Il genitore può trasferirsi in un’altra città per motivi di lavoro con il figlio
La madre può trasferirsi in un’altra città con il figlio affidato congiuntamente ai genitori per motivi di lavoro. Non solo. Il minore non può essere collocato presso l’altro coniuge rimasto nel paese natale se si è già ambientato nella nuova città.
È quanto si evince da una sentenza depositata dalla prima sezione civile della Corte di cassazione.
Il caso riguarda una coppia di Bari che, dopo la nascita della figlia, aveva deciso di separarsi. La bambina era stata affidata congiuntamente a mamma e papà ma era stata collocata presso la donna (con diritto di visita di lui). A un certo punto lei si era dovuta trasferire a Venezia per motivi di lavoro. Così l’ex aveva impugnato gli accordi della separazione ottenendo, dal Tribunale di Bari, la collocazione della bambina presso di lui ma nessuna modifica sulla bigenitorialità.
Contro la decisione del Tribunale pugliese la madre ha presentato appello e lo ha vinto. La Corte territoriale barese le ha dato ragione sostenendo che la bambina si era ormai ambientata presso la nuova città e che quindi non poteva essere spostata dal padre, nella città d’origine.
Aggiungendo pochissimo rispetto a quanto sostenuto dai giudici di merito la Cassazione ne ha condiviso le motivazioni dichiarando inammissibile il ricorso del padre. In sentenza si legge infatti che “la Corte territoriale, esposta diffusa narrativa della vicenda, e premesso il diritto costituzionalmente garantito alla madre della bambina di trasferire la propria residenza, ha ritenuto che il comportamento della predetta non potesse essere sanzionato nei termini stabiliti dal primo giudice, poiché il collocamento presso il padre avrebbe pregiudicato la stessa minore che ormai, per effetto dell’avvenuto trasferimento, si era già inserita nella nuova realtà. Fermo il regime d’affidamento condiviso ad entrambi i genitori con collocamento della bambina presso la madre, ha confermato le modalità d’esercizio del diritto di visita del padre concordate in separazione consensuale, con adeguamento alla mutata situazione di fatto. In difetto d’intesa tra i genitori, ha stabilito che il padre potrà tenere la bambina il primo ed il terzo fine settimana di ogni mese per sette giorni durante le vacanze di Natale o Epifania ad anni alterni e per le festività di Pasqua e per quindici giorni durante i mesi di luglio o agosto. Ha infine lasciato immutate le pattuizioni di carattere economico”. Insomma, “il tessuto motivazionale in cui si articola tale argomentata decisione è puntuale ed esaustivo, perciò non si presta alla critica di carenza o inadeguatezza mossa nel motivo”. È inoltre privo di errori di diritto, in quanto la Corte territoriale, mantenendo l’affido condiviso concordato tra i genitori, è solo “intervenuta sulla collocazione della bambina, guidata dall’esigenza di assicurarne l’interesse-preminente-, che il dettato dell’art. 155 c.c. consacra quale criterio decisivo per l’individuazione del genitore che risulti maggiormente idoneo ad assicurarne il miglior sviluppo della personalità,. avuto riguardo alle condizioni di fatto in cui si dovrà esplicare il rapporto, tra le quali sono di certo annoverabili perché meritevoli di tutela, anche le consuetudini di vita già acquisite dalla minore stessa che la vedono radicata presso il nuovo domicilio, ove ormai già vive, circondata peraltro dall’affetto dei nonni materni”.