Il divorzio compie 40 anni
Il divorzio compie 40 anni e c’è chi giura di vedere alcune rughe. Che ce ne fosse bisogno, lo dimostrano le oltre 54 mila coppie che solo nel 2008 hanno voluto sciogliere il vincolo matrimoniale. Impossibile sarebbe tracciare quantitativamente un bilancio dei divorziati dal 1970 a oggi. Il primo dicembre di quell’anno, la Camera dei Deputati diede il via libera definitivo alla legge Fortuna-Baslini, introducendo anche in Italia l’istituto giuridico del divorzio. Loris Fortuna, avvocato penalista, iscritto al Psi e dal 1974 anche al Partito radicale, aveva presentato il disegno di legge già da cinque anni, ma prima che la firma ne rendesse effettiva la validità, passarono molte lune e molte lotte. Il mondo cattolico, oppose una resistenza accanita, fu lo zoccolo più duro e ostile di questa battaglia. Sosteneva infatti (e tutt’oggi non “sposa” il divorzio) che: “il matrimonio rato e consumato non può essere sciolto da nessuna potestà umana e per nessuna causa, eccetto la morte” e che costituiva “una grave offesa alla legge naturale.”
Anche se in ritardo rispetto ad altri paesi, l’Italia era ancora impreparata a confrontarsi con lo scioglimento dei sacramenti e a scrollarsi di dosso l’atavica “mentalità del peccato”.
La campagna fu accesissima e vide due schieramenti: da una parte la Dc di Amintore Fanfani e il Msi di Giorgio Almirante a fianco della Chiesa.
Dall’altra, i laici: liberali, socialisti, repubblicani e comunisti, socialdemocratici, radicali e Psiup.
Venne promossa la raccolta firme per indire un referendum abrogativo, il primo in Italia. Si svolse il 12 maggio del 1974, portò all’abrogazione della legge con il 59,3% dei voti e il 90 % di affluenza. Fu l’inizio di una vera e propria rivoluzione culturale, che continua a far discutere. L’introduzione della legge, portò lo scioglimento del vincolo del matrimonio, compresa la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario (sia in caso di nozze civili che religiose); la possibilità per gli ex coniugi di contrarre nuove nozze e per la donna la perdita del cognome del marito, salvo diversa autorizzazione del giudice. Nel 1986 il Parlamento ridusse da cinque a tre anni il periodo di separazione dei coniugi, necessario ai fini di ottenere lo scioglimento del matrimonio. Quest’anno, invece, si è tentato, con minor fortuna e poco impegno, in parlamento, di accorciare ulteriormente tali termini, per portarli a uno/due anni. E mentre le organizzazioni cattoliche indicono i Family Day, i laici lottano per il riconoscimento delle coppie di fatto, i cosiddetti DICO (“Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi”). Potere temporale ed esecutivo, non smettono di essere in conflitto. Anche se, alle volte, c’è troppa fraternizzazione con l’avversario. E questo complica le cose.