Il Fisco non può compensare il credito tributario che risulti essere stato definitivamente accertato come richiesto dal contribuente. L’importo eventualmente in credito non dovrà dunque essere oggetto di compensazione con eventuali debiti ancora da estinguere. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, nella sentenza 11450/2011, ha inteso fornire una univoca interpretazione della normativa di settore. La controversia esaminata dai Giudici di legittimità era derivante da un credito maturato da una società nel 1983 per un importo equivalente a 200mila euro, come stabilito dal CTP a cui la stessa società aveva ricorso.
L’Erario, secondo la sentenza allora emanata, avrebbe dovuto rimborsare l’importo per metà circa con la chiusura parziale di alcuni debiti tributari ancora pendenti e per la parte restante con accredito sul conto corrente bancario.
L’Amministrazione, nonostante la sentenza, aveva deciso di compensare anche questa seconda tranche con i debiti della ricorrente. Ecco allora che l’azienda aveva avviato un nuovo ricorso, in questo caso riconosciuto ammissibile e vinto dall’azienda stessa. A ricorrere a quel punto era stata l’amministrazione finanziaria che chiamava la Cassazione a decidere, perché considerava la decisione del giudice come una violazione della speciale disciplina sull’ottemperanza prevista dal l’articolo 70 del Dlgs 546/92: il giudice avrebbe difatti dovuto, secondo l’Erario, dichiarare la cessazione della materia del contendere e così estinguere il giudizio, perché gli interessi erano stati tutti rimborsati; peraltro dichiarava l’amministrazione finanziaria, il giudice si era pronunciato oltre il dovuto, poiché aveva precisato le modalità con le quali procedere al rimborso.
La Corte di Cassazone ha tuttavia rigettato il ricorso, rilevando come la CTP non potesse dichiarare l’estinzione del giudizio per il venir meno della controversia perché, nonostante il giudicato, il rimborso non era stato totalmente eseguito. Inoltre, sottolineava che la censura era improponibile per carenza di interesse poiché il giudice di prime cure aveva consigliato la procedura contabile del conto sospeso sul presupposto di assenza di disponibilità finanziare del relativo capitolo di spesa. Soluzione che non avrebbe impedito all’amministrazione di usare tale capitolo in presenza di fondi.