I modelli istituzionali al centro del dibattito politico
Il presidenzialismo statunitense
Secondo il Professor Giovanni Sartori, un
sistema politico è presidenziale soltanto se “il Capo dello Stato
(presidente) 1) risulta da una elezione popolare, 2) non può essere
sfiduciato durante il suo mandato prestabilito da un voto parlamentare
e 3) presiede o altrimenti dirige i Governi da lui nominati”. Fra
questi, secondo la classificazione adottata dal politologo, non ci sono
paesi europei. Molti regimi di questo tipo sono americani: Argentina,
Bolivia, Brasile, Colombia, Costa Rica, Cile, Ecuador, El Salvador,
Guatemala, Honduras, Messico, Nicaragua, Panama, Paraguay, Perù,
Uruguay, Venezuela. Poi ci sono gli Stati Uniti d’America e — in Asia —
le Filippine. Contrariamente a quanto si dice di solito, non basta
dunque definire presidenzialismo l’elezione popolare del Capo dello
Stato se quest’ultimo non ha poteri, o ne ha pochi. Gli U.S.A. sono il
prototipo dei regimi presidenziali ” puri “. Le caratteristiche del
modello statunitense sono:
Il Presidente della Repubblica è eletto quasi direttamente dal popolo.
Nelle elezioni “primarie” che si svolgono in ciascuno Stato dell’Unione
si designano i delegati alle National Conventions repubblicana e
democratica, dove ogni partito elegge il candidato alla Casa Bianca e
il vice. Spesso il Capo dello Stato uscente e il suo vice vengono
ricandidati senza bisogno di “primarie”. Al momento della consultazione
popolare per la scelta del Presidente i cittadini si recano alle urne.
Ogni Stato ha diritto ad un certo numero di ” elettori presidenziali ”
pari al numero dei seggi di Camera e Senato ad esso spettanti. Il
candidato alla presidenza che vince in uno Stato ottiene tutti i posti
in palio. I ” grandi elettori ” di quello Stato, dunque, che gli sono
collegati, voteranno per lui al momento dell’elezione vera e propria.
Una volta stabilito quanti sono i rappresentanti scelti dal popolo e a
fianco di chi si schierano, si proclama eletto il candidato alla
Presidenza degli Stati Uniti che ha la maggioranza dei delegati
medesimi. I poteri della Casa Bianca sono notevoli: il Presidente
dell’Unione è capo dell’Esecutivo; nomina e revoca i ministri; non è
legato al Parlamento dal rapporto di fiducia; concede la grazia;
comanda le forze armate; rappresenta la Nazione all’estero; nomina gli
ambasciatori; è capo dell’Amministrazione federale; nomina i giudici
della Corte suprema (con il placet del Senato); ha diritto di veto nei
confronti di una legge: le Camere possono però rimuovere l’ostacolo
confermando il testo col voto favorevole dei due terzi.
Il Parlamento e` bicamerale.
La Camera dei rappresentanti è composta da 435 deputati, divisi fra gli
Stati in proporzione alla popolazione; i cento senatori, invece, sono
eletti in ragione di due per ciascuno Stato. La Camera dura due anni,
il Senato sei (ma quest’ultimo si rinnova per un terzo ogni biennio) ed
è presieduto dal vicepresidente dell’Unione. La legislazione federale è
limitata a poche materie fondamentali, fra le quali le imposte, la
difesa, l’istituzione di tribunali di grado inferiore alla Corte
Suprema; nei campi non riservati dalla Costituzione all’attività
normativa delle Camere la regolamentazione è affidata ai singoli Stati.
Il Congresso (Camera e Senato) ha i seguenti poteri: costituenti; in
materia elettorale, perchè designa il Presidente degli U.S.A. qualora
nessun candidato abbia la maggioranza dei “grandi elettori”; sulla
conclusione dei trattati internazionali (dà ” pareri e consensi ”
all’Esecutivo); sulla procedura d’accusa contro il Capo dello Stato
(impeachment: il Senato può condannare e destituire il Presidente col
voto favorevole dei due terzi dei presenti); d’inchiesta (attraverso
commissioni appositamente costituite). Il rigido principio della
separazione dei poteri (Esecutivo, Legislativo, Giudiziario) fa sì che
il Capo dello Stato si trovi talvolta in disaccordo, per esempio in
materia di bilancio federale, con il Parlamento. I conflitti sono
dovuti talvolta al fatto che il Congresso è formato prevalentemente da
rappresentanti del raggruppamento opposto a quello del Presidente,
tuttavia la natura delle formazioni politiche statunitensi è tale da
non consentire facilmente l’imposizione di una disciplina di partito.
Il risultato è una certa flessibilita`, che in Italia o, più in
generale, in Europa, renderebbe probabilmente complessa la coabitazione
fra Capo dello Stato e Parlamento, la quale invece, negli Stati Uniti
non è agevole, ma neppure impraticabile.
Il semipresidenzialismo francese
La forma di governo francese è semipresidenziale.
Il Presidente della Repubblica
è eletto a suffragio universale diretto a doppio turno eventuale (se
nessuno raggiunge al primo turno il 50% più uno dei voti), presiede il
Consiglio dei ministri, nomina Primo ministro e ministri, non dipende
dalla fiducia del Parlamento, negozia e ratifica i trattati
internazionali, può sciogliere l’Assemblea Nazionale, presiede il
Consiglio superiore della Magistratura, può indire referendum e avere
in pratica “pieni poteri” in caso di eccezionale pericolo per il Paese.
Il Governo è formato dal Primo ministro e dai ministri.
Entra in carica senza aver bisogno del placet dell’Assemblea Nazionale
(ma, se quest’ultima glielo nega espressamente, l’Esecutivo si deve
dimettere). I componenti dell’Esecutivo non sono parlamentari. Fra i
poteri del Gabinetto ci sono: la regolamentazione di materie non
espressamente riservate dalla legge al voto delle Camere;
l’approvazione “forzata” della “finanziaria” se i deputati non
provvedono entro un determinato limite di tempo; la fissazione — di
fatto — dell’ordine del giorno delle sedute parlamentari.
Il Parlamento e` bicamerale.
E` composto dall’Assemblea Nazionale — eletta ogni 5 anni col sistema
maggioritario uninominale a doppio turno eventuale — e dal Senato (i
cui membri non sono scelti dal popolo, ma da un collegio ristretto di
rappresentanti delle comunità locali). Se su un progetto di legge c’è
disaccordo fra le Camere, un’apposita Commissione paritetica prepara un
testo da sottoporre ad entrambe le assemblee.
Il parlamentarismo
i più importanti sono quelli di Germania, Gran Bretagna, Italia,
Spagna, Svezia. Le varianti del modello sono molteplici, e spesso
significative. Il cancellierato tedesco (caratterizzato dalla
“sfiducia costruttiva”: il Bundestag può, approvando una mozione,
sostituire un Cancelliere con un altro indicato nella mozione stessa) è differente dal governo del Premier inglese:
entrambi, a loro volta, si distinguono dal sistema istituzionale
italiano. La caratteristica comune, però , è il ruolo centrale che la
Camera o le Camere occupano nel sistema.
Il Parlamento, unicamerale o bicamerale che sia, è spesso l’unica fonte diretta di legittimazione popolare (tranne che in Israele dove per alcuni anni si è eletto il Primo ministro a suffragio diretto,
ma si è poi cancellato questo sistema); per questa ragione la
maggioranza dei deputati accorda o revoca la fiducia al Governo, anche
se in molti casi alla Camera Alta questo potere non è concesso, come in
Germania (Bundesrat), in Gran Bretagna (Camera dei Lord) e in Spagna
(Senato); in Svezia e Israele il Parlamento è unicamerale, mentre in
Italia il Senato della Repubblica ha funzioni e poteri identici alla
Camera dei deputati. Lasciato dunque ai secondi rami del Parlamento il
compito di rappresentare le comunita` locali o mantenere in vita
tradizioni secolari (Gran Bretagna), sono le assemblee dei deputati ad
instaurare — a maggioranza, anche se non mancano governi minoritari
come spesso accade in Danimarca — un rapporto con l’Esecutivo che va al
di là del semplice voto di fiducia (il quale, è bene ripeterlo, può
anche non esserci). E’ un vero e proprio indirizzo politico che lega
l’Esecutivo al Legislativo, che spinge il primo ad avere sempre
presente, nella sua azione, la situazione delle forze in campo in
Parlamento e il loro orientamento. Non è detto che i regimi
parlamentari siano i più instabili: in Gran Bretagna, ad esempio, il
predominio dei conservatori si è protratto dal 1979 al 1997 (seguito da
quello dei laburisti, dal 1997 ad oggi): i mutamenti di Premier non
sono stati provocati dalla sfiducia della Camera dei Comuni ma al
cambiamento di leadership nel partito di governo (da Margaret Thatcher
a John Major, da Tony Blair a Gordon Brown).
Il Presidente del Consiglio ha poteri variabili a seconda di:
1. consuetudini istituzionali,
2. poteri che la Costituzione gli conferisce,
3. numero di partiti che lo sostengono,
4. facoltà o meno di ottenere dal Presidente della Repubblica o dal Re lo scioglimento del Parlamento,
5. sistema elettorale per la Camera (o le Camere) politiche.
Nel modello inglese, ad esempio, il leader del partito che vince le elezioni diventa Premier,
può scegliere e revocare i ministri e di fatto domina la Camera dei
Comuni potendo persino indurre la Regina a interrompere in anticipo la
legislatura se in quel momento il partito di governo ha la possibilità
di vincere le elezioni. In quello spagnolo, invece, vige un regime di
cancellierato non dissimile da quello tedesco, che rafforza il Premier
rispetto ai suoi ministri e al Congresso dei deputati. In Svezia,
infine, il Primo ministro e` proposto dal Presidente del Riksdag, non
dal Re; poi si presenta entro quattro giorni alla Camera (cap. VI, art.
2 Cost.) e ottiene una ” non sfiducia “, perchè la sua candidatura “è
respinta se più della metà dei componenti del Riksdag vota contro. In
caso diverso è approvata”; se però il Parlamento “respinge la proposta,
si procede ad una nuova consultazione ” fra i gruppi parlamentari, poi,
“se il Riksdag respinge per quattro volte una proposta del suo
Presidente, la procedura di designazione del Primo ministro è
interrotta e viene ripresa solo dopo nuove elezioni”. Lo scioglimento è
dunque automatico, ma può essere provocato anche dall’Esecutivo (cap.
III, art. 4): “nell’intervallo fra le elezioni ordinarie” che si
svolgono ogni tre anni “il Governo può decidere d’indire elezioni
straordinarie”.
Il Capo dello Stato, eletto o meno dal popolo, ha
nei regimi parlamentari un ruolo di secondo piano, che spesso rende
persino puramente formale il suo compito nello scioglimento delle
Camere. Nomina (non sempre) il Premier, “su consiglio” del Parlamento
(meglio: su indicazione dei partiti).