Il condono tombale non impedisce al Fisco di verificare il diritto al credito Iva
Condonato sì, ma rimborsato è troppo. Chi ha fruito
della sanatoria “tombale” introdotta dalla Finanziaria 2003 non ha
automaticamente diritto al rimborso dei crediti Iva. Lo precisa
l’ordinanza 5586/10, emessa dalla sezione tributaria della Cassazione.
Il caso
E’ stato accolto il ricorso delle
Entrate. È vero: la definizione automatica prevista dall’articolo 9,
comma 9, della legge 289/02 non modifica l’importo di eventuali
rimborsi e crediti che derivano dalle dichiarazioni Iva. Ma ciò non
significa che il Fisco perda il potere di contestare le somme
rivendicate dal contribuente. Quando è richiesto il rimborso
dell’imposta, l’ufficio non è tenuto a procedere in virtù della
sanatoria. Anzi: se l’amministrazione sospetta che l’Iva non sia mai
stata versata perché ci si trova di fronte a operazioni inesistenti,
deve far scattare l’accertamento diretto a escludere il diritto al
rimborso. Il condono elide, in tutto o in parte, il debito fiscale, ma
i crediti che il contribuente vanta nei confronti dell’Erario restano
comunque soggetti all’eventuale contestazione. Di regola il dovere di
dimostrare l’inerenza delle fatture a operazioni inesistenti grava
sull’amministrazione. Ma si rovescia addosso al contribuente se il
verbale, che è noto alla società finita nel mirino del Fisco, contiene
indizi sufficienti ad affermare che i documenti contabili sono stati
emessi per transazioni fittizie. Starà all’azienda, allora, dimostrare
l’effettiva esistenza delle negoziazioni.