Il preliminare per l’acquisto di quote non fa presumere la società di fatto Cassazione civile , sez. I, sentenza 15.03.2010 n° 6175
La società Costadoro s.p.a. concedeva un mutuo di L. 70.000.000 alla
signora E.O., a nome (a detta della mutuante) della Belgio s.n.c.
Successivamente,
rivelatasi incapiente l’esecuzione mobiliare contro la E.O. per il
recupero della somma mutuata, nonché difficile il recupero nei
confronti della società Belgio (trasformatasi in società in accomandita
semplice e poi dichiarata fallita), la Costadoro agiva direttamente
contro gli altri soci illimitatamente responsabili R. e D.G. (ex art.
2291 c.c.), citandoli innanzi al Tribunale di Torino.
I soci
convenuti eccepivano che la E.O. aveva assunto la qualità di socia
nonché amministratrice della società Belgio solo in data successiva
alla scrittura di mutuo e che comunque i patti sociali le impedivano di
poter contrarre mutui in nome della società.
Il Tribunale
adito pertanto rigettava la domanda, rilevando in particolare che non
vi era prova che la E.O. avesse assunto la qualità di socia al momento
del contratto di mutuo, né che avesse i potesi per impegnare la
società; che inoltre, anche se la somma controversa era stata annotata
nei documenti contabili della società (peraltro trasformatasi in
s.a.s.), ciò non costituiva ratifica da parte della società e che
infine anche gli effetti cambiari, previsti nel contratto di mutuo,
erano stati emessi dalla E.O. in proprio, senza pertanto impegnare la
società.
La società Costadoro s.p.a. proponeva appello
innanzi alla Corte di Torino, la quale, a totale riforma della sentenza
impugnata, condannava i soci R e D.G. al pagamento della residua somma
mutuata. La Corte territoriale osservava infatti che nella controversa
scrittura di mutuo era riportata più volte, accanto al nome della E.O.,
la dizione “della soc. Belgio s.n.c. di E.O. & C.” nonché “titolare
dell’esercizio sito in (omissis)” e che pertanto la E.O., pur non
essendo ancora formalmente intestataria di quote della società, ne era
già socia di fatto. Tali argomentazioni, secondo la Corte, trovavano
conferma anche dalla deposizione di un teste, relativa alla stesura di
un preliminare volto a far assumere ad E.O. la qualità di socia della
Belgio s.n.c. Infine, aggiungeva la Corte, la circostanza gli effetti
cambiari fossero stati emessi in proprio, dipendeva dall’impossibilità
di spendere la ragione sociale anteriormente al rogito.
I soci R. e D.G. ricorrevano in Cassazione.
I
Giudici di legittimità, con la sentenza in esame, nel premettere che
l’esistenza di un qualsiasi tipo di società dipende dalla esistenza di
un elemento oggetto (il conferimento di beni o servizi) e di un
elemento soggettivo (la comune intenzione dei contraenti di vincolarsi
e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni),
ricordano che la concreta mancanza della prova scritta di un
contratto societario relativo ad una società di fatto o irregolare (non
richiesta peraltro dalla legge ai fini della sua validità), non
impedisce al giudice del merito l’accertamento, “aliunde”, della
esistenza di una struttura societaria, all’esito di una rigorosa
valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle
circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di una attività
imprenditoriale quali il fondo comune, costituito dai conferimenti
finalizzati all’esercizio congiunto di un’attività economica, l’alea
comune dei guadagni e della perdite, e l’affectio societatis, cioè il
vincolo di collaborazione in vista di detta attività nei confronti dei
terzi. E’ peraltro sufficiente a far sorgere la responsabilità solidale
dei soci ai sensi dell’art. 2297 c.c., la esteriorizzazione del vincolo
sociale, ossia l’idoneità della condotta complessiva di taluno dei soci
ad ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza
della società (Cass. 11957/03, Cass. 8187/97, Cass. 3829/83).
Peraltro, la
semplice stipula di un contratto preliminare di acquisto di quote di
una società in nome collettivo, in mancanza di ulteriori elementi, non
può di per sé far presumere che da esso potesse conseguire la
costituzione di una società di fatto anche perchè la stipula
di un siffatto contratto, in quanto volto a far assumere alla E. la
posizione formale di socia della Belgio snc, potrebbe invece fare
escludere, sotto il profilo del quod plerumque accidit, la creazione di
una società di fatto nelle more della stipula del rogito. Il
ragionamento del giudice di seconde cure viene ritenuto contraddittorio
anche laddove non attribuisce all’emissione di effetti cambiari in
proprio, per l’impossibilità della spendita della ragione sociale
anteriormente al rogito, appunto la conferma implicita dell’inesistenza
di una società di fatto. I Giudici di legittimità in definitiva cassano
la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Torino in
diversa composizione, per decidere in conformità al principio di
diritto enunciato.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 15 marzo 2010, n. 6175
Svolgimento del processo
Con
atto di citazione notificato il 21/3/1994, la Costadoro s.p.a. esponeva
che, con scrittura ****, aveva concesso ad E.O., a nome della s.n.c.
Belgio, di cui la stessa era socia unitamente a R.A. e D.G.G., un mutuo
di L. 70.000.000. Assumendo che l’esecuzione mobiliare contro la E. si
era rivelata incapiente, e che il recupero della somma mutuata era
alquanto difficile nei confronti della società Belgio, trasformatasi il
**** in s.a.s. Belgio di Edera Oriana & C. e dichiarata fallita in
data ****, la società esponente citava i predetti R. e D.G., quali soci
illimitatamente responsabili al momento in cui era sorta
l’obbligazione, a comparire innanzi al Tribunale di Torino, per ivi
sentirli condannare al pagamento della somma summenzionata, con gli
interessi legali.
Instauratosi il contraddittorio, i due
convenuti contestavano la narrativa avversaria, eccependo: che al ****
la E. non poteva impegnare la s.n.c. Belgio, della quale era entrata a
far parte come socia ed amministratrice soltanto il 9 febbraio
successivo; che, peraltro, i patti sociali impedivano alla E., anche
dopo tale ingresso, di contrarre mutui; che, inoltre, la scrittura ****
era a loro inopponibile, perchè, là dove era scritto che la somma
veniva data a “titolo grazioso”, presentava abrasioni. Di conseguenza,
chiedevano di essere assolti da ogni domanda.
Espletata
attività istruttoria, il Tribunale di Torino in composizione
monocratica, con sentenza 6 – 26/5/2003, respingeva la domanda e
condannava la società attrice alla rifusione delle spese di lite.
Il
giudice osservava: a) che non era stata fornita la prova che la E.
avesse sin dal **** assunto la qualità di socia, nè tanto meno che
avesse i poteri di impegnare la società sottoscrivendo pagherò
cambiari; b) che il fatto che la somma controversa fosse stata annotata
nel libro giornale (ma non registrata nella prima nota, tenuta sino
all’**** dalla D.G.) e iscritta nel bilancio (la cui redazione era
avvenuta in data **** successiva alla trasformazione della società in
s.a.s.) non aveva valore di ratifica da parte di quest’ultima; c) che i
42 effetti cambiari previsti nella scrittura **** erano stati
rilasciati dalla E. in proprio, senza alcun riferimento alla società.
Con
atto di citazione notificato il 12/XI/2003, la Costadoro s.p.a.
impugnava la sentenza summenzionata, chiedendo l’accoglimento della
domanda, limitatamente alla somma che, dopo la percezione da parte
della curatela fallimentare di L. 12.776.597, si era ridotta a Euro
29.553,42.
Costituitisi con comparsa del 24/2/2004, i due appellati chiedevano il rigetto dell’appello.
La
Corte di Torino accoglieva,con sentenza depositata il 17.9.04,
l’appello della Costadoro, e,a totale riforma dell’impugnata sentenza,
condannava i coniugi R. – D.G. in solido al pagamento a favore della
Società Costadoro della somma residua di Euro 29.553,42 con l’aggravio
degli interessi e delle spese di lite.
Avverso la
predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i predetti
coniugi sulla base di sette motivi illustrati con memoria, cui resiste
con controricorso la soc. Costadoro.
Motivi della decisione
I
ricorrenti con il primo motivo di ricorso si dolgono che la Corte di
Torino non si sarebbe pronunciata sull’eccezione di estinzione del
debito e sulla non riferibilità ai R. – D.G. dei titoli cambiarli
allegati all’istanza di fallimento.
Con il secondo
motivo lamentano,sotto il profilo della violazione di legge e del vizio
motivazionale, che la sola spendita abusiva del nome del terzo (società
Belgio) da parte del contraenti e sottoscriventi la scrittura privata
**** non poteva produrre effetti nei confronti di quel terzo, perchè il
contratto non può vincolare che i diretti sottoscriventi.
Con
il terzo motivo deducono la violazione degli artt. 2702 e 2710 c.c.. La
Corte di merito avrebbe disatteso le regole poste da tali norme, nel
dare rilevanza risolutiva all’annotazione del debito contratto con la
Costadoro nel Libro Giornale vidimato e bollato ed all’inclusione del
medesimo debito tra le voci passive del Bilancio annuale ****. Mentre
la stessa Corte avrebbe negato ogni peso alle annotazioni contabili
riportate sui fogli di quaderno di prima nota, non bollati e non
vidimati.
Con il quarto motivo i ricorrenti ripropongono
gli argomenti secondo cui la Corte territoriale avrebbe errato nel dare
maggior peso alle scritture contabili bollate e vidimate rispetto ai
fogli di prima nota.
Con il quinto motivo lamentano che
il giudice di secondo grado avrebbe disatteso le norme ermeneutiche,
dando esclusivo peso alle espressioni letterali della scrittura privata
**** e ritenendo coinvolta nella vicenda la Società Belgio per essere
stata questa ripetutamente menzionata e individuata quale controparte
nel contesto del documento contrattuale, non valutando, invece, il
comportamento successivo della Costadoro che, constatata l’inadempienza
della soc. Belgio all’obbligo restitutorio, azionava i titoli cambiari
insoluti direttamente e immediatamente nei confronti della E.O., non
escutendo il patrimonio sociale in via preventiva, come sarebbe stato
suo obbligo legale.
Con il sesto motivo assumono che la
Corte di Torino avrebbe omesso di pronunciarsi su una eccezione
sollevata e risollevata in corso di causa e, cioè, che la E.O. era
impossibilitata, per norma statutaria, a contrarre mutui, e pertanto,
anche ammessa la sua veste di socia della S.n.c., non avrebbe potuto
giammai vincolare l’ente societario.
Con il settimo
motivo contestano la ritenuta iscrizione in bilancio al **** del
finanziamento Costadoro anche sotto il profilo della rilevanza poichè a
quella data la società era già stata trasformata in società in
accomandita semplice.
Venendo all’esame del primo motivo
di ricorso va osservato che, sebbene formalmente proposto come difetto
di motivazione, lo stesso in realtà deduce un vizio di omessa pronuncia
come si evince dal richiamo all’art. 112 c.p.c..
Il motivo risulta fondato.
La
sentenza impugnata, infatti, non ha preso in alcun modo in esame nè si
è pronunciata sull’eccezione sollevata dai ricorrenti di avvenuto
pagamento del mutuo dell’importo di L. 70 milioni, ad eccezione di
quattro cambiali di L. tre milioni ciascuna.
Detta
eccezione risulta sollevata tanto in primo che in secondo grado nella
comparsa conclusionale e nelle note di replica il cui contenuto è stato
trascritto integralmente nel ricorso.
La Corte d’appello
avrebbe quindi dovuto emettere pronuncia su detta eccezione non
potendosi in alcun caso ritenere che la stessa sia stata implicitamente
rigettata poichè, essendo quella dell’avvenuto pagamento una eccezione
in senso proprio e non già una mera difesa, la stessa richiedeva uno
specifico esame che la corte d’appello avrebbe dovuto effettuare di
seguito al capo della sentenza che aveva ritenuto la sussistenza della
società di fatto.
Il motivo va conseguentemente accolto.
Il secondo ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi appaiono fondati.
La
giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di precisare che
l’esistenza di una qualunque società, semplice, di persone, di
capitali, regolare, irregolare, e quindi anche di una società di fatto,
richiede il concorso di un elemento oggettivo, rappresentato dal
conferimento di beni o servizi, con la formazione di un fondo comune, e
di un elemento soggettivo, costituito dalla comune intenzione dei
contraenti di vincolarsi e di collaborare per conseguire risultati
patrimoniali comuni nell’esercizio collettivo di un’attività
imprenditoriale. Tale comune intenzione costituisce il contratto
sociale, senza del quale qualsiasi società non può esistere. Quel che
caratterizza la società di fatto, e la differenzia dalla società
irregolare, non è dunque la mancanza del contratto sociale, ma il modo
in cui questo si manifesta e si esteriorizza; esso infatti può essere
stipulato anche tacitamente, e risultare da manifestazioni esteriori
dell’attività di gruppo, quando esse, per la loro sintomaticità e
concludenza, evidenzino l’esistenza della società. (Cass. 1961/00).
La
concreta mancanza della prova scritta di un contratto societario
relativo ad una società di fatto o irregolare (non richiesta, peraltro,
dalla legge ai fini della sua validità), non impedisce al giudice del
merito l’accertamento, “aliunde”, della esistenza di una struttura
societaria, all’esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti
tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio
in comune di una attività imprenditoriale quali il fondo comune,
costituito dai conferimenti finalizzati all’esercizio congiunto di
un’attività economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite, e
l’affectio societatis, cioè il vincolo di collaborazione in vista di
detta attività nei confronti dei terzi E’ peraltro sufficiente a far
sorgere la responsabilità solidale dei soci ai sensi dell’art. 2297
c.c., la esteriorizzazione del vincolo sociale, ossia l’idoneità della
condotta complessiva di taluno dei soci ad ingenerare all’esterno il
ragionevole affidamento circa l’esistenza della società. (Cass 8187/97;
Cass. 11957/03, Cass. 3829/83, Cass. 3712/83; Cass. 3591/83, Cass.
6471/82, Cass. 5593/82, Cass. 381/82, Cass. 6397/81,; Cass 1573/84).
Nel
caso di specie, la Corte d’appello ha argomentato la ritenuta esistenza
di una società di fatto in base alla considerazione che il
finanziamento di 70 milioni non poteva considerarsi essere stato
effettuato a titolo personale alla E. perchè in tal caso “non vi
sarebbe stata alcuna necessità di ripetere nella scrittura ****,
accanto al nome di E.O. – e per ben tre volte – che ella era “della
soc. Belgio s. n. C. di Edera Oriana 0. & C.” ed era “titolare
dell’esercizio sito in ****: ripetizione che evidentemente non può
essere interpretata se non come intento della società Costadoro s.p.a.
– qualificatasi come “unico ed esclusivo fornitore di caffè del
suddetto esercizio ” – di avere come controparte la società, nella
persona di colei che – pur non avendo ancora acquistato formalmente
parte delle quote intestate ai soci R. e D.G. (il che sarebbe avvenuto
pochi giorni dopo) – ne era già socia di fatto”.
Il
giudice di seconde cure ha poi soggiunto che ciò “trovava conferma, da
un lato, nella deposizione del teste C. (con particolare riferimento
all’accenno alla “stesura del preliminare” risalente a circa un mese
prima) e, dall’altro lato, nella inclusione del nome della E. nella
ragione sociale della soc. Belgio s.n.c. (v. primo rigo della scrittura
in esame: “Tra i signori E.O. della soc. Belgio s.n.c. di Edera Oriana
& C….”): una inclusione non giustificata dall’ingresso della E.
nella società (la cui denominazione “Belgio s.n.c., di Del Greco G. e
C. ” rimase inalterata fino alla trasformazione in s.a.s. avvenuta il
15/9/1988) e che, all’evidenza, prendeva atto della assunzione da parte
della predetta delle funzioni amministrative dalle quali la D.G. di lì
a qualche giorno sarebbe cessata (v. interrogatorio R.: “Dal giorno
dell’atto in poi, la sig.ra D.G. ha consegnato le chiavi alla sig.ra O.
e (…) non ha più avuto motivo di andare dal Dott. C.”).
“Nè
a diverso avviso – ha proseguito la Corte territoriale – inducono gli
effetti cambiali rilasciati dalla E. senza la spendita della ragione
sociale: una spendita che, intanto, non poteva essere resa ufficiale
anteriormente al rogito e, poi, poteva essere considerata superflua se
– tenuto conto che il beneficiario era il marito della E. (“sig. B. “:
girante a favore della Costadoro) – lo scopo del rilascio era quello di
creare una separata garanzia personale dell’obbligazione restitutoria”.
Tale
motivazione fornita dalla Corte d’appello circa l’esistenza della
società di fatto appare inadeguata, contraddittoria e non logicamente
conseguente oltre che, per certi aspetti, difforme dai dianzi citati
orientamenti di questa Corte in tema di società di fatto.
La
Corte d’appello ha ritenuto, in primo luogo, che l’esistenza del
contratto preliminare per l’acquisto di una quota della società da
parte della E., riferito dal teste C., fosse valso a costituire una
società di fatto.
Invero, come dianzi ricordato, la
società di fatto presuppone la esistenza di un contratto sociale la cui
esistenza, in assenza di atto scritto, va accertata in via di fatto in
base alla affectio societatis, alla costituzione di un fondo comune ed
allo svolgimento in comune dell’attività sociale.
La
semplice stipula di un contratto preliminare di acquisto di quote di
una società in nome collettivo, in mancanza di ulteriori elementi, non
può di per sè far presumere che da esso potesse conseguire la
costituzione di una società di fatto anche perchè la stipula di un
siffatto contratto, in quanto volto a far assumere alla E. la posizione
formale di socia della Belgio snc, potrebbe invece fare escludere,
sotto il profilo del quod plerumque accidit, la creazione di una
società di fatto nelle more della stipula del rogito.
La
valutazione della Corte d’appello risulta oltretutto contraddetta da
quanto ritenuto dalla stessa in ordine alla sottoscrizione delle
cambiali rilasciate dalla E. al momento della stipula del mutuo (di cui
si dirà più avanti) in cui si sostiene che detta sottoscrizione venne
effettuata in nome proprio e non della società proprio perchè la
spendita della ragione sociale “non poteva essere resa ufficiale
anteriormente al rogito”.
Se, infatti, come dianzi
evidenziato, la spendita della ragione sociale costituisce uno degli
elementi atti a far desumere l’esistenza del rapporto sociale, nel
momento in cui si sostiene che detta spendita non era possibile, si
afferma implicitamente l’inesistenza della società di fatto.
La
Corte d’appello ha poi ritenuto di avvalorare il subentro della E.
nella gestione societaria in base alla dichiarazione in sede di
interrogatorio del R. il quale ha dichiarato che dal giorno di
quell’atto la D.G. aveva consegnato le chiavi alla E. e non aveva avuto
motivo di recarsi dal dr. C..
Tale motivazione appare
però non adeguata ed insufficiente in quanto non risulta specificato di
quale atto si trattasse e, cioè, del contratto preliminare o del
contratto di mutuo ovvero del rogito definitivo, onde su tale punto
l’argomentazione appare priva di decisività perchè, se l’atto in
questione fosse stato il contratto di mutuo od il rogito, si sarebbe
dovuto concludere all’inverso che fino a quella data la E. non aveva
svolto alcuna funzione amministrativa il che avrebbe dovuto fare
escludere l’esistenza della società di fatto.
A tale
proposito,deve rilevarsi poi che,come riportato nella parte narrativa
della sentenza, viene dato atto che il Tribunale aveva accertato che
fino all’**** la D.G. aveva tenuto il registro di prima nota, il che
costituisce un elemento contrastante con il subentro della E. nella
gestione della società in data anteriore.
A ciò deve
ulteriormente aggiungersi che appare inesplicata la ragione secondo cui
il recarsi dal dr C. equivaleva allo svolgere attività di
amministrazione della società.
Del tutto oscura appare
poi l’argomentazione relativa alla inclusione del nome E. nella ragione
sociale soc. Belgio snc di Edera Oriana & C. posto che la stessa
Corte d’appello, che sembra attribuire a tale circostanza un elemento
probatorio a favore della esistenza di una società di fatto, da atto
che la denominazione Belgio snc di Del Greco G. & C. rimase
inalterata fino al **** e che, quindi, all’epoca la ragione sociale
addotta dalla E. nel contratto era inesistente.
Sotto il
profilo della coerenza logica,il riferimento che la E. ha effettuato
nell’ambito del contratto di mutuo ad una ragione sociale all’epoca
inesistente rende problematico il ritenere che essa,sotto il profilo
dei rapporti con i terzi,abbia tenuto un comportamento atto a
manifestare all’esterno l’esistenza di una società di fatto, proprio
perchè tale riferimento era effettuato nei confronti di una società
diversa come denominazione rispetto alla Belgio snc di Del Greco G
& C..
Venendo, infine, alla sottoscrizione delle
cambiali rilasciate dalla E. contestualmente alla stipula del mutuo e
firmate a nome proprio senza alcun riferimento alla Belgio s.n.c.,
appare scarsamente coerente sotto il profilo logico l’interpretazione
fornita dalla Corte d’appello secondo cui,essendo state le cambiali
rilasciate in favore del marito, le stesse avevano lo scopo di creare
una separata garanzia personale.
Risulta, infatti, dal
testo del contratto di mutuo, per come lo stesso è riportato dai
ricorrenti che,a fronte della concessione del prestito di settante
milioni da parte della Costadoro, venivano rilasciati effetti con
scadenze concordate che sono, per l’appunto, quelli sottoscritte dalla
E..
Dal tenore di detto contratto parrebbe dedursi che
le cambiali altro non erano se non dei ratei per la restituzione alla
Costadoro del mutuo erogato. Discende da ciò che appare improprio, in
assenza di altri elementi, quanto argomentato dalla Corte d’appello e,
cioè, che detti titoli avevano una funzione di garanzia, con
l’ulteriore conseguenza che appare insufficientemente motivata la
ritenuta mancata rilevanza di detti titoli rilasciati in proprio ai
fini del decidere circa l’assunzione personale del mutuo da parte della
E..
Infine, si osserva che la Corte d’appello, che ha
posto a base della decisione la deposizione del teste C. in relazione
al contratto preliminare, non ha effettuato una valutazione d’insieme
della citata deposizione, non dando,in particolare,conto delle
dichiarazioni del detto teste che ha espressamente affermato che la
stesura del preliminare non prevedeva uno specifico finanziamento alla
persona fisica E. da parte di terzi e che “la E.O. aveva fatto presente
o accennato ad un finanziamento da parte della Costadoro a titolo
personale che le consentisse di diventare socia. Se non fosse arrivato
il finanziamento non avrebbe potuto rilevare le quote e far fronte al
successivo impegno di acquisto delle quote”.
E’ ben vero
che il giudice può nella propria motivazione dare conto solo degli
elementi che ritiene decisivi per la decisione non dovendo
necessariamente dar conto di tutti gli elementi acquisiti in giudizio e
di tutte le argomentazioni delle parti. Nel caso di specie però, in
presenza di elementi contrastanti nell’ambito della stessa deposizione,
occorreva dare sommariamente conto del perchè si è ritenuto di dar
valore ad alcuni elementi di essa a discapito di altri di segno
contrario.
I motivi in esame vanno pertanto accolti. Restano assorbiti tutti gli altri motivi.
Il
ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione. La
sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte
d’appello di Torino diversa composizione che si atterrà nel decidere al
principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla
liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie
il ricorso nei termini di cui in motivazione,cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di i in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 15 marzo 2010.