Il Tribunale di Napoli, con l’’ordinanza 23 febbraio 2011 è intervenuto sul reato di stalking previsto e punito dall’articolo 612 bis del codice penale, precisando che il divieto di avvicinamento ex art. 282 ter c.p.p. riguarda solamente la persona offesa ed i prossimi congiunti della stessa.
Ma ha, altresì, precisato che lo “stalker” ha possibilità di poter frequentare liberamente il figlio (comune con la persona offesa) con le modalità ritenute opportune e nel rispetto dei limiti derivanti dal rispetto del provvedimento cautelare in esecuzione.
Vediamo la ricostruzione del caso di specie.
Ai sensi e per gli effetti di cui al primo comma dell’articolo 612 bis c.p., rubricato Atti persecutori”, “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, e’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
In base a quanto disposto dal citato articolo 282 ter c.p.c. con il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, “qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone”.
Entro la categoria dei prossimi congiunti devono essere ricompresi, di certo, anche i figli; il giudice per le indagini preliminari, però, ha la possibilità di intervenire nelle relazioni tra congiunti nel momento in cui vi siano “ulteriori esigenze di tutele” che devono concernere proprio i figli.
Nella fattispecie in oggetto, dagli atti delle indagini non erano emersi elementi tali da far ritenere che l’ipotizzato reato di stalking a carico della persona indagata consistesse in condotte relative al figlio, in quanto nessuna indicazione in tal senso era stata fornita nel corso delle dichiarazioni sia della persona offesa che di quelle ascoltate informate sui fatti, risultando, allo stato di fatto, solo un “difficile rapporto tra indagato e primo figlio della vittima”
La ricostruzione normativa del reato in oggetto e delle misure previste non consentono al giudice penale di poter intervenire “imponendo un divieto al rapporto tra padre e figlio”.