IL NUOVO GOVERNO. Il neo ministro alle Comunicazioni:incentivi a tutto il digitale e non solo al
ROMA – Paolo Gentiloni, fresco di nomina al ministero (strategico) delle Comunicazioni, le definisce “suggestioni”. Appunti di inizio avventura. Eppure la sua prima intervista come “regista” della tv e dei telefoni delinea già una riforma del sistema. Porta al ripristino di serie norme contro lo strapotere di pochi. Porta a un mercato “concorrenziale dove si sfidino più attori tutti potenzialmente forti”, anche nella telefonia. Porta a una Rai il più possibile autonoma dai partiti perché affidata a una Fondazione. Porta all’abbandono dei contributi mirati per il digitale terrestre. La Legge Gasparri? “E’ superata. La quotazione Rai, che prometteva, non c’è. Il passaggio al digitale terrestre non si è realizzato. Accantonarla è inevitabile”. Ministro: che tipo di norme progetta contro le concentrazioni? “Il Polo ci consegna una eredità pesante. Posizioni dominanti limitano ancora la concorrenza e penalizzano perfino la qualità di quello che vediamo in tv. La pubblicità confluisce copiosamente nelle casse di Mediaset, a scapito delle altre reti e dei giornali. I produttori di contenuti faticano ad arrivare alla fine del mese. Assistiamo infine a un accaparramento massiccio, vorace delle frequenze tv”.
Come rimediare, allora? “Spiegheremo intanto che le norme anti-concentrazione non sono un esproprio proletario, ma uno strumento virtuoso che nasce nel mercato capitalistico per rilanciarlo. Una sana politica antitrust, dunque, può giovare a tutti: a chi oggi è grande e a chi ambisce a diventarlo. Questa iniezione di dinamismo è condizione per un rilancio economico più generale. Perché è questo che più ci preme: nel mondo, tlc e audiovisivo sono come un treno in corsa. Vanno rimossi gli ostacoli che oggi impediscono all’Italia di montare in prima classe”. Per anni la norma antitrust davvero risolutiva è apparsa l’invio su satellite di Rete 4. “Vogliamo ridurre il peso del duopolio nella tv analogica. Il modello di 10 anni fa – Rete 4 su satellite e RaiTre senza spot – mirava a questo. Ma non è l’unico possibile. Di certo reintrodurremo tetti alla raccolta di spot e al possesso di frequenze. Di certo, approveremo una legge credibile sul conflitto di interessi. Ma dobbiamo guardarci da tentazioni punitive. Motore e obiettivo della nostra azione non sarà colpire Mediaset”. Per imporre dei limiti al possesso di frequenze servirebbe un quadro certo dei ripetitori. Ora è una giungla. “Serve un censimento serio degli impianti, legali o detenuti di fatto. E noi lo faremo a braccetto dell’Autorità per le Comunicazioni. Quest’organismo si è distinto per il suo equilibrio. Merita dunque, in generale, poteri di sanzione più efficaci e una vera autonomia di finanziamento. Non è saggio che venga “stipendiata” dalle sole aziende su cui vigila”. Darete incentivi mirati al digitale terrestre? “Il Polo ha aiutato solo questa filiera della tv digitale. I motivi sono chiari. Ha usato l’illusione del digitale terrestre per sostenere che il pluralismo poteva subito aumentare, per aggirare una sentenza della Consulta, per scongiurare l’invio su satellite di Rete 4”. Ma ora i soldi sono finiti. “Dovremo investire molto nella comunicazione, farne il trampolino della ripresa generale. Ma gli aiuti pubblici hanno dignità se aprono il mercato. In concreto, gli incentivi dovranno premiare tutti i tipi di tv digitale: il satellite, la tv che vediamo sui telefonini o sull’Internet veloce, il digitale terrestre. Applicheremo il principio della neutralità tecnologica, come l’Europa ci chiede”. Lei lavora a una separazione della Rai in due entità, una finanziata dal canone e l’altra dagli spot. Perché? “La divisione è indispensabile per chiarire il senso di ogni mossa industriale e direi quasi di ogni ora di trasmissione della tv di Stato. Se saprà abbandonare la sua natura ibrida, la Rai si riapproprierà dell’identità di servizio pubblico. Ma serve una separazione sostanziale, che si spinga fino alla creazione di due distinte società”. Rifondazione si opporrà, lo sa? “Nelle linee generali, il percorso è ben delineato nel programma che Rifondazione ha sottoscritto. Mi basta che ci sia questo: un’intesa salda sui punti di partenza. Sui punti di arrivo ci intenderemo”. Molti sostengono che la Rai oggi cerca troppa pubblicità e che somiglia a un canale commerciale. “La sensazione può essere legittima, a volte. Nel lungo periodo – e sottolineo nel lungo – la Rai dovrà allinearsi alle altre emittenti pubbliche europee che ospitano meno spot. Nel breve periodo, mi chiedo se le telepromozioni dei divi abbiano ancora un senso nel servizio pubblico”. In Rai comanderanno ancora i partiti? “Da anni promettiamo di ridimensionare questa influenza: ora siamo alla prova della verità. Certo, se la tv di Stato facesse capo a una fondazione; se i requisiti per guidare questa fondazione fossero tutti d’eccellenza; se il vertice della fondazione non fosse condannato a cambiare ad ogni cambio di maggioranza: se tutto questo accadesse, la Rai risulterebbe più libera”. Nelle telecomunicazioni la concorrenza è ferma come nella tv? “Tutte le indagini anche europee ci dicono che la telefonia mobile conosce una liberalizzazione accettabile. Vi operano con successo 4 operatori”. Di cui 3 stranieri. “Il principale è italiano e questo conforta. Mentre preoccupa il fatto che nessuna impresa nazionale costruisca cellulari. Inspiegabile”. E la telefonia fissa? “L’ex monopolista conserva una forza rilevante. Questo è motivo di riflessione. Come anche le offerte congiunte per usare insieme il telefono fisso e il mobile, o magari per sostituire il mobile al fisso. Su questo processo, in sé suggestivo, servono regole chiare”.