Il corso di formazione cambia sede, l’allievo non può più seguirlo: va escluso il pagamento dell’intera retta
Sorpresa: chi gestisce il corso di formazione
cambia sede. E pretende pure il pagamento dell’intero prezzo
dall’allievo che non può più seguire le lezioni a causa del
trasferimento: «C’è scritto nel contratto». La clausola, però, è
abusiva: comprime i diritti del corsista. Lo chiarisce la sentenza
6481/10 della Cassazione.
Il caso
La chiave sta nell’articolo 1469
bis del codice civile sui rapporti professionista-consumatore: affinché
il primo modifichi in modo unilaterale le modalità di svolgimento del
servizio, serve un giustificato motivo desumibile dal contratto;
altrimenti la clausola è vessatoria perché altera, ai danni del
secondo, il quadro di diritti e obblighi che scaturisce dall’assetto
negoziale. La sede del corso, nella specie, passa da Oristano a
Cagliari: viene cancellata con rinvio la sentenza che condannava
l’allieva al pagamento di oltre 3.800 euro senza interrogarsi sul
motivo del cambio di sede, che risulta in contrasto con la presunzione
di localizzazione laddove fu firmato il contratto. Risulta vessatoria
la clausola che impone al corsista di versare l’intero costo delle
lezioni in tutti i casi di recesso anticipato: l’allievo risulta
discriminato perché non si considera l’eventualità di un giustificato
motivo, mentre l’obbligo di pagamento si traduce in una penale ai danni
del corsista senza che vi sia un’analoga sanzione a carico
dell’organizzatore. Se la sentenza di primo grado nega per motivi di
rito il diritto alla pronuncia di merito, in appello si possono
richiamare per relationem i precedenti scritti difensivi senza violare
l’obbligo di specificazione ex articolo 342 Cpc: l’accoglimento
dell’impugnazione consente di decidere in secondo grado su tutte le
questioni dedotte nel primo.