». Per la Regione, infatti, il d.lgs. n. 152 del 2006
attribuisce allo Stato solo la competenza a determinare le “componenti
di costo” ed il “metodo tariffario”, ma non anche la “tariffa di
riferimento”. Inoltre – argomenta ancora la Regione – la disposizione
regionale censurata, proprio in quanto unifica a livello regionale le
diverse tariffe di riferimento elaborate dalle varie Autorità d’àmbito,
assicura una positiva omogeneità della tariffa stessa a livello
regionale, cosí da: a) consentire «l’uniformità delle condizioni di
mercato» ed il «coordinamento delle situazioni tariffarie
necessariamente diverse nei diversi ambiti»; b) non pregiudicare in
alcun modo, contrariamente a quanto affermato nel ricorso,
l’affidamento del servizio secondo «uguali criteri di partecipazione
competitiva [ed] all’esito di specifiche procedure di gara». Sotto il
primo profilo, infatti, la «partecipazione competitiva» non potrebbe
mai risolversi in una tariffa identica «posta ovunque a base della
gara», perché la tariffa effettiva è pur sempre funzione delle
caratteristiche specifiche delle zone da servire, delle componenti
organizzative, della rete di distribuzioni e simili, con la conseguenza
che il principio della «partecipazione competitiva» si riferisce
necessariamente «alle condizioni di eguaglianza di fronte alla singola
gara». Sotto il secondo profilo, la disposizione impugnata non sottrae
l’affidamento del servizio «all’esito di specifiche procedure di gara»,
perché la determinazione da parte della Regione della tariffa di
riferimento si applica a prescindere dalla forma e dalla modalità di
affidamento del servizio e, pertanto, non attiene alla fase di tale
affidamento. La Regione resistente afferma infine che, anche a ritenere
desumibile dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 una riserva
di disciplina statale della tariffa di riferimento, «si tratterebbe di
una norma che non tutela la concorrenza» e, dunque, non sarebbe idonea
a vincolare l’esercizio della potestà legislativa regionale in materia
di servizi pubblici locali.
2.2. – Anche la denunciata
violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.
risulterebbe, secondo la resistente, priva di fondamento, in
considerazione dell’erroneità del presupposto da cui muove il ricorso.
Secondo la Regione, infatti, diversamente da quanto sostenuto dal
ricorrente, la garanzia di «standard qualitativi e quantitativi della
risorsa idrica» a presidio della tutela dell’ambiente viene assicurata
dallo Stato non già attraverso la determinazione del costo complessivo
del servizio, in base alla “tariffa di riferimento” (oggetto della
normativa regionale censurata), ma attraverso l’individuazione delle
sole componenti di costo e, quindi, esclusivamente in base al “metodo
tariffario” di cui all’art. 161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006.
Del
resto – argomenta ancora la resistente -, anche nell’ipotesi in cui si
volesse ricomprendere nel metodo tariffario la determinazione della
tariffa di riferimento, sarebbe comunque arbitrario ricondurre l’art.
161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 alla materia della tutela
dell’ambiente, «data la totale assenza di riferimenti alle esigenze
ambientali nella norma statale». Infatti, risulterebbe evidente
«l’estraneità dell’art. 161, co. 4, lett. a) alla materia
dell’ambiente, perché la determinazione del costo complessivo del
servizio avviene in applicazione di criteri già fissati e non può
implicare la definizione di standard di tutela della risorsa idrica».
Inoltre – afferma la Regione – la normativa censurata rientra nella
materia dei servizi pubblici locali e, pertanto, costituisce il
legittimo esercizio della potestà legislativa regionale.
2.3.
– In relazione, infine, alla censura riguardante il comma 7 dell’art.
28 impugnato, la resistente ne deduce l’infondatezza, negando che la
legge regionale «si discosti dai principi che ispirano la legge statale
sul punto». Per la Regione, infatti, la censurata norma regionale –
accentrando a livello regionale una parte delle funzioni in precedenza
svolte a livello locale e, quindi, realizzando una maggiore uniformità
ed un piú intenso coordinamento – avrebbe ottenuto vantaggi «in termini
economici», derivanti dalla riduzione dei costi del sistema, ed
avrebbe, perciò, rispettato la normativa statale, la quale stabilisce
il principio secondo cui la tariffa deve coprire integralmente i costi
delle funzioni pubbliche esercitate, compresi quelli di «funzionamento
dell’assetto pubblico di regolazione». Pertanto – argomenta ancora la
resistente -, è del tutto legittimo, secondo i princípi della
legislazione statale e del diritto comunitario, che i costi di
regolazione del servizio siano inglobati nella tariffa. Secondo la
Regione, dunque, la disciplina censurata si traduce non in un costo
aggiuntivo, ma in un risparmio di risorse rispetto al passato, per
effetto dell’individuazione di un’unica struttura organizzativa
regionale. In ogni caso – prosegue la resistente – risulta indimostrata
l’affermazione del ricorrente secondo cui la disciplina del comma 7
dell’art. 28 darebbe «origine a meccanismi competitivi sul territorio
nazionale», violando cosí la disciplina della tutela della concorrenza.
Per la Regione, infatti, la circostanza che un minimo elemento di costo
della tariffa sia imputabile alle spese di funzionamento della
struttura regionale di supporto non altera, in sé, la concorrenza,
perché non modifica la situazione di ciascun concorrente alle varie
gare. Ancor piú radicalmente, la difesa della resistente afferma che,
quand’anche la tariffa di riferimento comportasse un costo aggiuntivo,
essa non avrebbe alcuna incidenza sulla tutela della concorrenza,
perché «non esiste un unico mercato rilevante a livello nazionale ai
fini delle concessioni di affidamento del servizio idrico, che sono
invece assegnate su base delle Autorità d’ambito». Secondo la
resistente, pertanto, la tutela della concorrenza non potrebbe mai
essere violata, ove si consideri che l’imputazione dei costi alla
tariffa non incide sulla possibilità che si sviluppi un mercato
concorrenziale; al contrario, proprio la possibilità di stabilire un
criterio oggettivo per quantificare la tariffa di riferimento a livello
regionale consentirebbe che «(almeno) a questo livello i concorrenti si
trovino di fronte a pari condizioni, prestabilite secondo un metodo
oggettivo razionale e certo».
3. – Con memoria depositata in
prossimità dell’udienza, il Presidente del Consiglio dei ministri ha
ribadito le argomentazioni sostenute nel ricorso, precisando, in
particolare, che: a) v’è riserva statale in materia di determinazione
delle componenti di costo della tariffa per il servizio idrico
integrato; b) detta riserva è funzionale al «libero spiegarsi della
concorrenza anche nel settore interessato» e si giustifica considerando
che la “tariffa di riferimento” costituisce «la base della
determinazione del corrispettivo del servizio, cioè della tariffa di
competenza dell’AATO, posta a fondamento della procedura ad evidenza
pubblica indetta per la individuazione del soggetto cui affidare la
gestione del servizio idrico integrato»; c) la riserva in via esclusiva
allo Stato della determinazione della tariffa di riferimento realizza
«quella uniformità di trattamento e condizioni su tutto il territorio
nazionale poste a tutela del trasparente confronto degli operatori
economici nel mercato interno e comunitario», princípi, questi, non
derogabili dal legislatore regionale; d) le istanze partecipative delle
Regioni trovano adeguato contemperamento, nel sistema del d.lgs. n. 152
del 2006, nella fase procedimentale di determinazione della tariffa di
riferimento, attraverso la partecipazione dell’ente locale alla
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le
Province autonome di Trento e Bolzano; e) come sottolineato anche
dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (segnalazione
AS446 del 21 febbraio 2008), la Regione Emilia-Romagna, nel provvedere
autonomamente alla individuazione della tariffa di riferimento, ha
«palesemente introdotto un metodo di determinazione autonomo delle
tariffe di riferimento in materia di servizi idrici»; f) la
disposizione regionale impugnata si pone in contrasto anche con l’art.
2, comma 38, della legge 24 dicembre 2007 (Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2008), la quale assegna alle Regioni – nell’esercizio delle
rispettive prerogative costituzionali in materia di organizzazione e
gestione del servizio idrico integrato e del servizio di gestione
integrata dei rifiuti e facendo espressamente salve le competenze del
Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in
ottemperanza agli obblighi comunitari – il solo cómpito della
rideterminazione degli àmbiti territoriali ottimali per la gestione dei
medesimi servizi secondo i princípi dell’efficienza e della riduzione
della spesa. Ribadito che la definizione delle componenti di costo
della tariffa spetta solo allo Stato e che, pertanto, il comma 7
dell’art. 28 impugnato víola, anche sotto tale profilo, il principio
della tutela della concorrenza, la difesa del ricorrente sottolinea che
la disciplina impugnata si pone altresí in contrasto con l’art. 117,
secondo comma, lettera s), Cost., violando la riserva di competenza
esclusiva dello Stato nella materia della tutela dell’ambiente. In
proposito, la difesa erariale – attraverso un richiamo a numerose
pronunce della Corte costituzionale – ribadisce il principio secondo
cui le Regioni, anche nell’àmbito della disciplina ambientale di
esclusiva competenza statale, possono perseguire, con proprie leggi,
finalità costituenti «effetto marginale e indiretto dell’esercizio di
una competenza propria», purché in coerenza con le finalità e gli
obiettivi definiti dal legislatore statale, cui spetta disciplinare la
tutela dell’ambiente. Ciò comporta – prosegue la difesa erariale – che
la disciplina statale relativa alla tutela dell’ambiente «viene a
funzionare come un limite alla disciplina che le Regioni e le Province
autonome dettano in altre materie di loro competenza», salva la facoltà
di queste ultime di adottare «norme di tutela ambientale piú elevata
nell’esercizio di competenze, previste dalla Costituzione, che vengano
a contatto con quella dell’ambiente». Alla luce di tali princípi –
conclude l’Avvocatura dello Stato – la normativa regionale oggetto di
impugnativa si pone in contrasto con la riserva statale che prevede
l’esercizio di competenze proprie del Ministero dell’Ambiente nella
determinazione della tariffa di riferimento e delle sue componenti di
costo, riserva tesa a «garantire standard di tutela uniforme
sull’intero territorio nazionale e non derogabile dalla normativa
regionale».
4. – La Regione resistente, in prossimità
dell’udienza, ha depositato una memoria difensiva in replica alla
memoria della difesa erariale, insistendo nella richiesta di rigetto
del ricorso e ribadendo, in particolare, che: a) “componenti di costo”,
“metodo tariffario” e “tariffa di riferimento” costituiscono tre
diversi concetti; b) al CO.VI.RI. (come chiarito dall’art. 161 del
d.lgs. n. 284 del 2006, quale sostituito dal comma 15 dell’art. 2 del
d.lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) compete solo, con il coinvolgimento delle
Regioni, l’elaborazione del “metodo tariffario”, in precedenza
attribuita alla abolita Autorità di vigilanza sulle risorse idriche; c)
«anche qualora il riferimento al “metodo tariffario” si volesse
intendere in senso letterale», il CO.VI.RI. si dovrebbe limitare a
svolgere compiti di indirizzo e coordinamento tecnico e, quindi, a
definire «uno schema-tipo, un metodo tariffario quadro, come tale non
esaustivo dei compiti e delle componenti che spettano alla
individuazione e alla regolazione del livello locale del servizio
pubblico», con la conseguenza che non vi sarebbe, nella specie,
«sovrapposizione tra la competenza statale e quella esercitata dalla
Regione» nella determinazione della “tariffa di riferimento” del
servizio idrico integrato, perché la Regione ha solo fatto uso del suo
potere di «governance regionale dei servizi pubblici»; d) lo Stato non
ha ancora dato attuazione al comma 2 dell’art. 154 del d.lgs. n. 284
del 2006, né attraverso l’indicazione ministeriale delle nuove
componenti di costo, né attraverso l’aggiornamento del metodo
normalizzato di cui al d.m. del 1° agosto 1996, ormai divenuto
incompatibile con la disciplina comunitaria, cosí che, nella specie,
«apparirebbe congruo applicare il principio […] secondo cui può
rivendicare la propria competenza solo chi la ha effettivamente
esercitata»; e) il livello adeguato in cui collocare la competenza a
determinare le tariffe-tipo va individuato «consentendo alla Regione
l’esercizio della necessaria competenza, pur nel contesto di criteri
generali e linee guida definibili dal CO.VI.RI.», al duplice fine di
evitare che, nello stesso territorio regionale, le singole Autorità
d’àmbito applichino criteri diversi di computo delle tariffe e che il
metodo tariffario tenga conto delle particolarità dei diversi
territori; f) il censurato comma 2 dell’art. 28 attribuisce ad un unico
centro regionale di regolazione il cómpito di quantificare la somma dei
costi del servizio, evitando la frammentazione dei criteri adottati
dalle singole AATO, e, pertanto, persegue gli obiettivi di
coordinamento tipici della politica regionale dei servizi pubblici
locali e della tutela delle risorse, senza provocare alcun effetto
negativo per la tutela della concorrenza; g) le forti differenze tra
territorio e territorio ostano all’individuazione di una tariffa di
riferimento applicabile su tutto il territorio nazionale; h)
l’ascrivibilità della disciplina della tariffa idrica alla prevalente
competenza legislativa dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e
tutela della concorrenza (secondo quanto affermato dalla sentenza della
Corte costituzionale n. 246 del 2009), non comporta l’illegittimità
costituzionale delle impugnate disposizioni della legge regionale,
perché queste attuano, pur nell’esercizio di una propria competenza
legislativa, i suddetti valori costituzionali della tutela
dell’ambiente e tutela della concorrenza ed il ricorrente non ha
fornito alcuna dimostrazione che dette disposizioni contrastino con gli
obiettivi perseguíti dal legislatore statale o comunque incidano sul
bilanciamento degli interessi riservato alla legge dello Stato.
Considerato in diritto
1.
– Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato in via principale i
commi 2 e 7 dell’art. 28 della legge della Regione Emilia-Romagna 30
giugno 2008, n. 10 (Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma
dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni), deducendo:
quanto al comma 2, la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere
e) ed s), della Costituzione, in relazione, quali parametri interposti,
agli artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4 [rectius: lettera a) di
tale comma], del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in
materia di ambiente); quanto al comma 7 dello stesso art. 28, la
violazione della sola lettera e) del secondo comma dell’art. 117 Cost.,
in relazione agli stessi artt. 154, commi 2 e 4, e 161, comma 4
[rectius: lettera a) di tale comma], del d.lgs. n. 152 del 2006.
1.1.
– Il comma 2 del citato art. 28 è censurato solo nella parte in cui
prevede che «La Regione esercita le funzioni di regolazione economica e
di regolazione dei servizi in raccordo con le Autonomie locali
provvedendo, in particolare, […] alla individuazione della tariffa di
riferimento ai fini della proposizione ai soggetti partecipanti alla
forma di cooperazione di cui all’art. 30 della regolazione tariffaria.
[…]».
Le citate norme statali, assunte dal ricorrente quale
parametro di riferimento quanto alla formazione della tariffa,
stabiliscono che: a) «Il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio […], tenuto conto della necessità di recuperare i costi
ambientali anche secondo il principio “chi inquina paga”, definisce con
decreto le componenti di costo per la determinazione della tariffa
relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell’acqua»
(art. 154, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006); b) «L’Autorità
d’ambito, al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui
all’articolo 149, comma 1, lettera c), determina la tariffa di base,
nell’osservanza delle disposizioni contenute nel decreto di cui al
comma 2, comunicandola […] al Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio» (art. 154, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006); c) la
Commissione nazionale per la vigilanza sulle risorse idriche, istituita
presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del
mare, «predispone con delibera il metodo tariffario per la
determinazione della tariffa di cui all’articolo 154 e le modalità di
revisione periodica, e lo trasmette al Ministro dell’ambiente e della
tutela del territorio e del mare, che lo adotta con proprio decreto
sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano» (art. 161, comma
4, lettera a, del d.lgs. n. 152 del 2006).
Il ricorrente deduce
che la disposizione impugnata contravviene alle predette norme statali,
le quali, nello stabilire una riserva di legge dello Stato nella
determinazione della tariffa di riferimento del servizio idrico
integrato, garantiscono: a) «uguali criteri di partecipazione
competitiva su tutto il territorio nazionale» finalizzati a promuovere
la concorrenza per il mercato; b) «standard quantitativi e qualitativi
della risorsa idrica» uniformi su tutto il territorio nazionale
finalizzati alla tutela dell’ambiente. Pertanto, la legge regionale
violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettere e) ed s), Cost., il quale
assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia,
rispettivamente, di tutela della concorrenza (lettera e) e
dell’ambiente (lettera s).
1.2. – Il comma 7 dell’art. 28 della
citata legge reg. Emilia-Romagna n. 10 del 2008 dispone che, «Per
l’esercizio delle funzioni previste» dal medesimo articolo 28 della
legge regionale (e cioè: la regolazione economica e dei servizi in
raccordo con le Autonomie locali; la redazione del piano economico e
del piano finanziario di cui all’art. 149, comma 4, ed all’art. 203,
comma 3, del d.lgs. n. 152 del 2006; la individuazione della tariffa di
riferimento; la costituzione di un sistema informativo con le Province
e i Comuni; il potere sanzionatorio, ad eccezione di quello connesso
alla violazione del contratto di servizio), «la Regione si avvale di
una struttura organizzativa il cui costo di funzionamento è a carico
delle tariffe dei servizi regolati nel limite di spesa fissato dalla
Giunta regionale, sentita la Conferenza Regione-Autonomie locali,
nonché di quanto introitato a titolo di sanzioni».
Il ricorrente
deduce, in proposito, che la previsione di una ulteriore componente di
costo nella determinazione della tariffa per il servizio idrico
integrato – determinazione riservata, invece, alla competenza statale
dalle citate norme interposte di cui agli artt. 154, commi 2 e 4, e
161, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006 – altera la concorrenza,
«dando origine a meccanismi competitivi disomogenei sul territorio
nazionale», e víola, pertanto, l’art. 117, secondo comma, lettera e),
Cost., che assegna allo Stato la competenza legislativa esclusiva in
materia di tutela della concorrenza.
2. – Le questioni sono fondate.
2.1.-
In ordine alla censura riferita al comma 2 del citato art. 28, va
osservato che dall’interpretazione letterale e sistematica degli artt.
154, 155 e 161 del d.lgs. n. 152 del 2006 si desume che la
determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari
settori di impiego dell’acqua è ascrivibile alla materia della tutela
dell’ambiente e a quella della tutela della concorrenza, ambedue di
competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Come ribadito da
questa Corte con la sentenza n. 246 del 2009, «attraverso la
determinazione della tariffa nell’àmbito territoriale ottimale, il
legislatore statale ha fissato […] livelli uniformi di tutela
dell’ambiente, perché ha inteso perseguire la finalità di garantire la
tutela e l’uso, secondo criteri di solidarietà, delle risorse idriche,
salvaguardando la vivibilità dell’ambiente e “le aspettative ed i
diritti delle generazioni future a fruire di un integro patrimonio
ambientale” e le altre finalità tipicamente ambientali individuate
dagli artt. 144 (Tutela e uso delle risorse idriche), 145 (Equilibrio
del bilancio idrico) e 146 (Risparmio idrico)» del d.lgs. n. 152 del
2006. Nella medesima pronuncia si è altresí rilevato che «la finalità
della tutela dell’ambiente viene […] in rilievo anche in relazione alla
scelta delle tipologie dei costi che la tariffa è diretta a
recuperare», tra i quali il legislatore ha incluso espressamente quelli
ambientali, da recuperare «anche secondo il principio “chi inquina
paga”» (art. 154, comma 2).
Sotto altro – ma connesso – profilo,
nella determinazione della tariffa viene poi in rilievo la materia
della tutela della concorrenza; ciò in quanto «alla determinazione
della tariffa provvede l’Autorità d’àmbito, al fine di ottenere un
equilibrio economico-finanziario della gestione e di assicurare
all’utenza efficienza ed affidabilità del servizio (art. 151, comma 2,
lettere c, d, e). Tale fine è raggiunto determinando la tariffa secondo
un meccanismo di price cap (artt. 151 e 154, comma 1), diretto ad
evitare che il concessionario unico abusi della sua posizione
dominante» (sentenza n. 246 del 2009, che richiama anche le sentenze n.
335 e n. 51 del 2008).
L’uniforme metodologia tariffaria, adottata
con l’interposta legislazione statale, e la sua applicazione da parte
delle Autorità d’àmbito è finalizzata, dunque, a preservare il bene
giuridico “ambiente” dai rischi derivanti da una tutela non uniforme ed
a garantire uno sviluppo concorrenziale del settore del servizio idrico
integrato. Tali finalità non potrebbero essere realizzate se dovesse
trovare applicazione la normativa censurata, la quale prevede – come si
è visto – la determinazione di oneri tariffari ulteriori o diversi da
parte della Regione resistente.
Né può accogliersi la tesi della
Regione, secondo cui la “tariffa di riferimento” prevista dalle
disposizioni censurate – limitandosi ad individuare nell’àmbito
regionale il «valore complessivo dei costi del servizio, calcolati in
base ai criteri definiti nel metodo» tariffario, ed avendo la funzione
di costituire «la base per la determinazione della tariffa da applicare
all’utenza» – non si identifica né con il “metodo tariffario” né con la
“tariffa di base” (ambedue determinati in applicazione esclusivamente
della normativa statale) e, pertanto, può essere disciplinata dalla
legislazione regionale, in quanto rientrante nella sua competenza
esclusiva in materia di servizi pubblici locali.
Tale tesi non è
condivisibile, perché è indubbio che la disciplina censurata non opera
in un àmbito estraneo alla normativa dello Stato – come sostiene la
resistente – ma modifica il menzionato processo di determinazione
tariffaria puntualmente delineato dal legislatore statale. Essa incide,
in particolare, sulle attribuzioni dei soggetti preposti al servizio
idrico integrato (Stato, CO.VI.RI. ed AATO), sottraendo parte della
competenza ad essi riservata dagli artt. 154 e 161 del d.lgs. n. 152
del 2006, senza essere a ciò legittimata da alcuna normativa statale.
Resta pertanto esclusa, anche sotto tale profilo, la competenza
legislativa in materia di servizi pubblici locali rivendicata al
riguardo dalla Regione.
2.2. – Analoghe considerazioni debbono
essere svolte in relazione alla censura inerente al comma 7 del
medesimo art. 28 e riguardante il computo, nella tariffa, del costo di
funzionamento della struttura organizzativa della quale deve avvalersi
la Regione Emilia-Romagna per esercitare varie funzioni attinenti al
servizio idrico integrato.
Al riguardo, va ribadito che il
legislatore statale, con la dettagliata disciplina della tariffa di
tale servizio, persegue l’obiettivo – oltre che di tutelare l’ambiente
– di applicare su tutto il territorio nazionale, a tutela della
concorrenza, un uniforme regime tariffario. In particolare, l’art. 154,
comma 1, del d.lgs. n. 152 del 2006 elenca minutamente, a tal fine, gli
elementi della tariffa, stabilendo che questa «costituisce il
corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo
conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle
opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione
delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale
investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di
una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in
modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di
investimento e di esercizio». Sempre allo stesso fine, il comma 2 dello
stesso art. 154, evocato a parametro interposto, stabilisce – come pure
si è visto – che «Il Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio […] definisce con decreto le componenti di costo per la
determinazione della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari
settori di impiego dell’acqua». Non v’è dubbio, perciò, che l’impugnata
disposizione della legge regionale – nel prevedere una specifica
componente di costo che prescinde da quanto stabilito dal suddetto
decreto ministeriale di cui al citato comma 2 dell’art. 154 –
attribuisce alla tariffa del servizio idrico della sola Regione
Emilia-Romagna una struttura del tutto peculiare, potenzialmente idonea
ad influire sulla domanda del servizio stesso, cosí da porla in
contrasto con il parametro interposto e con la indicata ratio di
garantire la concorrenza anche attraverso l’uniforme individuazione su
tutto il territorio dello Stato delle componenti di costo della
tariffa. La disposizione censurata víola, perciò, l’evocato art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara
l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, commi 2 e 7, della legge
della Regione Emilia-Romagna 30 giugno 2008, n. 10 (Misure per il
riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la
razionalizzazione delle funzioni).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 gennaio 2010.
F.to:
Francesco AMIRANTE, Presidente
Franco GALLO, Redattore
Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 4 febbraio 2010.