Il part time allontana il diritto alla pensione
La normativa italiana sul lavoro a tempo parziale di tipo “verticale ciclico” allontana la data del diritto alla pensione rispetto ai lavoratori a tempo pieno creando così un’ingiusta disparità di trattamento con i lavoratori a tempo pieno. La Corte di giustizia dell’Unione europea (si legga la sentenza su Guida al diritto) boccia le norme interne perché violano il divieto di discriminazione disposto dalla direttiva 91/81 sull’accordo quadro sul lavoro a tempo parziale. Il tipo di part-time analizzato può dunque incidere sull’ammontare della pensione ma non sul momento della maturazione del diritto.Nell’immediato la decisione dei giudici di Lussemburgo ha interessato l’Alitalia: la Corte ha accolto, infatti, le ragioni di alcuni suoi dipendenti addetti alla cabina con la possibilità di lavorare solo per alcuni mesi o per alcune settimane all’anno con orario pieno o ridotto secondo quanto previsto appunto dal “tempo parziale di tipo verticale ciclico”, l’unico tipo di part time previsto dalla compagnia. Il personale di bordo ha contestato all’Inps il criterio basato pro rata temporis secondo il quale i periodi di contribuzione presi in considerazione per il calcolo delle prestazioni pensionistiche sono quelli nel corso dei quali i dipendenti hanno effettivamente lavorato che hanno comportato sia la retribuzione sia il versamento dei contributi. Criterio che, a parità di durata del contratto di lavoro, consente a chi fa il part time di maturare l’anzianità contributiva necessaria per la pensione a un ritmo più lento rispetto al collega del tempo pieno.
Una differenza di trattamento difesa sia dall’Inps sia dal Governo italiano da cui invece prende le distanze la Corte di Giustizia. Sia l’Esecutivo sia l’Istituto previdenziale hanno, infatti, sostenuto la non comparabilità tra le due categorie di lavoratori, ricordando come i datori versino i contributi solo sui periodi lavorati, ferma la facoltà, prevista dal diritto italiano, di riscattare i crediti di anzianità su base facoltativa. La Corte dal canto suo, pur affermando che la normativa dell’Unione riconosce la legittimità del calcolo della pensione effettuato secondo la regola del pro rata temporis nel caso di lavoro a tempo ridotto, nega che la stessa possa essere applicata anche alla determinazione della data di acquisizione del diritto alla pensione. Questa – spiegano i giudici di Lussemburgo – deve dipendere esclusivamente dall’anzianità contributiva e comprendere anche i periodi non lavorati. Il tempo di lavoro di tipo parziale ciclico – affermano i giudici europei – non interrompe il contratto, ma ne è anzi una sua conseguenza e non può essere considerato sospeso come affermato dall’Inps e dal governo italiano solo in virtù del mancato versamento di contributi e stipendi.