Il Paese di Iniquitalia
“QUANDO TOCCA ALLO STATO PAGARE O RIMBORSARE QUALCUNO PASSANO ANNI, MA SE È LO STATO A DOVER RISCUOTERE, ALLORA IMPROVVISAMENTE BISOGNA FARE IN FRETTA O SCATTANO LE TERRIBILI PUNIZIONI DEL FISCO: MORE, GANASCE, PIGNORAMENTI. SE UN CITTADINO NON PAGA UNA MULTA ENTRO 60 GIORNI, SI RITROVA A DOVER PAGARE IL DOPPIO”
“VOGLIAMO STESSI DIRITTI E STESSI METODI. I CITTADINI SONO STANCHI DI ESSERE PRESI IN GIRO!”
“Lento a pagare, veloce a esigere: così è lo Stato nei confronti dei cittadini. Quando è l’ente pubblico a essere debitore, infatti, i tempi d’attesa sono infiniti: come minimo, le imprese creditrici devono aspettare 180 giorni prima di ricevere il dovuto, nonostante la pubblica amministrazione sia tenuta a pagare in 90 giorni, ma in alcune regioni, soprattutto al Sud ed in particolare in Campania, i ritardi arrivano a superare i 600 giorni, se si tratta di ospedali e sanità. Ma quando è il cittadino a dover pagare, si tratti di una semplice multa o di tasse arretrate, allora le cose cambiano: bisogna pagare tutto, entro limiti di tempo inderogabili, altrimenti arriva la ‘scure’ di Equitalia”. Lo ha denunciato l’avvocato Angelo Pisani, presidente dell’associazione noiconsumatori.it e fondatore del movimento Anti Equitalia, il quale si sofferma sui metodi “illegittimi”, “medievali” ed iniqui di Equitalia che “continua a perseguitare ingiustamente migliaia di contribuenti e preserva invece i rapporti con gli enti pubblici con trattamenti più morbidi. Il Fisco ed Equitalia mostrano il volto umano solo con le pubbliche amministrazioni fregandosene dei cittadini”.
“Basta un errore di calcolo nella dichiarazione dei redditi per trascinarsi dietro sanzioni accessorie, interessi di mora e addirittura misure di recupero forzoso come le ‘ganasce fiscali’, il pignoramento o l’ipoteca sulla casa”.
“Una drammatica realtà che riguarda molti italiani, soprattutto artigiani e piccoli imprenditori, messi in ginocchio dalla crisi e da un Fisco sempre più pesante: e se non pagano la cartella esattoriale, non è per cattiva volontà, ma per mancanza di denaro – ha proseguito Pisani -. Tanto più che il Fisco, spesso, sbaglia: e chiede ai cittadini somme non dovute, come le cosiddette ‘cartelle pazze’ e non solo. Non a caso, nei primi tre mesi di quest’anno, più della metà dei contenziosi esaminati dai giudici tributari si sono conclusi con una vittoria del contribuente e non si tratta di casi eccezionali”.
“Ma i ricorsi, tanto per cambiare, hanno tempi biblici: circa 800 giorni per ottenere un giudizio dalla Commissione tributaria provinciale, altri 600 se si arriva alla Commissione regionale, totale quasi 1.500 giorni, senza parlare dei casi in cui si arriva alla Corte di Cassazione. Intanto, la legge non fa sconti: e gli interessi a favore dello Stato corrono. Certo, poi arriva il rimborso: ma anche qui, il Fisco è cattivo pagatore. Se un anno e mezzo è il tempo che aziende e famiglie devono attendere mediamente per ottenere i rimborsi, si segnalano casi in cui gli arretrati di Iva, Irap e Irpef sono stati incassati anche dopo 4 o 5 anni”.
“Anche senza arrivare a questi casi drammatici, basta che Equitalia subentri nella riscossione all’ente pubblico, che sia l’Agenzia delle Entrate, l’Inps o l’ente locale, per far scattare anche l’aggio del 9% ridotto all’8% dalla ‘spending review’, ma solo a partire dal primo gennaio 2013. Così, arrivare a pagare più del doppio della somma dovuta, anche solo nel giro di un paio di mesi, è tutt’altro che difficile”.
“Addirittura una semplice multa per violazione al codice della strada dal valore 100 euro può trasformarsi in un ulteriore salasso per il cittadino: se non si paga entro 60 giorni, sanzioni e interessi di mora, attualmente al 4,55% annuo, la fanno lievitare a 220 euro. A questo punto, il Comune iscrive la multa a ruolo: ovvero, ‘passa la palla’ ad Equitalia che trattiene il 9% a copertura dei costi di riscossione: ma, nei primi 60 giorni, la metà è a carico del contribuente, il resto a carico del creditore, in questo caso il Comune. Poi ci sono le spese di notifica: altri 5,88 euro. Risultato finale? 220 euro di multa e interessi di mora, più 16 euro a favore di Equitalia, tra aggio e notifica a carico del cittadino, totale 236 euro. Ma se passano altri 60 giorni, i 16 euro diventano 25, perché al cittadino tocca pagare tutto l’aggio del 9%: e la multa, da 100 euro, è salita vertiginosamente a 245 euro”. “Ma questo è solo l’inizio perché se il contribuente non vuole o non è in grado di pagare il suo debito, lo Stato ha altre frecce al suo arco. Tutto secondo la legge, beninteso: come Equitalia tiene a spiegare dettagliatamente, con tanto di guide per i cittadini sul sito. Ma quale sanzione è applicata alla sanità pubblica per i 300 giorni di ritardo medio dei pagamenti alle imprese? Nessuna!” – ha spiegato Pisani.
“Data la situazione e la condizione di totale iniquità di trattamento tra cittadini ed enti statali noi chiediamo l’utilizzo dei metodi Equitalia da parte dei cittadini contro i loro debitori, in particolare contro le pubbliche amministrazioni che non pagano i loro fornitori danneggiando come al solito i contribuenti. La legge, giustizia ed i diritti devono essere uguali per tutti”.