Il processo Eternit resta a Torino
Il processo Eternit non si muove da Torino. Almeno per ora, è
scongiurato il trasferimento del procedimento al tribunale di Genova,
come richiesto dalla difesa in un’istanza motivata dal fatto che nel
capoluogo ligure Eternit ha la sua sede legale. Ma quella sede
“ideologica” e decisionale, non coincide con quelle dove concretamente
ebbero luogo le condotte e i fatti di reato. Questo il punto principale
dell’ordinanza letta oggi in udienza nella maxi aula 1 del tribunale
torinese dal presidente della corte, il giudice Giuseppe Casalbore. A
questo punto, la difesa potrà riproporre la questione di incompetenza
territoriale in momenti successivi e la stessa corte, se emergeranno
nel corso del dibattimento elementi nuovi, potrebbe pronunciarsi in
modo diverso in futuro.
“Il luogo ideativo del reato non è il
luogo di competenza territoriale”, ha dichiarato il giudice Casalbore,
spiegando poi che il processo decisionale è solo l’antecedente della
condotta incriminata e della consumazione del reato. Il giudice
Casalbore non ha però escluso che “nel corso dell’istruttoria
dibattimentale” la corte potrebbe acquisire elementi di fatti che
potrebbero portare a una decisione diversa.
Il processo Eternit è il
più ampio che sia stato mai celebrato per questioni legate all’amianto.
Quasi tremila le parti lese, tra familiari di deceduti, eredi o persone
che si sono ammalate per gli effetti della lavorazione dell’asbesto
negli stabilimenti italiani di Casale Monferrato (Alessandria),
Cavagnolo (Torino), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). Sono in
corso processi anche in Francia, Belgio, Svizzera e Germania. Al
disastro sono chiamati a rispondere il vertice della multinazionale, il
barone de Cartier, 88 anni, e il magnate svizzero Schmidheiny, 62 anni,
accusati di disastro doloso e rimozione volontaria di cautele.