Il matrimonio tra persone dello stesso sesso secondo la Consulta
La Costituzione Italiana prevede esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, così si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza n. 138 del 14.4.2010, rigettando i ricorsi presentati da due coppie omosessuali, di Venezia e Trento.
In particolare, il Tribunale di Venezia aveva sollevato, con riferimento agli articoli 2, 3, 29 e 117 della Carta Costituzionale, una questione di legittimità costituzionale degli articoli 93, 96, 98, 107, 108, 143, 143 bis, 156 bis del codice civile, laddove essi non prevedono che gli omosessuali “possano contrarre matrimonio con persone dello stesso sesso.”
Secondo il Tribunale di Venezia, le disposizioni codicistiche non consentono di estendere l’istituto del matrimonio anche alle persone omosessuali, sebbene non si possano ignorare le continue trasformazioni sociali, che impongono una seria riflessione su una tale possibilità. Ad avviso del Tribunale di Venezia, il diritto a sposarsi rappresenta un diritto fondamentale, previsto espressamente dalla nostra Carta Costituzionale.
Nello specifico, i ricorrenti hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale in relazione all’art. 2 della Costituzione, laddove questo, riconoscendo il diritto a formare una famiglia ed a sposarsi, “configura un diritto fondamentale della persona, riconosciuto a livello sopranazionale”.
Tale questione è stata dichiarata inammissibile “perché diretta ad ottenere una pronuncia additiva non costituzionalmente obbligata”. Per cui, se tale articolo riconosce il diritto dell’uomo a realizzarsi “nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”, allora anche le coppie omosessuali rappresentano una formazione sociale alla quale spetta il riconoscimento di diritti e doveri, escludendo però che tale condizione “possa essere realizzata soltanto attraverso un’equiparazione delle unioni omosessuali al matrimonio”.
Spetterà poi al Parlamento “nell’esercizio della sua piena discrezionalità, individuare le forme di garanzia e di riconoscimento per le unioni suddette”.
La questione sollevata con riferimento all’art. 3 della Costituzione, trae fondamento dal considerare il matrimonio come un diritto fondamentale, ed in quanto tale, dovrebbe essere garantito a tutti, senza discriminazione alcuna, neanche sessuale.
A tal riguardo, è stato citato l’esempio del matrimonio dei transessuali, consentito dalla legge n. 164 del 1982, relativa alle “Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso”, in virtù della quale, deve prevalere “l’orientamento psicosessuale della persona” rispetto al sesso biologico.
Orbene, la Corte Costituzionale si è pronunciata escludendo la verosimiglianza tra le due condizioni, in quanto nel transessuale la scelta dell’intervento chirurgico è obbligata per far coincidere il sesso biologico con la psiche, per cui, con la rettificazione anagrafica è possibile completare tale coincidenza.
Pertanto, si tratta di casi non assimilabili, anzi, il riconoscimento del diritto a sposarsi ai transessuali, sarebbe un’ulteriore dimostrazione del carattere eterosessuale dei nubendi.
Con riferimento all’art. 29 della Costituzione, esso riconosce i diritti della “famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, senza prevedere espressamente una distinzione tra i sessi. E’ pur vero che i principi costituzionali sono dotati di duttilità, ma secondo la Corte Costituzionale non è ammissibile spingersi “fino al punto d’incidere sul nucleo della norma, modificandola in modo tale da includere in essa fenomeni e problematiche non considerati in alcun modo quando fu emanata”.
Il significato della norma costituzionale non può essere superato tramite un’interpretazione creativa, tendendo anche presente, che, durante i lavori preparatori “la questione delle unioni omosessuali rimase del tutto estranea al dibattito svoltosi in sede di assemblea, benché la condizione omosessuale non fosse certo sconosciuta”.
Per cui, la formulazione dell’art. 29 Cost., è stata posta con esclusivo riferimento al matrimonio tra uomo e donna. “In questo quadro, con riferimento all’art. 3 della Costituzione, la censurata normativa del codice civile che,per quanto sopra detto, contempla esclusivamente il matrimonio tra uomo e donna, non può considerarsi illegittima sul piano costituzionale. Ciò sia perché essa trova fondamento nel citato art. 29 Cost., sia perché la normativa medesima non da’ luogo ad una irragionevole discriminazione, in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio”.
Altra questione è quella sollevata con riferimento all’art. 117 della Costituzione, che impone al legislatore il rispetto dei vincoli statuiti dal diritto comunitario ed internazionale.
A tal riguardo, assumono rilievo la CEDU e la Carta di Nizza, contenenti varie previsioni a favore delle coppie omosessuali: il diritto al rispetto della vita privata e familiare, il diritto al matrimonio, il divieto di discriminazione. E’ stato posto l’accento su una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che dichiarò contrario alla Convenzione il divieto di matrimonio del transessuale con un soggetto dello stesso sesso originario, ed a tale fattispecie venne assimilata la previsione del matrimonio tra omosessuali.
In realtà, ad avviso della Corte Costituzionale, il richiamo a tale sentenza della Corte Europea non è pertinente perché riguarda una fattispecie disciplinata dal diritto inglese, e del resto le disposizioni delle Convenzioni Internazionali citate, contengono principi di portata generale.
In particolare la Carta di Nizza e la CEDU (art.12) dopo aver genericamente ammesso il diritto di contrarre matrimonio, hanno rinviato alle leggi nazionali, che ne regolano l’esercizio. Pertanto, prevedendo tale rinvio, viene data ulteriore conferma che la materia è affidata alla discrezionalità del Parlamento.
In conclusione, la Corte Costituzionale ha dichiarato “inammissibile in riferimento agli articoli 2 e 117, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli articoli 93,96,98,107,108,143,143 bis,156 bis del codice civile”.
Ed inoltre, “dichiara non fondata, in riferimento agli articoli 3 e 29 della Costituzione, La questione di legittimità costituzionale degli articoli sopra indicati del codice civile sollevata dal Tribunale di Venezia e dalla Corte d’Appello di Trento con le medesime ordinanze”.