Il governo accelera sul caro-benzina
Con la ripetitività di un rito, alla vigilia dei grandi esodi benzina e
gasolio rincarano, i consumatori protestano, le compagnie petrolifere
si difendono sventolando i listini internazionali, si invoca
l’intervento del governo, e la politica promette interventi.
Non è
possibile ridurre per decreto i prezzi dei carburanti. I prezzi sono
liberi. Ma se i prezzi sono liberi, invece non è libero il mercato,
ingabbiato dalle maglie strette di un sistema normativo asfissiante.
Per questo motivo è allo studio la riforma del settore – l’ennesima –
che «sarà strutturale» (anticipa Stefano Saglia, sottosegretario allo
Sviluppo economico) e arriverà in primavera. Il che, tradotto in
provvedimenti, potrebbe voler dire non un decreto legge ma più
probabilmente una legge delega per disciplinare l’intera materia in
parlamento e, in via amministrativa, specifici protocolli d’intesa per
immediato.
Non si tocca invece la quota fiscale, che rappresenta
più di metà del costo totale, che rende minuscoli i benefici della
competizione ma che per lo stato è una fonte importante di incassi.
I segnali sono preoccupanti non solamente per i consumatori. Tra
diverse multinazionali del petrolio c’è voglia di lasciare il mercato
italiano, sempre più spinoso e sempre meno remunerativo. Diverse
raffinerie lavorano in perdita, compresse da dimensioni troppo piccole
rispetto agli impianti di dimensioni monstre costruiti sopra i pozzi di
petrolio.
Saglia cerca subito di abbassare il tono delle polemiche.
«La situazione attuale è frutto della solita speculazione», osserva
Saglia. Per questo motivo l’intervento allo studio del governo deve
essere strutturale. Il confronto con le categorie è stato avviato già
da tempo. «Abbiamo costituito più di un tavolo tecnico con l’intera
filiera, dalla distribuzione ai contratti, e ora siamo pronti», confida.
Il motivo dell’attesa è legato all’arrivo dei nuovi presidenti delle
regioni. Difatti alle regioni spetta buona parte delle normative sulla
vendita dei carburanti. E proprio alle regioni sono addebitati i dieci
anni di freni all’applicazione delle norme varate a partire dall’allora
ministro dell’Industria Pierluigi Bersani, poi integrate e arricchite
dai suoi successori. E in larga parte inutilizzate. «Oggi – dice Saglia
– siamo in grado di fare proposte concrete sia in via amministrativa,
con la sottoscrizione di specifici protocolli d’intesa, sia con una
legge delega».
La chiusura di un numero consistente di impianti
attraverso incentivi potrà essere avviata solo con l’intesa delle
regioni: un passaggio inevitabile. «Quella italiana è una rete
estremamente inefficiente. Abbiamo 24mila distributori – avverte Saglia
– contro i 10mila della Francia e i 15mila della Germania». I benzinai
italiani sono troppo piccoli e i costi della rete salgono.
Tra gli
altri interventi ritenuti indispensabili l’aumento dei distributori
automatici e soprattutto la possibilità di vendere prodotti non
petroliferi, come ad esempio lotterie e tabacchi. Se ne parla da anni
con effetti vicini allo zero. C’è poi l’ipotesi di aumentare il numero
di distributori indipendenti e la creazione di un mercato all’ingrosso
più corposo.
Il mercato all’ingrosso – di ambito solamente
nazionale – potrebbe avere la struttura di una borsa dei carburanti
dove i benzinai potranno approvvigionarsi; Saglia aggiunge che si starà
attenti a non stravolgere le regole del mercato e con l’intesa delle
compagnie.
Con la benzina sopra 1,4 euro al litro e il gasolio
oltre quota 1,2, le associazioni dei consumatori sottolineano come il
pieno sia rincarato di 10 euro dall’anno scorso nonostante l’andamento
del petrolio. Le compagnie si difendono rilevando come i prezzi
italiani siano in linea con le quotazioni internazionali dei prodotti
finiti.
La poca trasparenza dei prezzi aiuta i sospetti che le
aziende facciano cartello. «Anche il presidente dell’Antitrust,
AntonioCatricalà, ha detto di non essere mai riuscito a dimostrarlo»,
conclude Saglia.