Il danno da ridotta capacità lavorativa è riconosciuto allo studente che non lavora
Anche lo studente che si trovi privo di un’attività lavorativa ha diritto al risarcimento del danno da ridotta capacità lavorativa. E’ quanto ha stabilito la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la sentenza 30 novembre 2011, n. 25571.
Il caso vedeva un soggetto rimanere coinvolto in un incidente stradale quando ancora era un minorenne. All’epoca del giudizio di primo grado, ben nove anni dopo l’evendo dannoso, quando veniva disposta la consulenza d’ufficio, la vittima frequentava ancora l’università ed era priva di una propria attività lavorativa produttiva di reddito. Mentre i giudici di primo grado accordavano il risarcimento dei danni da ridotta capacità lavorativa, la Corte d’Appello negava tale risarcibilità, sul presupposto che la donna, non svolgendo alcuna attività lavorativa, non poteva essere titolare di un diritto al risarcimento che tale attività, necessariamente, presupponeva essere sussitente.
Secondo il giudice nomofilattico, per principio generale, il danno patrimoniale di cui si discute deve essere accertato in concreto, attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgesse un’attività lavorativa produttiva di reddito, ed inoltre attraverso la prova della mancanza, di persistenza, dopo l’infortunio, di una capacità generica, di attendere ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell’infortunato, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte.
Premesso che la prova del danno grava sul soggetto che chiede il risarcimento, potendo essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di guadagno, la Suprema Corte sottolinea che, ove occorra valutare il lucro cessante di un minore menomato permanentemente, la liquidazione del risarcimento del danno va svolta sulla previsione della sua futura attività lavorativa, in base agli studi compiuti o che si stanno portando a termine.
Tornando al caso di specie, il ragionamento dei giudici territoriali si fonda sulla sola mancanza di un’attività lavorativa attuale, derivante dal fatto che l’infortunata era ancora dedita agli studi universitari, senza considerare il fatto che il danno patrimoniale futuro deve essere valutato su base prognostica e che il danneggiato può avvalersi a tal fine anche delle presunzioni.
In altre parole, giudici di merito hanno omesso di considerare se, alla luce degli accertamenti che si sarebbero potuti compiere, si sarebbe potuto presumere, fondatamente o meno, una riduzione della capacità di guadagno della danneggiata, in termini di certezza o di elevata probabilità.