Il Cavaliere e il gelo con «Giulio» . Il sospetto: sta prendendo tempo
Vivono ormai da separati in casa, e Berlusconi non si cura più nemmeno di celare l’umor nero verso Tremonti: «La via per la ripresa è quella che ha indicato Draghi» diceva ieri il premier furibondo. Peccato per lui che Draghi non sia il suo ministro dell’Economia e che Tremonti viva le citazioni del governatore di Bankitalia come una sorta di mozione di sfiducia. Non è quindi un caso se nella tarda serata il premier sia dovuto ricorrere a una nota ufficiale per evitare un clamoroso divorzio con il titolare di via XX Settembre. Ma è evidente che la situazione sia diventata insostenibile, che le posizioni siano ormai quasi inconciliabili, specie adesso che il Cavaliere ha bisogno della riforma del fisco, definita «prioritaria», per rilanciarsi e rilanciare il proprio governo.
Quanto sia logoro il rapporto tra i due l’hanno potuto constatare ieri gli invitati alla festa della Repubblica, nei giardini del Quirinale, dove Berlusconi e Tremonti si sono ostentatamente ignorati. E sarà pur vero che il superministro ha promesso la riforma, ma la preoccupazione del premier è che «Giulio» vesta di qui in avanti i panni dell’imperatore Fabio Massimo, che si metta a fare il Temporeggiatore, che prenda cioè tempo così da allentare la pressione. D’altronde agli interlocutori che riservatamente gli chiedono conto dello stato dell’arte, Tremonti offre sì assicurazione sulla volontà di portare a termine il progetto, «la riforma la faremo», ma aggiunge che «non sarà certo una passeggiata», che «il problema è trovare le risorse per finanziarla», che ha in mente «varie opzioni», ma che «al momento» non c’è la soluzione. Lo scontro è nelle cose: perché Berlusconi sostiene che al ministro dell’Economia «non spetta decidere ma proporre». Giusto. Il problema è, appunto, che manca «al momento» la proposta. Se e quando arriverà, non è poi detto che l’iter sarà rapido, perché Tremonti— temono i fedelissimi del Cavaliere— potrà dilatare a proprio piacimento i tempi per scrivere la legge delega, e — dopo l’approvazione delle Camere — potrà dettare sempre lui il timing per redigere i decreti legislativi.
L’idea che le sue sorti personali e quelle del suo governo siano nelle mani del ministro dell’Economia, che tutto passi insomma per Tremonti, aveva indotto ieri il premier a reagire pubblicamente. Berlusconi confida di avere stavolta l’appoggio della Lega, dove Maroni ha dato voce al malcontento per la gestione della linea di politica economica che avrebbe inciso sul risultato elettorale. Quando il ministro dell’Interno ha spiegato che «non è Tremonti sotto attacco ma l’intera maggioranza», non ha fatto che rinnovare le critiche del suo partito, riflettendo gli umori della base, dei piccoli imprenditori che stavolta non hanno votato per il Carroccio in segno di protesta per le «vessazioni» subite da Equitalia e dall’Inps. Un malumore che si è avvertito ieri in Consiglio dei ministri tra i rappresentanti leghisti quando si è trattato di rinnovare i vertici dell’Agenzia delle entrate, additata come «la struttura che ci ha fatto perdere alle Amministrative».
Ma le esigenze di Berlusconi non collimano del tutto con quelle di Bossi, ed è in questo spazio che trova riparo Tremonti. Almeno per ora. Il superministro è nervosissimo, avverte l’assedio di Berlusconi e del mondo delle imprese, che usano la ricetta di Draghi— diminuzione del carico fiscale e tagli selettivi di bilancio— per indurlo a cedere. Perciò Tremonti reagisce ogni qualvolta sente citare il Governatore e ricorda che l’esecutivo è atteso a una manovra da 40 miliardi per tenersi in linea con i dettami dell’Europa sui conti pubblici. Una manovra che si preannuncia «impopolare», come lo stesso ministro dell’Economia ha spiegato a colleghi di governo del Pdl e della Lega. Ecco il motivo per cui Bossi si interroga su cosa fare, perché ripresentarsi dinnanzi al Paese con un simile provvedimento dopo la sconfitta elettorale non lo convince. Sta in queste contraddizioni il rischio per la tenuta del governo, le tensioni che attraversano la maggioranza: da una parte c’è il pressing di Berlusconi che vuole a tutti i costi la riforma tributaria, dall’altra c’è la volontà di Tremonti di onorare gli impegni sul bilancio dello Stato.
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