Il consumatore ha diritto al risarcimento dalla compagnia coinvolta in un cartello
Un consumatore adiva la giustizia per vedersi riconoscere il risarcimento del danno subito dalla propria compagnia di assicurazioni RCA condannata dall’AGCM per violazione del sistema della concorrenza, che in virtù di siffatta condotta aveva provocato l’incremento del premio. Sia in primo grado che in appello la compagnia veniva condannata al risarcimento, in favore del consumatore, quantificato in poche decine di euro, somma calcolata sulla base di una percentuale del premio, prendendo quale riferimento la media dei premi praticati a livello europeo.
Tra i motivi del ricorso per Cassazione, afferenti l’accertamento del nesso causale tra il livello del premio e la partecipazione della compagnia al cartello sanzionato dall’Autorità garante, la compagnia rileva la presunta violazione dell’art. 112 c.p.c., la nullità della sentenza ex art. 360 n. 4 c.p.c. nonché i vizi di motivazione, asserendo che il giudice d’appello aveva omesso di valutare le deduzioni in merito alla quantificazione del premio praticato, frutto di un notevole incremento dei costi per le compagnie, quali l’inflazione e le truffe a loro danno, tutti adeguatamente documentati.
La Corte nel giudicare infondato il ricorso, ha argomentato che il consumatore assicurato che agisca per il risarcimento del danno si avvale della presunzione che il premio sia stato aumentato per effetto della condotta scorretta, e che la misura dell’aumento, corrispondente alla misura del danno subito, non è inferiore al livello medio. Pertanto la compagnia convenuta deve essere ammessa a dar prova contraria di siffatta presunzione di responsabilità, che tuttavia non può avere ad oggetto le medesime circostanze che l’Autorità garante ha già valutato e ritenuto non rilevanti per escludere il legame tra le condotte collusive e l’aumento dei premi. In particolare la documentazione prodotta dalla compagnia per contestare l’esistenza del nesso di causalità è stata ritenuta irrilevante dalla Corte d’Appello, correttamente a dir della Cassazione, e nello stesso modo il giudice di merito in secondo grado si è uniformato al principio per cui la prova della mancata sussistenza del nesso causale deve riguardare situazioni specifiche della compagnia interessata e non il mercato generale delle assicurazioni. Dette circostanze dovevano essere tali da dimostrare che l’entità del premio non dipendeva dalla partecipazione al cartello bensì da fattori ulteriori ed estranei alla condotta accertata come collusiva.
La compagnia, per vincere le presunzioni di responsabilità poste a suo carico dal provvedimento emanato dall’Autorità garante, e delle quali il consumatore ha diritto di avvalersi, avrebbe dovuto dar prova contraria, dimostrando l’interruzione del nesso di causalità tra la condotta anticoncorrenziale e l’incremento del premio.