Il fisco cercherà gli evasori dentro casa, ecco come.
Una pioggia di tasse e controlli sul
mattone. Ancora una volta il fisco prova a mettere sotto attacco
l’evasione nata in casa per tirare la volata al federalismo ma non solo.
Tra imposta municipale unica, super-sanzioni contro gli affitti in
nero, recupero delle case fantasma e delle “finte” prime case, si
preannuncia un 2011 pesante per i proprietari, in particolare per quelli
che non pagano le tasse.
primo appuntamento certo è quello con la denuncia delle case
sconosciute al catasto (si veda l’articolo nella pagina), che entro il
28 febbraio andranno registrate per non incorrere nelle sanzioni e nei
controlli dei sindaci, accesi anche dal «bonus» da 1.500 euro a immobile
«riemerso» allo studio per i comuni che si daranno da fare.
La partita più importante è il riordino degli affitti, strettamente
legato al federalismo. Il dato resta preoccupante: mezzo milione di
locazioni in nero possono rendere al fisco anche un miliardo all’anno,
ma il recupero non è affar semplice. Del resto la stima non è opinabile:
nell’ultima indagine sulla situazione abitativa degli italiani,
l’Istat conta 16,9 milioni di famiglie che vivono nella casa di
proprietà e 4,7 milioni di famiglie in affitto; se a quest’ultima cifra
sottraiamo le locazioni indicate nelle dichiarazione dei redditi delle
persone fisiche (circa 2,7 milioni), quelle di edilizia pubblica (un
milione) e quelle locate da società (circa 500mila), restano appunto
mezzo milione di famiglie che abitano in casa d’altri ma non hanno un
contratto. Se si considera che l’affitto medio, in Italia, è di 535
euro al mese (sempre dati Istat), sono circa 3,2 i miliardi di euro che
ogni anno sfuggono al prelievo dell’Irpef.
Risultato: con un’aliquota media Irpef del 30,4 per cento, da applicare
sull’85% dell’imponibile (difficile immaginare che si tratti di canoni
concordati), il risultato è un’evasione di circa 972 milioni.
chiave di volta starebbe proprio nel provvedimento in discussione sul
federalismo fiscale: oltre all’applicazione della cedolare secca del 20
e 23 per cento (si veda l’articolo in basso) la norma in discussione
prevede che entro un certo termine (nella prima bozza era il 31
dicembre 2010, ma ovviamente se ne dovrà fissare uno nuovo) chi non
registra il contratto di locazione in corso subisce, oltre alle normali
sanzioni e al recupero dell’imposta (si veda l’esempio qui a fianco) un
drastico abbassamento del canone annuo. Per quattro anni, il
proprietario pizzicato dovrebbe infatti accontentarsi di un canone pari
al triplo della rendita catastale: una cifra irrisoria, rispetto alle
richieste normali del mercato.
fiscale dovrebbero essere, nelle intenzioni di chi ha redatto la norma,
gli inquilini, che ne avrebbero così un vantaggio enorme. Ma nel
concreto non è detto che alla prima scadenza, dopo quattro anni,
l’inevitabile sfratto sia la prospettiva migliore. Inoltre l’inquilino
potrebbe avere interesse a restare in nero con un affitto ribassato ma
senza mettersi in urto con il proprietario, ormai abituato a non dare
un centesimo al fisco. È chiaro, però, che questa riduzione non
potrebbe essere superiore al 23 per cento, perché a questo punto
converrebbe assoggettarsi alla cedolare secca e mettersi in regola.
fisco, comunque, ha da tempo altri strumenti di controllo sugli
affitti: di fatto, tutte le utenze sono state passate al setaccio, e
alla Sogei sarebbe facile incrociare i dati delle intestazioni degli
immobili e delle utenze che a quell’immobile restano legate pur essendo
intestate a persone diverse dal prioprietario; purtroppo alcuni
proprietari si sono fatti furbi, intestandosi tutte le utenze e
chiedendo (sempre in nero) il rimborso agli inquilini. Trattandosi di
una decisione che coinvolgerebbe mezzo milione di contribuenti, finora
si è preferito non calcare la mano, ma l’appuntamento con la riforma
nata con il federalismo fiscale potrebbe rappresentare l’anno della
svolta per gli affitti in nero.
Altra partita che verrà affrontata, ma su più tavoli, sarà quella delle
abitazioni in comodato e usufrutto. In Italia sono oltre 3 milioni,
decisamente tante. Gli usufrutti sono tendenzialmente veri, perché gli
intestatari pagano regolarmente Ici e Irpef (a meno che non sia la lro
abitazione principale) e il loro titolo, essendo un diritto reale,
implica la registrazione e una serie di attenzioni burocratiche; il
comodato a titolo gratuito è invece molto più semplice da gestire: si
registra solo in caso d’uso (cioè in caso di necessità, come quando c’è
un contenzioso) e con una somma di soli 168 euro.
comodato è quindi una scelta adotatta sia dai proprietari che
affittano la casa in nero, per dare una parvenza di legalità anche alla
diversità delle intestazioni delle utenze e mantenere la spada di
Damocle sull’inquilino: nel contratto di comodato, infatti, si può
prevedere l’interruzione in ogni momento per necessità del comodante. Se
il proprietario si è sempre fatto consegnare l’affitto in contanti non
è facile dimostrare che quello era, in realtà, una locazione.
il comodato gratuito ha anche un altro uso: viene fatto, sempre
fittiziamente, a favore di figli, fratelli o genitori, che eleggono lì
la loro residenza (altrettanto fittizia) ottenendo così di non pagare
l’Ici come abitazioni principali «assimilate». Nella bozza del decreto
legislativo sul federalismo municipale, però, scompare l’assimilazione
all’abitazione principale, e con lei il salvacondotto fiscale che ha
moltiplicato i falsi comodati.
I margini di autonomia lasciati alle aliquote Imu, poi, una volta a
regime la riforma potrebbero spingere i sindaci ad alzare il prelievo su
alcune tipologie di immobili, a partire dalle case sfitte. L’idea non è
solo teorica, ma conosce una prima applicazione a Roma, dove le norme a
misura di Capitale hanno permesso di introdurre una super-Ici
(aliquota 10 per mille) proprio sulle case sfitte.