Il condono tombale? Illegittimo: è contro la neutralità fiscale e altera il sistema europeo dell’Iva
Trema chi ha fatto il condono tombale della Finanziaria 2003: la
sanatoria è contro il principio Ue della neutralità fiscale e viola il
sistema comunitario dell’Iva. La Cassazione insiste e fa sul serio:
applica il dictum della Corte di giustizia e, decidendo nel
merito, rigetta l’originaria opposizione alla cartelle esattoriali del
contribuente che pure aveva presentato la dichiarazione integrativa ai
fini del “colpo di spugna”. È quanto emerge dalla sentenza 25701/09,
emessa dalla sezione tributaria che accoglie il ricorso dell’Agenzia
delle entrate. Il punto di partenza è la sentenza emessa dai giudici Ue
nella causa 132/06. Con le norme degli articoli 8 e 9 della legge
289/02 l’Italia compie una rinuncia «generale, indiscriminata e
preventiva» all’accertamento dell’Iva: dietro il pagamento di una somma
forfettaria, e dunque “sganciata” dall’imposta, il contribuente si
assicura l’esclusione di ogni controllo nel periodo d’imposta
considerato. E manca il nesso con la base imponibile delle operazioni
effettuate e non dichiarate anche nel caso, che è quello di specie,
della sanatoria tramite dichiarazione integrativa. La sesta direttiva
Cee, invece, proibisce di disporre trattamenti Iva diversi a soggetti
economici che compiano le stesse operazioni. Insomma: la sanatoria crea
disparità fra i contribuenti italiani e con gli operatori degli altri
Stati Ue: è inutile armonizzare l’Iva in Europa se poi i Paesi membri
non si sforzano di effettuare una riscossione uniforme. L’importo che
il contribuente versa grazie al condono risulta modesto rispetto a
quanto dovuto: scatta una «quasi-esenzione» che mette in crisi il
sistema comunitario dell’Iva. La Suprema corte, allora, applica
d’ufficio il diritto Ue: esazione integrale di imposta e sanzioni. E
con il condono tombale del 2003 va disapplicata la definizione
agevolata di cui alla legge 413/91.