Il diritto d’accesso non è un diritto a controlli generalizzati sulla P.A.
In materia di svolgimento di servizi pubblici, il riconoscimento dell’interesse alla corretta gestione degli stessi non consente l’attribuzione di un diritto di accesso, che, ove concesso, si risolverebbe in una forma indifferenziata e generalizzata di controllo sulle attività di tipo pubblicistico.
Con la sentenza 20 gennaio 2012, n. 657 il T.A.R. Lazio-Roma ha statuito che l’interesse alla corretta gestione di un servizio pubblico e, come nel caso di specie, alla corretta riscossione dei tributi di scopo imposti per il relativo funzionamento, assume una connotazione indifferenziata rispetto alla generalità dei consociati; pertanto, tale interesse deve essere ritenuto estraneo alla nozione di interesse concreto e attuale collegato alla titolarità di una situazione giuridica meritevole di tutela, che costituisce il presupposto legittimante l’accesso, mentre, a diversamente ritenere, esso si trasformerebbe in una forma indifferenziata e generalizzata di controllo sulle attività di tipo pubblicistico sulla gestione delle entrate e sulla lotta all’evasione. Qualsiasi attività di tipo pubblicistico, pur se sottoposte al controllo o alla vigilanza di organi istituzionali, potrebbe finire così col formare oggetto di accesso per il solo fatto di riverberarsi in modo diretto o indiretto su tutti i cittadini nella loro qualità di contribuenti, sì da ampliare l’ambito di ammissibilità dell’azione oltre i limiti normativamente previsti.
Il T.A.R. ha inoltre affermato che la riconducibilità di un’istanza di accesso all’interesse generale dei contribuenti alla corretta attività di contrasto all’evasione del canone RAI, se la si riconosca come legittimante l’accesso, si tradurrebbe nel riconoscimento di un accesso con finalità di controllo generalizzato, in quanto volto ad una verifica in via generale di trasparenza, legittimità e correttezza dell’azione amministrativa.
Il T.A.R. ha infine precisato che il riconoscimento del diritto di accesso a chiunque vi abbia interesse non ha introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sull’Amministrazione. Difatti, l’accesso è consentito solo a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, si rivolgono e che se ne possono eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva che, anche se non deve necessariamente assumere la consistenza dell’interesse legittimo o del diritto soggettivo, deve essere però giuridicamente tutelata; tuttavia, tale posizione soggettiva non può identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento della P.A., il che vale anche quando tale interesse venga azionato da parte di un’associazione rappresentativa che agisca a tutela di tutti i cittadini in maniera indifferenziata, mancando in tal caso la titolarità di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento alla conoscenza della documentazione.
Il caso prende le mosse da un’istanza di accesso effettuata dal CODACONS in rappresentanza dei contribuenti RAI all’indomani dei rilievi mossi dalla Corte dei Conti in ordine all’evasione del pagamento del canone RAI; l’istanza era stata presentata all’Agenzia delle Entrate di Roma e mirava ad ottenere la documentazione inerente il contratto di servizio tra la Rai e l’Agenzia delle Entrate, il programma di controllo, verifica e monitoraggio dei mancati pagamenti del canone RAI e le modalità di recupero dello stesso, nonché i registri delle spese sostenute per l’attività di accertamento e di recupero del canone, anche di quello speciale.
Il diniego all’accesso espresso dall’Agenzia delle entrate, e censurato dall’Associazione, era motivato in funzione della non rinvenibilità in capo al CODACONS di un interesse concreto, attuale e qualificato, presupposto legittimante l’accesso, e ciò in considerazione del carattere meramente ispettivo dell’azione proposta.
Orbene, alla luce di quanto disposto dall’art. 24, comma 3, L. 241/1990, il diritto d’accesso non può mai concretizzarsi in un controllo generalizzato sull’attività della pubblica amministrazione. Infatti, come pacifico in giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. V, 24 marzo 2011, n. 1772; T.A.R. Piemonte, Torino, 17 novembre 2011, n. 1203), quand’anche la nozione di interesse all’accesso ai documenti amministrativi sia diversa e più ampia di quella dell’interesse all’impugnativa (non presupponendo necessariamente una posizione soggettiva qualificabile come diritto soggettivo o interesse legittimo), resta il fatto che perché l’accesso sia legittimo, è necessario che questo sia sempre ricollegabile ad una specifica situazione soggettiva giuridicamente rilevante, in quanto strumentale ad acquisire la conoscenza necessaria a valutare la portata lesiva di atti o comportamenti posti in essere dall’amministrazione.
Ciò posto, il Collegio ha rigettato il ricorso sostenendo espressamente l’insussistenza di un interesse concreto e attuale, ricollegabile alla titolarità di una situazione giuridica meritevole di tutela, legittimante l’accesso.
L’istanza è diretta, difatti, alla verifica delle attività complessivamente poste in essere dall’Agenzia delle Entrate al fine di combattere il fenomeno dell’evasione del pagamento del canone RAI, così rispondendo a un interesse generale che appartiene indistintamente all’intera collettività e come tale non è tutelabile su iniziativa di singoli cittadini o di loro associazioni, altrimenti dovendo ritenersi che lo strumento dell’accesso sia azionabile con riferimento a qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si riverberi economicamente in modo diretto o indiretto su tutti i cittadini in quanto contribuenti, con conseguente sovrapposizione dell’azione di associazioni di consumatori a quella degli organi istituzionali deputati ad intervenire in determinati settori, quali la Corte dei Conti in materia di spesa pubblica e di controllo sui servizi pubblici.
L’interesse alla corretta gestione di un servizio pubblico e, in particolare, alla corretta riscossione dei tributi di scopo imposti per il relativo funzionamento, assume invero una connotazione indifferenziata rispetto alla generalità dei consociati e – come tale – è estraneo alla nozione di interesse concreto e attuale collegato alla titolarità di una situazione giuridica meritevole di tutela, che costituisce il presupposto legittimante l’accesso, il quale, a diversamente ritenere, si trasformerebbe in una forma indifferenziata e generalizzata di controllo sulle attività di tipo pubblicistico inerenti la gestione delle entrate e la lotta all’evasione. Ne conseguirebbe che qualsiasi attività di tipo pubblicistico, pur se sottoposte al controllo o alla vigilanza di organi istituzionali, potrebbe formare oggetto di accesso per il solo fatto di riverberarsi in modo diretto o indiretto su tutti i cittadini nella loro qualità di contribuenti, in tal modo ampliandosi l’ambito di ammissibilità dell’azione oltre i limiti normativamente previsti.
La riconducibilità di un’istanza di accesso all’interesse generale dei contribuenti alla corretta attività di contrasto all’evasione del canone RAI, laddove riconosciuta legittimante l’accesso, si tradurrebbe nel riconoscimento di un accesso avente a finalità di controllo generalizzato in quanto volto ad una verifica in via generale della trasparenza, legittimità e correttezza dell’azione amministrativa.
Il riconoscimento del diritto di accesso a chiunque vi abbia interesse non ha introdotto alcun tipo di azione popolare diretta a consentire una sorta di controllo generalizzato sull’Amministrazione, essendo l’accesso consentito solo a coloro ai quali gli atti stessi, direttamente o indirettamente, si rivolgono e che se ne possono eventualmente avvalere per la tutela di una posizione soggettiva che, anche se non deve necessariamente assumere la consistenza dell’interesse legittimo o del diritto soggettivo, deve essere però giuridicamente tutelata, non potendo identificarsi con il generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento della P.A., il che vale anche quando tale interesse venga azionato da parte di un’associazione rappresentativa che agisca a tutela di tutti i cittadini in maniera indifferenziata, mancando in tal caso la titolarità di un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento alla conoscenza della documentazione.
Orbene, entro che termini la ricostruzione del T.A.R. è suscettibile di essere estesa ad altre attività o servizi pubblici? Nei termini sicuramente più ampi.
Pertanto, in linea generale, e con un ragionamento che dalle pubbliche amministrazioni centrali o locali può essere esteso anche a tutti gli enti a connotazione pubblica, non si può ammettere un utente (o un’associazione rappresentativa di assistiti) di qualsivoglia servizio pubblico all’accesso a tutte le pratiche omologhe rispetto a quella da lui attivata o che lo concerne, ma solo a quest’ultima, per la quale sicuramente si configura un suo interesse diretto ed attuale; così, ad esempio, non si può riconoscere ad un assistito Inps l’accesso alla gestione delle pratiche previdenziali di altri assistiti o anche solo di una categoria di assistiti, ma solo a quelle che lo interessano; ancora, non si può riconoscere ad un notaio l’accesso all’intera attività ispettiva degli Archivi notarili, ma solo al procedimento che lo riguarda, né alla gestione delle entrate e delle spese della Cassa Nazionale del Notariato, e così via.