Il crocifisso resterà nelle scuole
Il crocifisso deve restare nelle scuole non perché sia un “suppellettile” o un “oggetto di culto”, ma perché “è un simbolo idoneo ad esprimere quei valori civili” che hanno origine religiosa, ma “che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato”. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato respingendo il ricorso di una finlandese che chiedeva la rimozione del crocifisso da una scuola media di Abano Terme (Padova).
La donna aveva già fatto ricorso al Tar del Veneto che prima di darle torto aveva sollevato una questione di legittimità dinanzi alla Corte Costituzionale. I giudici della Consulta, nel dicembre del 2004, avevano dichiarato inammissibile la questione (e quindi non erano entrati nel merito) perché l’affissione del crocifisso nelle scuole non era prevista da una legge, bensì da due regolamenti del 1924 e del 1927 sugli arredi scolastici sui quali il giudice delle leggi non poteva sindacare.
A risolvere la delicata questione sono stati i supremi giudici amministrativi della sesta sezione. Nella sentenza di 19 pagine del Consiglio di Stato (presidente Giorgio Giovannini, relatore Giuseppe Romeo), vengono posti importanti paletti. Innanzitutto, come è scritto “la laicità, benché presupponga e richieda ovunque la distinzione tra la dimensione temporale e la dimensione spirituale e fra gli ordini e le società cui tali dimensioni sono proprie, non si realizza in termini costanti e uniformi nei diversi Paesi, ma, pur all’interno della medesima “civiltà”, è relativa alla specifica organizzazione istituzionale di ciascuno Stato, e quindi essenzialmente storica, legata com’è al divenire di questa organizzazione”. Insomma, diverso è il principio laico britannico da quello francese, statunitense e italiano. Premesso ciò, il Consiglio di Stato lascia alle “dispute dottrinarie” la definizione astratta di “laicità”: “in questa sede giurisdizionale” – si legge nella sentenza n.556 – “si tratta in concreto e più semplicemente di verificare” se l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche sia “lesiva dei contenuti delle norme fondamentali del nostro ordinamento costituzionale, che danno forma e sostanza al principio di ‘laicita” che connota oggi lo Stato italiano, e al quale ha fatto più volte riferimento” la Corte Costituzionale. “E’ evidente – affermano i giudici di Palazzo Spada – che il crocifisso è esso stesso un simbolo che può assumere diversi significati e servire per intenti diversi; innanzitutto per il luogo in cui è posto”. Se in un luogo di culto “è propriamente ed esclusivamente ‘un simbolo religioso”, “in una sede non religiosa, come la scuola, destinata all’educazione dei giovani, il crocifisso – prosegue la sentenza – potrà ancora rivestire per i credenti i suaccennati valori religiosi, ma per credenti e non credenti la sua esposizione sarà giustificata ed assumerà un significato non discriminatorio sotto il profilo religioso, se esso è in grado di rappresentare e di richiamare in forma sintetica immediatamente percepibile ed intuibile (al pari di ogni simbolo), valori civilmente rilevanti”. Si tratta di “quei valori che soggiacciono ed ispirano il nostro ordine costituzionale, fondamento del nostro convivere civile. In tal senso – sottolinea il Consiglio di Stato – il crocifisso potrà svolgere, anche in un orizzonte ‘laico’, diverso da quello religioso che gli è proprio, una funzione simbolica altamente educativa, a prescindere dalla religione professata dagli alunni”.