Il leasing per le opere pubbliche e le ATI
L’evoluzione giurisprudenziale in tema di leasing finanziario per la
realizzazione di opere pubbliche segna un altro importante passo in
avanti, definendo con maggiore precisione i contorni di questo recente
istituto giuridico, che costituisce una interessante modalità di
finanziamento delle opere pubbliche.
Oltre alla definizione di
alcuni caratteri essenziali, la sentenza in commento analizza le
caratteristiche dell’ATI come prevista dall’art. 160 bis,
evidenziandone le distinzioni con la disciplina ordinaria ed affermando
l’illegittimità delle procedure che ne limitassero l’utilizzo.
Come
risaputo, il leasing nel settore della contrattualistica pubblica è di
epoca recente, con la L. 296/2006 (Finanziaria 2007), salvo poi
ulteriori aggiustamenti ed integrazioni ad opera del D. Lgs. 113/2007
(che ha introdotto l’art. 160-bis del D. Lgs. 163/06) e del D. Lgs.
152/2008 (c.d. terzo decreto correttivo al codice dei contratti).
La
sentenza in commento ripercorre, in primo luogo, le caratteristiche
tipiche della struttura del leasing in costruendo (finalizzato alla
costruzione) e del leasing immobiliare (finalizzato all’acquisto di un
immobile già costruito), chiarendo quali siano i soggetti coinvolti: “a)
la pubblica amministrazione, che svolge il ruolo di committente, esegue
la progettazione dell’opera da porre a base di gara, sceglie gli altri
due soggetti (società di leasing e costruttore), controlla l’esecuzione
dell’opera e ne verifica la regolare esecuzione; b) la società di
leasing, che partecipa alla gara con il costruttore-appaltatore e
assume tutti i rischi di realizzazione dell’investimento, mentre
trasferisce al costruttore tutti i rischi non finanziari; c) il
costruttore, che realizza l’opera.”.
Ulteriori precisazioni
riguardano poi l’opzione finale sul riscatto del bene, laddove viene
affermato come “sarebbe infatti illogico ed antieconomico per la p.a.
sottrarsi al riscatto finale, trattandosi di un prezzo irrisorio
rispetto a quanto già versato con periodicità.”.
Ma, oltre a questi importanti chiarimenti di carattere sistematico,
il Tar analizza la deroga che l’art. 160 bis del D. lgs. 163/06
introduce rispetto all’ordinario schema previsto dall’art. 37 dello
stesso codice, in tema di ATI.
In particolare, la disciplina di cui
al comma 3 dell’ art. 160 bis, tenuto conto nell’eterogeneità degli
operatori coinvolti, appartenenti a settori (finanziario ed edilizio)
assolutamente distanti tra loro, prevede la possibilità che l’ATI sia
costituita dal soggetto finanziatore e dal soggetto realizzatore.
In ciò, secondo quanto sostenuto dai Giudici lombardi, si sostanzierebbe una prima distinzione con l’ipotesi dell’ATI ordinaria.
Ed infatti, tra i due istituti sarebbero rinvenibili alcuni rilevanti differenze, tra le quali: “a)
nel raggruppamento ordinario la responsabilità tra i soggetti che vi
prendono parte è di tipo solidale (art. 37 comma 5), mentre nella
compagine delineata per il leasing “in costruendo” non sussistono
vincoli di solidarietà e ciascuno risponde per l’obbligazione
specificamente assunta; siamo in presenza di un raggruppamento
eterogeneo, creato da soggetti che svolgono attività radicalmente
diverse e che non sarebbero in grado di assolvere le reciproche
obbligazioni; b) nel raggruppamento eterogeneo la distinzione tra
mandatario e mandante è decisamente sfumata, poiché i due soggetti
agiscono sullo stesso piano ed assumono responsabilità autonome e
separate, senza che la posizione di capogruppo comporti conseguenze
giuridiche apprezzabili; c) dopo il collaudo dell’opera il
raggruppamento ordinario si scioglie e cessa ogni rapporto con la
stazione appaltante, mentre nel raggruppamento eterogeneo il vincolo
giuridico viene meno per il solo costruttore: permane infatti rapporto
contrattuale tra la stazione appaltante che eroga i canoni ed il
finanziatore che li percepisce; d) nel caso di fallimento di uno dei
mandanti l’art. 37 comma 19 accolla al mandatario l’obbligo – salva
indicazione di altro operatore subentrante in possesso dei requisiti di
idoneità – di eseguire comunque i lavori assunti in appalto,
direttamente o a mezzo degli altri mandanti; viceversa se fallisce uno
dei due soggetti riuniti nel raggruppamento eterogeneo, l’altro può
sostituirlo – previo assenso del committente – con altro soggetto
avente identici requisiti e caratteristiche ma non può direttamente
farsi carico della prestazione divenuta inesigibile nei confronti del
primo.”
Tuttavia, come emerge anche dalle conclusioni riportate dalla
sentenza in esame, il raggruppamento di cui all’art. 160 bis del codice
è pur sempre uno degli schemi giuridici previsti ed ammessi dal
legislatore, e, per tale ragione, coloro i quali dovessero utilizzarlo
non potrebbero subire alcuna limitazione alla partecipazione alla
procedure ad evidenza pubblica.
Sulla base di tali precisazioni e
preso atto della particolarità delle ATI in caso di locazione
finanziaria di opere pubbliche, la sentenza in esame estende la
partecipazione alla procedura a tutti i soggetti che abbiano adottato
una delle forme giuridiche previste dal legislatore.
Conseguentemente, nel caso di specie, censura, dichiarandola illegittima, una procedura che abbia ammesso a
partecipare il soggetto finanziatore, con obbligo, in capo allo stesso,
di dimostrare alla stazione appaltante di disporre, se del caso,
avvalendosi delle capacità di altri soggetti dei mezzi necessari a
eseguire l’appalto (c.d. avvalimento atipico), e con esclusione, ai
fini della partecipazione alla procedura stessa, di altre forme
giuridiche previste dal legislatore, ossia il raggruppamento temporaneo.